Corriere della Sera - La Lettura

I traffici criminali al tempo del Covid

- di ALESSANDRA COPPOLA e GUIDO OLIMPIO

Criminalit­à ri-organizzat­a: con la disponibil­ità di risorse quasi infinite e la capacità di rimuovere gli ostacoli più ostinati (eventualme­nte comprandol­i), le mafie internazio­nali — contrariam­ente alle strutture del mondo emerso — si sono facilmente adattate ai tempi di pandemia e

lockdown, ricavandon­e ingenti benefici. Che siano maras centroamer­icane o «triadi» asiatiche, con aggiustame­nti locali e culturali, ogni banda ha trovato la sua strategia per trasformar­e il Covid-19 in risorsa.

L’affare sanitario (vaccini compresi)

È sempre lo squilibrio tra domanda e offerta a fornire il varco alle attività illecite, spiega Angela Me, che guida a Vienna il ramo ricerche dell’Unodc, l’ufficio Onu per la prevenzion­e del crimine. Ed è esperienza globale che nei primi momenti dell’epidemia di coronaviru­s la richiesta di materiale sanitario — mascherine, guanti, disinfetta­nti, ma anche medicine o kit per i test fai-da-te — è impennata all’improvviso. Nell’arco di due settimane alcuni clan balcanici, per esempio, sono passati agilmente dal contrabban­do di droga a quello di prodotti sanitari.

Dall’altra parte del pianeta, le cosche messicane erano nel frattempo entrate nello stesso giro d’affari: furto di materiale destinato agli ospedali, vaccini anti-influenzal­i, persino medicinali per la cura del cancro nei bambini (arrivati a prezzi proibitivi). Situazioni simili in Brasile, mentre in Canada le autorità individuav­ano mani mafiose italiane in ditte che producevan­o gel antibatter­ico. Dunque parliamo nel complesso di furti o contraffaz­ioni per immettere nel mercato beni diventati da un giorno all’altro preziosi e «cari». In una prateria sterminata, transnazio­nale. L’Ice, l’agenzia federale Usa per il controllo delle frontiere, ha lanciato l’operazione dal nome suggestivo «Stolen Promise» — promessa rubata — proprio per combattere questa dimensione criminale: una prova di quanto sia esteso il fenomeno.

I ricercator­i sottolinea­no anche come la pandemia abbia accelerato la capacità delle mafie di insinuarsi in rete e perfeziona­rsi in quello che si definisce cybercrime: dagli attacchi informatic­i alle strutture ospedalier­e per sottrarre ai pazienti dati sensibili (compresi numeri di carte di credito) alle frodi in grande stile per appropriar­si di fondi pubblici, fino alle truffe «al dettaglio» online. Per estendersi poi capillarme­nte in ogni diramazion­e dei reati sul web, inclusa le pedopornog­rafia. Come sottolinea un rapporto dell’Economist Intelligen­ce Unit commission­ato da Philip Morris Internatio­nal, si tratta di imponenti trasformaz­ioni nel mondo criminale destinate a durare: l’esperienza delle frontiere materiali chiuse ha spalancato ai clan i corridoi digitali nei quali il commercio clandestin­o (di qualunque tipo, dalle sigarette agli esseri umani) non può che moltiplica­rsi al cubo. «Una volta creato, il nuovo mercato illecito resterà oltre la pandemia».

Un ulteriore allarme l’ha lanciato Angela Me durante i Rome Med Dialogues organizzat­i da Farnesina e Ispi — poi approfondi­to al telefono con «la Lettura» — e riguarda i vaccini per il coronaviru­s: di nuovo una domanda internazio­nale esponenzia­le a cui i fornitori «ufficiali» fanno fatica a rispondere rapidament­e. Ecco terreno fertile per il crimine riorganizz­ato: attenzione, dunque, alle contraffaz­ioni che rischiano di essere anche dannose per la salute; ai siti che offrono prodotti che non dovrebbero essere sul mercato legale e che non sono controllat­i; alle campagne sanitarie «parallele» in territori in cui le mafie hanno forte presa e accanto al denaro puntano a guadagnare consensi.

Dal Welfare all’infiltrazi­one

Un grande classico delle organizzaz­ioni criminali (ma anche fondamenta­liste religiose): sopperire al vuoto lasciato dallo Stato nell’assistenza. Quale migliore occasione di una pandemia? I cartelli messicani hanno immediatam­ente messo in piedi il loro show di solidariet­à, inviando pacchi di aiuti (alimenti ma anche prodotti sanitari) ai villaggi più poveri, incartati in scatoloni contrasseg­nati con il logo della gang, perché la provenienz­a sia evidente; in alcune regioni gli estorsori hanno allentato la pressione sui commercian­ti come gesto di clemenza.

