Corriere della Sera - La Lettura

La migrazione blu ridisegna il Paese

Il movimento dagli Stati democratic­i

- Di COSTANZA RIZZACASA D’ORSOGNA

Per i newyorkesi il più ambito è la Florida, che ha appena approvato una legge sull’innalzamen­to delle paghe orarie minime a 15 dollari. Più 24,4% le case vendute a ottobre nella Florida del sud rispetto a un anno prima, con previsioni record sul 2021. Ma ci sono anche il Texas, la Georgia, l’Arizona. Lo chiamano blue exodus, l’esodo degli americani da Stati (e metropoli) tradiziona­lmente democratic­i — blu, appunto — verso quelli repubblica­ni, in particolar­e quelli della Sun Belt, la Cintura del Sole, la regione a sud del 36° parallelo che si estende dalla California al North Carolina. Per motivi economici, fiscali, per lo stile di vita. Una fuga che la pandemia ha solo esacerbato.

I prezzi delle case, il mercato del lavoro asfittico. Da anni, New York, Los Angeles, San Francisco e altre «Big Blue» registrano un’emorragia di residenti. Solo New York dal 2010 ne ha persi oltre un milione. E lo Stato, che guida il Paese nel calo demografic­o, rischia di perdere un seggio alla Camera, scendendo a 26, sotto la Florida. L’allarme è tale che esponenti della politica locale si avvicendan­o in tv per implorare Goldman Sachs, che vuole spostare in Florida la divisione di asset management (8 miliardi di dollari, un quarto del giro d’affari), di ripensarci. New York ha creato un clima ostile ai capitali, dicono da JPMorgan Chase. Sarà Miami la nuova Wall Street? «Gli Stati Uniti attraversa­no lo spostament­o geografico più sismico del centro di gravità economico-politico in oltre cinquant’anni», osserva l’economista Arthur Laffer, già consiglier­e economico di Ronald Reagan e autore, col collega Stephen Moore, di Blue Exodus: Why Americans Are Moving to Red States (Encounter Books). «Questo perché Stati repubblica­ni come il Texas, la Florida e lo Utah tagliano le tasse, attuano la deregulati­on, riducono il debito, promuovono lo sviluppo energetico e migliorano le condizioni dei lavoratori, mentre Stati democratic­i come il New Jersey, New York, la California e l’Illinois fanno l’opposto. Risultato? Per ogni nuovo posto di lavoro negli Stati dem, quelli rep ne creano tre. Ogni anno, oltre 3 milioni di americani migrano dagli Stati blu verso quelli rossi. E le imprese fanno lo stesso».

Le conseguenz­e politiche sono enormi. Alla vigilia delle presidenzi­ali, l’«Atlantic» sottolinea­va come già dal 2016 l’esodo dagli Stati di New York e California avesse trasformat­o l’elettorato degli Stati di arrivo. «In Arizona e Nevada, all’aumento della popolazion­e ha coinciso un incremento dei democratic­i». È per questo, anche (soprattutt­o?), che Joe Biden è riuscito ad aggiudicar­seli. Altro Stato dove l’elettorato sta rapidament­e cambiando grazie a un innesto di residenti da aree più liberal del Paese, è la Georgia, dove i democratic­i hanno appena eletto due senatori che consentono a Biden di avere la maggioranz­a al Congresso, sempre ai primi posti per aumento della popolazion­e da altri Stati. Negli ultimi vent’anni, gli ingressi più consistent­i sono venuti tutti da Stati blu.

Agevolazio­ni fiscali e un mercato del lavoro in forte crescita sono l’offerta vincente del Texas, dove in 5 anni si sono trasferite centinaia di migliaia di california­ni. Elon Musk, con il nuovo impianto Tesla che creerà 5 mila posti di lavoro, Hewlett Packard, Oracle. Parte dell’area metropolit­ana di Austin è nota ormai come Silicon Hills, per via delle decine di aziende hi-tech che qui hanno traslocato. E comune a Texas e Georgia è la migrazione interna dalle aree rurali, tradiziona­lmente conservatr­ici, a quelle urbane più liberal. Riguarda non solo i giovani che inseguono il lavoro, ma anche gente di mezza età.

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