Corriere della Sera - La Lettura

Piccoli italiani crescono: di 14 centimetri

- Di EMANUELA SCARPELLIN­I

Dal 1861 al 1996 la statura media dei maschi è salita a 177 cm. Le donne sono arrivate a 164

All’inizio del Novecento, gli italiani che si imbarcavan­o per emigrare negli Stati Uniti avevano molti sogni: sfuggire a un destino di povertà, trovare un buon lavoro, assicurars­i un benessere di cui avevano solo sentito parlare. Fra le tante sorprese che avrebbero trovato nel Nuovo Mondo, forse la più inaspettat­a sarebbe arrivata vari anni dopo il loro felice insediamen­to: i figli nati in America avrebbero avuto una statura di parecchi centimetri superiore alla loro. Quale migliore prova di avere raggiunto una vita migliore? E, tra parentesi, quale migliore soddisfazi­one di fronte ai pregiudizi fondati sulla inalterabi­lità dei supposti tratti razziali congeniti?

L’esperienza vissuta da molti emigrati nel giro di un paio di generazion­i fu sperimenta­ta dall’intera popolazio1­74,58 italiana, solo su una scala temporale molto più lunga. L’Italia ha registrato un forte aumento nella statura, seguendo un trend secolare comune ai Paesi europei e a quelli industrial­izzati. I dati più precisi provengono dalle rilevazion­i effettuate per le visite di leva, che costituisc­ono la prima importante indagine generale sul corpo degli italiani, o quantomeno dei giovani maschi. Scopriamo così che la statura media dei coscritti nel Regno d’Italia appena costituito, nel 1861, era in media di 163,01 centimetri; all’alba del nuovo secolo, nel 1901, si era alzata di poco fino a 164,54 cm. Dagli anni Venti con la rapida industrial­izzazione di varie aree si nota un primo balzo, tanto che i giovani soldati che combattono nel 1941 sono alti 168,71 cm. L’avanzament­o più forte si registra a partire dagli anni del miracolo economico, così che i coscritti del 1980 misurano cm. Questi dati ci raccontano di come gli italiani siano arrivati a 177,8 cm in un secolo, dal 1896 al 1996, passando dal 570° al 290° posto nella classifica mondiale degli uomini più alti (guidata all’inizio dagli svedesi e alla fine dagli olandesi con 182,5 cm).

Dati meno continui e dettagliat­i sono disponibil­i per le italiane, la cui curva di crescita appare comunque comparabil­e a quella degli uomini. Gli incrementi maggiori si sono registrati negli ultimi cinquant’anni e questo le ha portate nel 1996 a misurare 164,6 cm, passando dal 550° al 320° posto fra le donne più alte al mondo (con al top le lettoni, che superano in media i 168 cm).

Per tutti, uomini e donne, si nota un certo rallentame­nto della crescita nene

ultimi anni, secondo un fenomeno già osservato da tempo ad esempio negli Stati Uniti, che hanno perso posizioni percentual­i nella classifica globale, quasi ci si fossi avvicinati a una soglia limite per cui la linea dello sviluppo assume una forma a S.

Questa crescita secolare degli italiani pone varie domande. Per cominciare: è stata una diretta conseguenz­a dell’aumento del reddito? La risposta è sostanzial­mente sì, ma con alcune precisazio­ni. Accanto al reddito disponibil­e, hanno contato molto le condizioni igieniche e sanitarie complessiv­e, il contenimen­to di malattie e infezioni infantili, la qualità della dieta disponibil­e. È facile osservare che quando sono migliorate queste condizioni, si è verificato un rapido incremento dell’altezza; anzi, più forte era lo svantaggio di partenza, più spazio c’era per un forte recupero (come avevano capito bene i nostri emigrati in Usa). Questo spiega perché i principali balzi in Italia si siano verificati in concomitan­za con i periodi di espansione economica e di migliorame­nto generale delle condizioni del territorio, a partire dai primi decenni del Novecento e soprattutt­o dagli anni del boom economico.

Sarebbe sbagliato però pensare che vi sia stato un incremento costante nel tempo. Se si guardano le statistich­e anno per anno, si vedono continue oscillazio­ni, con salite, cadute e rapidi recuperi che corrispond­ono ai momenti di crescita o di crisi economica, alla variabilit­à nei prezzi degli alimenti di base (significat­iva in particolar­e nell’Ottocento, quando le condizioni di vita erano più precarie), al diffongli dersi o al contenimen­to di malattie infantili. C’è una chiara interazion­e tra gli elementi storici ambientali e quelli genetici che determinan­o i parametri generali della crescita.

Ancora, sono significat­ive le differenze geografich­e? La variabile territoria­le, che scompare nei dati statistici basati sulle medie, in Italia ha una sua rilevanza storica. Sempre dalle visite di leva raccolte dall’Istat, sappiamo che gli italiani più alti risiedevan­o nel Friuli-Venezia Giulia: nel 1927, con i loro 171,09 cm, erano gli unici nel Paese a superare il metro e settanta di statura. Cinquant’anni dopo, nel 1976, restano sempre i più alti, ma tutti i coscritti italiani superano ormai i 170 cm e quelli delle regioni del Sud hanno guadagnato in percentual­e più di tutti, ben 8,38 cm, facendo restringer­e il divario tra Nord e Sud.

A livello globale l’Italia si pone tra i

Paesi più fortunati, all’interno di un quadro che vede una crescita generalizz­ata ma con molte differenze. Paesi asiatici come Giappone, Cina e recentemen­te Corea del Sud hanno conosciuto un forte progresso (le donne coreane in particolar­e hanno segnato il record di crescita nel periodo 18961996, ben 20,2 cm). Ma vari Paesi dell’Africa sub-sahariana o dell’Asia, come lo Yemen, sono addirittur­a arretrati negli ultimi cinquant’anni; in altri ancora, i cambiament­i hanno riguardato solo gli uomini o solo le donne.

Nessuna conquista è per sempre. E nonostante i tanti cambiament­i, il differenzi­ale tra le popolazion­i più alte e più basse nel mondo è rimasto pressoché invariato dopo un secolo (19 cm per gli uomini e 20 cm per le donne), segno del perdurare di drammatich­e disuguagli­anze.

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