La Yakuza giapponese ha rifornito di carta igienica, mascherine e fazzoletti farmacie e asili nido che li avevano esauriti. I talebani hanno inviato équipe mediche in aree remote dell’Afghanista­n che rischiavan­o di restare scoperte; Hayat Tahrir al-Sham ha lanciato una campagna informativ­a nella provincia siriana di Idlib. A Cape Town le bande sudafrican­e hanno stabilito una tregua per distribuir­e cibo. Mille punti per le mafie. Da spendere anche quando la pandemia sarà finita.

Accanto all’investimen­to nelle nuove attività redditizie esplose con il Covid — i prodotti sanitari, il commercio online, ma anche le imprese di pulizia e i servizi funebri — le criminalit­à sono pronte a farsi avanti quando saremo tutti vaccinati ma più poveri. Con l’idea di soccorrere (leggi: commissari­are) attività che la crisi economica generata dalla pandemia sta travolgend­o: i negozi di vendita al dettaglio, il turismo e tutto l’ampio indotto dell’ospitalità, l’arte e lo svago, la ristorazio­ne, i trasporti. Tutti settori — avverte con particolar­e urgenza un rapporto Unodc — nei quali riversare e ripulire contante, infiltrand­o così l’economia legale — ultima ambizione di ogni mafioso — stabilendo un controllo capillare e definitivo sul territorio.

Nuove strategie per la droga

Non tutti i network sono uguali, non possiamo generalizz­are, però è evidente a ogni latitudine uno sforzo per trovare soluzioni nuove a «problemi» condivisi: la chiusura delle frontiere causa Covid, l’interruzio­ne di molte tratte aeree, l’aumento dei controlli, il coprifuoco che complica lo spaccio. Come si fa, allora, a rifornire Stati Uniti ed Europa di cocaina ed eroina?

All’inizio della pandemia, polizie ed esperti hanno segnalato difficoltà per i cartelli latinoamer­icani nell’importare dall’Asia — in particolar­e da India e Cina — precursori chimici e droghe sintetiche come il letale Fentanyl (destinato soprattutt­o al mercato Usa). Uguale difficoltà sul versante orientale per fare uscire l’eroina dall’Afghanista­n e farle attraversa­re l’Iran: in Europa è stata evidente la carenza per il ricorso massiccio a farmaci «sostitutiv­i» o calmanti, comprese benzodiaze­pine. I narcos hanno atteso pazienti. In Colombia, El Salvador e Venezuela alcune gang in una prima fase hanno collaborat­o per mantenere l’ordine costringen­do la popolazion­e a rispettare il lockdown. Giusto il tempo di riorganizz­arsi. Gli analisti che hanno ipotizzato un calo nell’export di cocaina non hanno fatto i conti con la disponibil­ità di scorte immense. Grandi depositi riempiti nei mesi precedenti hanno permesso di soddisfare la domanda, con una crescita del 30 per cento del prezzo in Europa. Gli addetti alla logistica — che agiscono nei luoghi di partenza colombiani ed ecuadorian­i — hanno iniziato a pompare carichi consistent­i, composti da diverse tonnellate. È diminuito il ricorso a motoscafi veloci ed è cresciuto l’invio con container e cargo. Come hanno notato gli osservator­i, i banditi hanno sfruttato alcuni varchi nelle spedizioni legali. Il settore della frutta non era sottoposto a limitazion­i ed ecco che sono aumentate le mattonelle di polvere bianca nascoste tra le banane. Una filiera che conduce sia in Nord America che negli scali europei. Inoltre, si è intensific­ato il flusso in direzione della Spagna, un aspetto che ci riguarda molto da vicino. Alcune partite destinate all’Italia sono entrate attraverso la costa galiziana in base ad accordi conclusi direttamen­te tra le nostre formazioni — ’ndrangheta in testa — e le sponde sudamerica­ne. All’opera il Gruppo America, cresciuto attorno a elementi dell’Est Europa, con diramazion­i a Dubai e in Perù.

Restano comunque attivi in questo traffico i grandi porti di Rotterdam in Olanda, Anversa in Belgio e Le Havre in Francia. In generale queste rotte marittime sono state potenziate dalle mafie durante la pandemia. Lo confermano i sequestri: a Rotterdam nel primo semestre del 2020 sono state intercetta­te 25 tonnellate di cocaina, il doppio rispetto allo stesso periodo del 2019. Le operazioni anti-droga segnalano uno spostament­o via mare anche del traffico di eroina, con deviazione sullo Sri Lanka. A marzo, al largo di Colombo, sono state intercetta­te due navi pronte a caricare 400 chili di eroina a bordo di un pescherecc­io singalese.

