Corriere della Sera - La Lettura
Ieri come oggi La famiglia è il ring
Agamennone giace in un letto «con i suoi fili in disordine l’odore/ simile a quello di una stanza di ospedale». Il pubblico non lo vede, la sua morte si consuma dietro una delle cinque porte che sono la scena di Elettra. Onora il padre e la madre, riscrittura di Fabrizio Sinisi di tutte le Elettre del mondo classico, di cui Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni firmano la regia. La tragedia è interpretata da Fabrizia Mazza (Clitennestra) e dagli attori della Compagnia permanente di Emilia Romagna Teatro, che produce lo spettacolo: Simone Francia (Egisto), Diana Manea (Elettra), Paolo Minnielli (Oreste), Giulia Trivero (Mia/ Crisotemide).
Il debutto resta in calendario sabato 16 e domenica 17 gennaio al Teatro Storchi di Modena, anche se oggi sembra molto difficile una riapertura delle sale venerdì 15. «Impossibile sfuggire a questa grande “tragedia originaria” che è Orestea — esordisce Ferlazzo Natoli, che “la Lettura” ha incontrato con Alessandro Ferroni durante una giornata delle prove dello spettacolo —. Conservo ancora, ero bambina, il ricordo epico dell’opera di Eschilo messa in scena, dal tramonto all’alba, da Peter
Stein al Teatro Romano di Ostia Antica. In questa tragedia ogni personaggio ha le sue insopportabili ragioni e le sue passioni. Con Alessandro ci interessava indagare la legge del Padre e il corpo della Madre; e una figliolanza, prigioniera del cerchio chiuso del sangue e delle azioni di chi l’ha preceduta». Riflette Ferroni: «Questo lavoro nasce da una “insopportazione” violenta legata a Oreste e Elettra, figli eterni, figli per sempre. Volevamo provare a mettere a fuoco la loro eredità per le generazioni a venire: da questa considerazione siamo partiti».
«Per anni mi avete divorata/ amami accudiscimi consolami/ conservami perdonami accarezzami/ ama me perdona me salva me/ io non vi voglio più» dice questa madre. Chiama i suoi figli «bambini mostruosi assassini», di loro dice «avrei voluto non avervi amati/ avrei voluto non avervi fatti». «Se c’è un “luogo” dove un po’ tutti abbiamo messo il cuore è nell’arco di Clitennestra — racconta Ferlazzo Natoli —, uccide il marito perché per vincere una guerra ha mandato a morte la figlia da lei più amata, Ines/Ifigenia. Con Alessandro e Fabrizio abbiamo immaginato una storia tutta italiana in cui il padre abbandona la figlia agli abusi di un potere costituito». Ogni figlio in questa tragedia ha una sua agenda, difende, inevitabilmente, qualcosa. Elettra il corpo e la memoria del padre, Oreste un potere «domestico», Mia/Crisotemide sé stessa. «Siamo arrivati a questo testo, scritto in un endecasillabo mobile e modernissimo — interviene Ferroni — grazie al talento drammaturgico e alla porosità di Fabrizio che ha fatto proprie le nostre riflessioni. Una creazione condivisa che sentiamo come un grande regalo che Ert ci ha messo tra le mani proprio in questo tempo storico. Alcune caratteristiche dei personaggi — la madre, Elettra, Oreste — vengono da esperienze della famiglia di Lisa, che Fabrizio ha usato con grande sensibilità».
Ancora la famiglia. Le sue tensioni, le sue violenze, le insidie del linguaggio. Ferlazzo Natoli: «I luoghi senza scampo sono al centro delle esplorazioni di lacasadargilla, il nostro gruppo di lavoro. La famiglia è il ring più piccolo dove si impara a lottare per combattere e modificarsi nel grande quadrato del mondo». «Oggi abbiamo scelto Elettra — sottolinea Ferroni — proprio perché è un ciclo chiuso, senza mondo, che rifiuta e cancella il mondo. Tra la furia di Elettra nel