Corriere della Sera - La Lettura

Intrecci di popoli

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I giovani jazzisti alla ricerca di nuove combinazio­ni sonore ci sono sempre. Il contrabbas­sista Andrea Grossi, classe 1992, lo dimostra con la sua Blend Orchestra: dodici musicisti, otto fiati (dall’oboe alla tuba) e quattro ritmi, impegnati in Four Winds (inciso per l’impavida etichetta We Insist!) in un’ampia suite che usa la rosa dei venti per raccontare i più attuali intrecci di popoli. E gli strumenti esprimono questi intrecci.

di quando aveva aperto la porta. Ho già trasformat­o questa stanza nella sua casa, pensò, sapendo che non gli avrebbe mai raccontato la paura che aveva avuto mentre era via, che potesse essergli successo qualcosa.

«Ho dovuto camminare un bel po’ per trovare una copia del “New York Times”. Lo volevo per le offerte di lavoro». Sorrise mentre si sedeva al tavolino da bridge, attento a non urtare le gambe sottili. «E sai, Lei, il tizio del negozio di alimentari non sapeva che cosa intendessi per latte dolce. Ha detto: “Cosa?”». A.J. allungò il collo verso Elspeth per farla ridere.

«Oh davvero!», Leila rise, socchiuden­do gli occhi e voltando la testa, come faceva spesso quando era divertita, ma ora soprattutt­o perché A.J. si aspettava che lei fosse divertita.

«Alla fine, ha capito che volevo del latte, ma mi ha detto che non aveva nessun latte dolce. “Allora mi dia un po’ di latticello”, ho detto. “Non abbiamo neanche il latticello”». A.J. prese un pezzo di pane tostato, ridendo, ma con un’ombra negli occhi azzurri. Ricordava le tre persone che erano entrate nel negozio dopo di lui, i sorrisi impazienti che si erano scambiati durante la sua strana conversazi­one con l’uomo dietro al banco, si era reso conto di parlare una lingua molto diversa dalla loro. «Comunque», concluse, arrossendo un po’, perché non aveva fatto ridere Leila ed Ellie quanto aveva sperato, «non c’è latte dolce a New York. Solo latte o latticello».

Elspeth si sforzò di ridere per la prima volta. «Divertente», disse. E all’improvviso sembrò adulta, perché l’aveva detto solo per essere gentile, sapendo che, nel negozio, suo padre aveva provato la stessa paura che lei e sua madre avevano provato qui, nella stanza. Elspeth era imbarazzat­a. Voleva chinare la testa, alzarsi da tavola e correre fuori. Ma qui non poteva correre fuori.

«Mamma, posso avere un po’ di caffè?», chiese impertinen­te.

«Certo che puoi, tesoro!». Sua madre sorrise ed Elspeth guardò la tazza riempirsi sopra la metà mentre sua madre e suo padre parlavano.

Elspeth versò la panna nel caffè da una bottigliet­ta a forma di bottiglia del latte e la osservò mentre si mescolava in un piccolo vortice, rendendo il suo caffè prima marrone, poi nocciola. Lentamente e con cautela ci mise tre cucchiaini da tè di zucchero, aspettando­si a ogni secondo di essere richiamata. Ma nessuno l’aveva notato. Elspeth mescolò a lungo, poi iniziò a sorseggiar­e, ma improvvisa­mente la sua bocca si contorse in modo da non poterla adattare alla tazza. Iniziò a piangere, versando il caffè mentre cercava di posare la tazza.

«Elspeth!».

«Che succede, Ellie?».

Elspeth piegò la testa sempre più giù. Non sapeva esattament­e cosa stesse succedendo. Forse tutto. Non

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