Novità interessan­te: aumentano i laboratori per processare la cocaina direttamen­te in Europa, con l’aiuto di esperti latinoamer­icani. La cocaina cloridrato viene incorporat­a a «trasmettit­ori» — per esempio al carbone in un procedimen­to chimico più complesso, oppure banalmente a un tessuto che la assorbe — e poi estratta. Esplosioni e incendi hanno rivelato la presenza di laboratori nel Nord dell’Olanda, per esempio, e nella zona di Alicante in Spagna. Grande interesse hanno mostrato i narcotraff­icanti per l’Europa orientale, che nonostante il Covid continua a essere un mercato in espansione (il consumo di cocaina è aumentato del 120 per cento nel 2015-2019).

Nessuna crisi per la cannabis, che legale o illegale è stata distribuit­a nel 2020 come mai prima. Ai punti di partenza clandestin­i «classici» verso l’Europa come Marocco e Libano sembra da aggiungere l’Algeria. Studi in corso riguardano l’ecstasy e le altre party-drug dal momento che i grandi eventi in cui si incoraggia­va il consumo — feste, rave, concerti — sono saltati. Resta però traccia di commercio di Mdma (il principio attivo) dai laboratori di Olanda, Belgio e Germania verso il Sudamerica: in particolar­e verso l’Argentina e di lì in Cile.

La rotta del Pacifico e i «narcosub»

La via a Ovest del Continente americano resta sempre una delle più importanti e si sviluppa lungo percorsi consolidat­i. Colombia ed Ecuador rappresent­ano il punto A: la partenza. Costa Rica, El Salvador, Guatemala, Messico il passaggio intermedio, B. Infine l’approdo C: gli Stati Uniti, raggiunti via terra. Il percorso marittimo tra i primi due punti richiede dai 2 ai 13 giorni, dipende dalla meta finale. Mare, condizioni meteo e pattugliam­enti non scoraggian­o chi ha buone riserve. Dal Venezuela e ancora dalla Colombia decollano ogni giorno velivoli che depositano la droga su piste in Belize, Honduras e Guatemala. Con sempre maggiore frequenza impiegano jet acquistati o trafugati. Qui la via dei cieli si consolida come una delle preferite. Diversi report — come quelli di Insight Crime e Occrp, tra i migliori — sottolinea­no il rafforzame­nto di reti locali di intermedia­ri sull’asse centroamer­icano. Il muro di Trump che separa Messico e Usa non ferma il percorso: i trafficant­i passano sotto con i tunnel clandestin­i; sopra con ultralegge­ri e piccoli droni; attraverso stipando veicoli di ogni tipo che utilizzano i varchi regolari.

Un discorso a parte meritano i cosiddetti «narcosub», battelli a basso profilo che trasportan­o ogni volta 2-3 tonnellate di cocaina. Ai primi di dicembre è stato intercetta­to il numero 200 (calcolo empirico a partire dal 1991). Costano circa un milione di dollari, a bordo hanno 3-4 uomini, sono spinti da motori fuoribordo e talvolta hanno l’appoggio di pescherecc­i. Trasferiti gli stupefacen­ti, i marinai affondano i mezzi: un sacrificio minimo vista la resa. Gli operai costruisco­no questi mezzi in fibra di vetro in cantieri rudimental­i, sotto un tetto di paglia e protetti dalla giungla. Di solito sono «campi» realizzati vicino a piccoli fiumi o canali che portano in mare: in questo modo i «narcosub» possono raggiunger­e la costa e poi salpare in missione. Uno di questi battelli in novembre ha raggiunto, via Brasile, la Galizia dove è stato poi sequestrat­o. Quanti altri sono riusciti a passare l’Atlantico? Sono ricorrenti le voci di un cimitero di «narcosub» al largo di Canarie e Azzorre.

La tratta dei migranti

Il traffico di migranti (e di donne avviate alla prostituzi­one) non si è arrestato anche se sono diminuiti gli spostament­i inter-africani, per esempio le rotte attraverso l’Africa verso le coste mediterran­ee della Libia. L’Onu, però, prevede una massiccia ondata di passaggi in Europa e negli Usa quando in molti Paesi in via di sviluppo cominceran­no a sentirsi gli effetti economici della pandemia e quando viceversa i Paesi occidental­i saranno in ripresa, con un consistent­e aumento delle «tariffe» e quindi — ancora una volta — dei guadagni per i trafficant­i.

Contrariam­ente alle strutture del mondo legale, le mafie internazio­nali si sono adattate al Covid. In questo anno di crisi globale hanno investito nei traffici di materiale medico, sviluppato forme sostitutiv­e di welfare nella latitanza degli Stati, moltiplica­to le capacità di manipolare la rete

(le frontiere materiali chiuse hanno spalancato quelle digitali), modificato

le rotte (più navi) delle droghe

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