Corriere della Sera - La Lettura
Impossibile ragionare, secondo lei l’abitazione e tutto quel che conteneva erano contaminati
qualcuno ultimamente?».
Le spiegai che eravamo entrambi docenti universitari in pensione e che avevamo rapporti cordiali con i vicini, anche se per lo più stavamo per conto nostro.
«Avevamo un cartello pro Hillary nel giardinetto davanti a casa», aggiunse Ellie, spiegando che il primo escremento era apparso la mattina dopo le elezioni.
«Bene, ecco spiegato», disse l’agente Nuñez. Quando Ellie la fulminò con uno sguardo, aggiunse: «Scherzavo, signora».
«Mia moglie non pensa sia una cosa da ridere», le dissi mestamente. Ellie fulminò anche me.
«Non lo è, David. Qualcuno scavalca quel muro ed entra nel nostro giardino».
L’agente Nuñez notò il sensore di movimento dell’allarme: «Le luci si accendono spesso?».
Scuotemmo il capo: «Molto raramente».
«Allora forse il vostro amico non viene a farvi visita di notte».
«Qualcuno entra nella nostra proprietà in pieno giorno?».
Alzò le spalle: «Quante auto avete?».
Le dicemmo che ne avevamo due.
«Quindi, quando il posteggio è vuoto, probabilmente in casa non c’è nessuno».
«Sta dicendo che qualcuno sorveglia la nostra casa?».
«Forse sta solo girando per il quartiere».
L’agente Nuñez esaminò la vasca da idromassaggio. «La usate anche adesso, con questo caldo?».
Le dissi di no.
«Perché non la coprite?», suggerì. «Quando le notti si rinfrescheranno, potrete scoprirla nuovamente». «Questa è la sua soluzione?», disse Ellie.
«Senta, mi dispiace quel che sta succedendo», le rispose l’agente. «Ma siamo anche nel bel mezzo di un balzo nella circolazione di oppiacei. E in questo contesto...».
Un pomeriggio del novembre successivo, passato un anno dalla scoperta delle cose galleggianti nella vasca, stavo guardando fuori dalla finestra, quando un’auto della polizia si fermò davanti a casa e ne uscì l’agente Nuñez. Notò subito il cartello nel giardino che diceva che la casa era stata venduta. Il nostro vicino aveva ragione, era stata venduta subito. «Mi dica che non è vero», mi disse, quando l’incontrai alla porta d’ingresso. «Si fa cacciare via da quel bastardo?».
«Temo di sì», sospirai. «Qui una se ne è già andata».
Avevo provato a ragionare con Ellie, ma secondo lei la casa e tutto quel che conteneva erano contaminati. Era come il contenitore del formaggio molle che si scopre nel fondo del frigorifero, pieno di muffa. Non si toglie solo lo strato superiore. Lo si getta via. A meno di non sbagliarmi, quella metafora non si applicava solo alla nostra casa ma anche al nostro matrimonio. Ellie era tornata nella nostra casa contaminata solo per fare una valigia, poi aveva preso l’aereo per San Diego.
Ora che mancavano solo due settimane alla chiusura della casa, avevo praticamente implorato Ellie di tornare, ma lei si era rifiutata. Da quanto voleva andarsene? — mi chiesi. Da prima delle elezioni e del primo escremento nella vasca? Da anni, da quando avevo riso di lei in un sogno? O si era stancata gradualmente del mio ottimismo da mezzo bicchiere pieno di fronte alla crescente evidenza che il bicchiere non era solo vuoto, ma anche rotto, e che forse era pericoloso berci.
Quando sono andato in pensione ho pensato che forse avrei scritto un libro, quello che l’insegnamento, le riunioni, le valutazioni degli studenti mi avevano impedito di scrivere per decenni. Avevo persino abbozzato uno schema e preso appunti, prima di mettere da parte il progetto. Era troppo tardi per ricominciare? Era solo un modo per ammazzare il tempo? Per aspettare che Ellie mi chiamasse e mi dicesse: vieni a San Diego? Nostra figlia ha bisogno di te. Jack Jr. ha bisogno di te. Io ho bisogno di te. Poteva succedere, mi dissi.
Eppure le lagnanze di Ellie, pronunciate al culmine della sua frustrazione, riecheggiavano ancora nel mio cervello. Se le elezioni avevano insegnato qualcosa alle donne americane, era che dovevano restare unite. Quel che si frapponeva tra loro e la giustizia era un maschio. Si chiamava Donald e Mitch e Roy e Harvey, e mia moglie sembrava avere concluso che si poteva aggiungere anche il mio nome a quella lista.
Richard Russo Maria Sepa)
(traduzione di