Corriere della Sera - La Lettura
Dipinti, statue, lettere: lo Stato fa shopping
Piccoli e grandi tesori: antichi, moderni, contemporanei. Quadri, sculture, ceramiche, interi archivi o singoli documenti. Pur disponendo nel suo complesso di un patrimonio di beni «mobili» unico al mondo, lo Stato italiano acquista. Lo fa tramite gli enti locali, ma soprattutto al livello «centrale» con la regia del ministero per i Beni culturali, che agisce tramite il sistema delle soprintendenze o grazie all’intervento diretto dei musei autonomi, che dispongono di fondi propri.
E il patrimonio pubblico così si arricchisce, non solo tramite le donazioni, che restano comunque il mezzo oggi più diffuso per ampliare le raccolte. L’ultimo colpo sul fronte acquisti, raccontato in anteprima sullo scorso numero de «la Lettura», il raro paesaggio di Guido Reni — Danza campestre, 1601-1602 — comprato per 800
mila euro nello stand della galleria Fondantico di Bologna durante l’ultima fiera antiquaria di Maastricht ed entrato a far parte delle collezioni della Galleria Borghese. È tra i pezzi più pregiati (e costosi) tra quelli comprati nel 2020, ma non l’unico. Tra gli highlight della spesa di Stato rientra anche il Modello per il monumento funebre
di papa Innocenzo XI Odescalchi, 1695-1697, opera dello scultore francese Pierre-Étienne Monnot (1657-1733), una scultura in legno dipinto e terracotta dorata, alta quasi tre metri, acquistata per 450 mila euro e destinata alla Galleria Nazionale di Arte Antica-Palazzo Barberini.
Si è trattato, in questo caso, di un acquisto fatto esercitando un diritto di prelazione (la normativa con cui lo Stato compra è complessa, stavolta si è utilizzato l’articolo 60 del Codice dei beni culturali), direttamente presso gli eredi Odescalchi, che da oltre un secolo conservavano l’opera nella cappella del Palazzo di famiglia (gli Odescalchi posseggono anche uno dei rarissimi Caravaggio al mondo ancora in mano privata, La conversione di Saulo, dipinto di oltre due metri di altezza). Unico nel suo genere, per dimensioni e finezza esecutiva, il Modello fu eseguito a Roma alla fine del XVII secolo dall’artista francese, giunto nella capitale dello Stato pontificio circa dieci anni prima e chiamato a presentare la sua proposta creativa nell’ambito di un concorso bandito dal principe Livio Odescalchi, nipote del papa scomparso nel 1689. L’opera — realizzata in scala uno a cinque rispetto al monumento marmoreo inaugurato a San Pietro nel 1701 — illustra allegoricamente le virtù temporali e spirituali di papa Innocenzo, con il pontefice assiso in trono attorniato dalle rappresentazioni della Preghiera e della Fortezza, simboli del potere religioso e temporale. La scultura, citata nel 1733 nell’inventario dei beni di Monnot, entrò in collezione Odescalchi alla fine dell’Ottocento, grazie al principe Baldassarre.
Stessa modalità (diritto di prelazione), anche per un altro acquisto «di peso» effettuato, sempre nel 2020, dal Mibact per il Museo di Capodimonte, Napoli. Si tratta di un monumentale dipinto su tavola, quasi tre metri per due, di Juan de Borgoña (1460 circa-1536), comprato dallo Stato a 400 mila euro. Documentata in Castiglia dal 1495, l’opera — databile al 1506-1508 — raffigura la Disputa sull’Immacolata Concezione di Maria, dogma teologico lungamente discusso in seno alla Chiesa e ratificato di fatto solo l’8 dicembre 1854.
Juan de Borgoña è considerato il maggior pittore «italianizzante» attivo in Spagna fra Quattro e Cinquecento, un artista capace di far dialogare il linguaggio tipico del Rinascimento italiano con la resa preziosa dei dettagli propria della cultura iberica. Fino a oggi l’unica sua opera conservata in Italia era il Sant’Agostino nello studio, acquistato dallo stesso ministero nel 2000, sempre per Capodimonte. Ora si aggiunge questa straordinaria raffigurazione, che intorno a un sovrano dalla veste rossa risvoltata di ermellino, identificabile col saggio re Salomone, accoglie nove personaggi, tra cui tre vescovi, riconoscibili dalla mitra, intenti a dibattere sul tema teologico dell’Immacolata, richiamato dalle parole tratte dall’Antico Testamento e scritte sul libro sorretto dal personaggio in alto a destra: «Tota pulchra es Amyca mea, et macula non est in te», dal Cantico dei Cantici, e «Ante omnia saecula creata sum», dal Libro del Siracide.
Sempre esercitando la prelazione è entrato recentemente nelle collezioni dello Stato, di proprietà della Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ d’Oro di Venezia ma destinato al Museo civico Castelvecchio di Verona, anche un eccezionale Polittico quattrocentesco, probabile opera di un intagliatore scaligero attivo nella seconda metà del XV secolo, già attribuito all’ambito di Bartolomeo Giolfino. Acquistata per 160 mila euro, l’Ancona lignea — scolpita, policroma e dorata, a tre scomparti e due registri, con cornice originale — raffigura al centro la Madonna col Bambino in trono contornata da santi.
