Corriere della Sera - La Lettura
Ellie ebbe un sussulto e fece un passo indietro: un piccolo animale forse era caduto nella vasca
gettata nella spazzatura. «Non è divertente».
«No», ammisi. «Certo che non lo è».
«Allora perché ridi?».
«La faccia che hai fatto, immagino. L’orrore. Mi aspettavo qualcosa di molto peggio».
«Tipo cosa?».
«Non so. Un topo? Un serpente?».
«David. Qualcuno ha fatto un bisogno nella nostra vasca da idromassaggio. Era un... umano».
Non riuscì a pronunciare la parola che aveva in mente, qualunque fosse.
«Probabilmente hai ragione ma, per dire, gli escrementi degli animali non sono poi così diversi da quelli umani».
Si girò su un fianco per fissarmi. «Allora, che cosa stai pensando? Che un cane è saltato oltre il muro e invece di fare la cacca in giardino, è andato alla vasca dell’idromassaggio, si è sporto sul bordo e...?».
«Hai ragione», ammisi.
«Qualcuno è entrato nel nostro giardino, David». «Di nuovo...».
«Qualcuno ha scavalcato il muro e... ha fatto quella cosa disgustosa».
«È quel che sembra», dissi.
«No. È quel che è successo».
«Va bene. È quel che è successo».
Rimanemmo in silenzio così a lungo che pensai che Ellie si fosse addormentata, ma poi la sentii parlare nel buio. «Pensi che abbia fatto quel che ha detto?». «Chi? Che cosa?».
«Nathan. Pensi che abbia votato per Hillary? Ha ammesso di odiarla».
«Buon Dio, Ellie», dissi, anche se ero sollevato che i suoi pensieri si fossero allontanati dalla vasca da idromassaggio.
«Voglio dire, abbiamo solo la sua parola. O quella di Clay. Non abbiamo modo di sapere che cosa fanno le persone dentro la cabina elettorale».
«Lo so, ma andiamo... Nathan? Tanto vale sospettare anche di me».
Non replicò, allora continuai: «E se pensi a questa possibilità, tanto vale sospettare che sia stato io a defecare nella Jacuzzi».
Questo le strappò una risatina e, devo ammetterlo, ne fui felice. «Mi spiace», disse. «È solo che all’improvviso sembra che tutto abbia un significato».
«D’accordo», dissi dandole un bacio sulla fronte, «ma non è sempre così? Tutto ha sempre un significato. O è così, oppure nulla lo ha. Non riesco mai a ricordare quale delle due».
«Neanch’io», disse seriamente.
«Ma era una battuta...».
Non un brutto modo per terminare una conversazione, ma volevo aggiungere una cosa. «La cisti era benigna».
«Lo so».
«Stai bene. Non c’è niente di cui preoccuparsi». «Lo so».
Alla fine ci addormentammo e mi svegliai solo una volta durante la notte, per fare pipì. Notando che nella stanza c’era più luce del solito, andai alla finestra, e vidi che ci eravamo dimenticati di spegnere le luci della Jacuzzi. Pensai di scendere a spegnerle, ma erano le quattro del mattino e in un paio d’ore sarebbe sorto il sole. L’avrei fatto allora, mi dissi. Una razionalizzazione, perché in realtà temevo di trovare qualche altra escrescenza galleggiare sull’acqua. Avevo assicurato a Ellie che non c’era nulla di cui preoccuparsi, ma non avevo convinto neanche me stesso.
Sfortunatamente fu Ellie a scoprire ogni nuovo escremento, anche se probabilmente controllavo la vasca altrettanto spesso di lei. Sicura che non l’avrebbe mai più usata, Ellie voleva buttarla giù, come se quel che avevamo scoperto fosse antrace o un agente nervino russo. La mia paura era che ci fosse un qualche legame, nella sua mente, tra gli orribili ritrovamenti galleggianti e la cisti che le era stata asportata l’anno prima. Avevamo detto alla gente che era benigna, il che sostanzialmente era vero, sebbene la biopsia avesse rivelato delle cellule precancerose.
In ogni caso, dopo l’ultimo incidente chiamammo la polizia, nella speranza che Ellie si calmasse. La giovane poliziotta di origini latino-americane che mandarono andò a controllare il vicolo sul retro dove veniva raccolta la spazzatura e parlò con alcuni vicini per vedere se avevano avuto esperienze simili. Nessuno ne aveva avute, nemmeno i Gordon, che vivevano accanto a noi e che come noi avevano una vasca da idromassaggio. «Sembra che qualcuno vi abbia presi di mira», disse l’agente Nuñez. «Avete fatto arrabbiare