Corriere della Sera - La Lettura
Rossa malpelo tutta sua madre
Ci sono due presenze ingombranti nella vita di Gaia, la voce narrante del terzo romanzo di Giulia Caminito, L’acqua del lago non è mai dolce (Bompiani): la povertà, che trascina con sé scherno e discriminazione, e Antonia, una madre coraggio dai capelli rossi, perennemente in guerra per assicurare ai figli un’esistenza dignitosa, pronta a estirpare siringhe come erbacce dallo «spiazzo di cemento» che chiama cortile davanti a un seminterrato abusivamente occupato in periferia.
Qui Gaia, che nel romanzo si racconta come in un lungo diario dall’infanzia alla laurea nel tentativo di affrancarsi dall’una e dall’altra, vive i suoi primi anni con il fratello maggiore Mariano, nato da un altro padre quando Antonia aveva appena 17 anni, e i più piccoli di casa, i gemelli Roberto e Maicol, uniti da una complicità inossidabile. Il padre di Gaia è inchiodato sulla sedia a rotelle per un incidente sul lavoro, senza pensione né assicurazione. A tutta la famiglia provvede perciò Antonia, che fa le pulizie nelle case dei ricchi, ha una «fissazione per le cose giuste», è ossessionata dai libri che in casa non ci sono ma arrivano in prestito e sono custoditi come reliquie.
Così, dopo aver ottenuto con una tenacia disperata l’assegnazione di una casa in un condominio dove tutti li disprezzano, grazie a una sua rete di protezione e solidarietà, riesce a trasferire tutti quanti ad Anguillara, sul lago di Bracciano, meta, a fine Novecento, di un controesodo, perché le case costano meno e Trastevere è appena a un’ora di treno.
Gaia, capelli rossi come Antonia, orecchie a sventola di cui tanto si vergogna, lentiggini e un corpo magro magro, all’ombra di quella madre che detta legge vive una vita di privazioni e rinunce, dove il cibo è spesso fatto di avanzi cucinati con fantasia, gli abiti sono quelli dismessi dalle famiglie presso cui Antonia è a servizio, i mobili e le suppellettili di casa oggetti di scarto recuperati grazie alla sua passione per il bricolage. Per anni in casa manca perfino il televisore, un’assenza che si configura come «sciagura e bizzarria» nello stesso tempo, paradossale possibilità di conoscere «l’esperienza dell’impossibile». E quando finalmente ne arriva uno, naturalmente di scarto, lei lo guarda incredula, dopo averne «ammirati, detestati, adorati, dimenticati e voluti» per anni nelle case altrui, nelle vetrine dei negozi o appesi nei pub.
Intanto la ragazza, che per il paese, do