Corriere della Sera - La Lettura
IL «DEBOLE» KERENSKIJ PRECURSORE DI STALIN E ANTENATO DI PUTIN
Capo del governo che venne facilmente rovesciato dai bolscevichi nell’autunno del 1917, il socialista russo Aleksandr Kerenskij (nella foto) è spesso citato quale esempio di debolezza e inettitudine. Così però si dimentica come si era comportato e che cos’era successo nei mesi precedenti. Rimette i fatti al loro posto il saggio
«Compagno Kerenskij» ( traduzione di Emanuela Guercetti, Viella, pp. 415,
€ 39) di Boris Kolonickij, docente a San Pietroburgo. Nell’enorme vuoto di potere causato dalla caduta dello zar Nicola II, con una guerra difficilissima in corso contro tedeschi e austro-ungarici, Kerenskij venne incontro, con le sue doti oratorie e l’indole energica, al bisogno di riferimenti forti che avevano i russi orfani della monarchia.
Divenne, secondo Kolonickij, il prototipo del vožd, il leader popolare capace di guidare il Paese alla vittoria militare e al cambiamento politico. E questo giovò anche a Vladimir Lenin, che riuscì ad affermarsi, invocando la pace immediata e l’esproprio dei ceti possidenti, proprio come contraltare di Kerenskij. Decisive furono nell’estate del 1917 le sconfitte russe in battaglia, che sbriciolarono il carisma di Kerenskij e spianarono la via del potere ai bolscevichi. Ma l’esigenza di un
vožd e il conseguente culto, prodotto di una cultura politica autoritaria dalle radici profonde, non vennero meno. Iosif Stalin sarebbe stato l’interprete più abile e spietato di quel ruolo. Oggi a incarnarlo è Vladimir Putin.