Un capitolo a parte riguarda le acquisizioni del Ministero conseguenti «a procedimenti di acquisto coattivo all’esportazione» (articolo 70 del Codice dei beni culturali). Funziona grossomodo così: un privato che vuole fare uscire dai confini italiani un opera d’arte in suo possesso deve chiedere un attestato di libera circolazione al l’ufficio esportazione del Mibact, dichiarando il valore dell’opera. Il ministero può rilasciarlo o negarlo, procedendo d’ufficio all’acquisto del bene per il valore indicato nella denuncia dal proprietario. In questo modo sono entrate in collezione pubblica nell’ultimo anno molte opere. Tra queste, un grande ritratto (oltre due metri) raffigurante un cavallo di razza andalusa, dipinto da un pittore italiano attivo tra XVI e XVII secolo, acquistato al prezzo di 78.500 euro e destinato al Real sito di Carditello, Caserta, al termine dei lavori di ristrutturazione.
Stesso iter procedurale — oltre che per il San Gerolamo dipinto da Bartolomeo Manfredi (1582-1622), pagato
40 mila euro e destinato ancora a Palazzo Barberini — per gli sportelli dipinti di un tabernacolo del XIV secolo, opera del Maestro del Crocifisso d’Argento, comprati a
95 mila euro per il Museo nazionale d’Abruzzo (L’Aquila). Un altro acquisto «coattivo» è quello relativo al Busto di Claudio imperatore, 1754-1755, in porcellana dura e smalto bianco, della Manifattura Carlo Ginori di Doccia di Sesto Fiorentino. Pagata 40 mila euro, la scultura (38 centimetri di altezza) è andata al Museo Richard-Ginori della Manifattura Di Doccia, quest’ultima acquisita al patrimonio dello Stato nel 2017 (a fine 2019 è stato firmato l’atto costitutivo della Fondazione, due settimane fa è stato indetto il bando per la selezione del direttore).
Molto intensa la campagna acquisti degli Uffizi di Firenze, che spazia — come le collezioni del museo — dall’archeologia al moderno. Avviate da tempo (biennio 2018-2019), molte trattative sono state perfezionate nell’anno appena trascorso. Da ricordare la straordinaria coppia di dipinti, Elia nel deserto e Madonna con Bambino, San Giovannino e Santa Barbara, di Daniele da Volterra, amico, sodale e collaboratore di Michelangelo, proveniente dalla collezione senese dei conti Pannocchieschi d’Elci, con vendita effettuata tramite la Galleria Benappi (Torino-Londra). Per la Madonna sono ancora in corso le ultime fasi del completamento dell’acquisto (per una cifra intorno ai due milioni di euro). Per Elia la trattativa si è invece conclusa a 795 mila euro .Da un’asta Pandolfini arrivano le due sculture femminili di epoca romana del I secolo dopo Cristo: la prima, acefala, alta un metro e mezzo, raffigura una donna con veste rituale, forse un capo sfoggiato dalle spose (112 mila eu
Dopo la recente acquisizione (800 mila euro) di un paesaggio di Guido Reni da parte della Galleria Borghese, «la Lettura» è andata a vedere quali sono stati gli acquisti più importanti realizzati dallo Stato o dai singoli musei. E i prezzi pagati. Ecco quadri (come il dipinto di Daniele da Volterra: 795 mila euro), sculture, ceramiche, archivi (come quello di Grazia Deledda: 200 mila euro) o documenti (come una lettera di Leopardi: 8 mila euro)
ro); l’altra è un busto dalla complessa acconciatura, che riproduce la singolare tipologia di pettinatura in voga fra età traianea e adrianea (68.750 euro).
Apparteneva a Jackie Kennedy il disegno — raffigurante un cavallo da dietro — dello scultore barocco Giovanni Battista Foggini (1632-1725), acquistato da Christie’s a New York per 16 mila dollari dai Friends of the Uffizi Galleries, associazione non profit che sostiene il museo fiorentino, lo stesso che per la Galleria di Palazzo Pitti ha comprato anche la sensuale Eva tentata dal serpente, tela di Giuseppe Bezzuoli (1784-1855) presentata all’Esposizione di Parigi del 1855. Da Christie’s (ancora in deposito presso la casa d’aste, sarà ritirato a breve) arriva anche l’acquisto del 2020 della Pinacoteca di Brera,
Il rinnegamento di San Pietro, di Giuseppe Nuvolone (1609-1703), per 20 mila euro.
Non solo opere d’arte. Un capitolo importante degli acquisti del Mibact riguarda gli archivi. Tra gli interventi del 2020, due sono stati conclusi presso la casa d’aste Finarte: il più recente, un mese fa, l’acquisto per 8 mila
euro di una lettera di Giacomo Leopardi del 1825, indirizzata all’amico Carlo Emanuele Muzzarelli e andata ad arricchire il Fondo Leopardiano della Biblioteca Nazionale di Napoli. Per 200 mila euro si è invece concluso l’acquisto dell’intero archivio di Grazia Deledda: manoscritti autografi, lettere, foto ma anche mobilio e quadri provenienti dal villino romano della scrittrice Premio Nobel. Di proprietà degli eredi, il lotto, fatto ritirare e comprato all’asta nel dicembre 2019, è ora alla Biblioteca Nazionale centrale di Roma.
All’Archivio di Stato di Firenze, acquistate per 600 mila euro, sono finite le «carte» — 2.900 unità tra disegni, foto, riviste, album, materiali a stampa — dell’architetto Adolfo Coppedè (1897-1940), che in coppia con il fratello Gino (il cui archivio fu acquistato nel 2003) fu uno degli esponenti più originali dell’eclettismo artistico tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo.