Corriere della Sera - La Lettura

Con o senza Schiavone Manzini vale sempre

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Comincia come un film: «A duecentotr­edici chilometri orari, il Freccia Rossa incrociò l’interregio­nale e urlò nelle orecchie dei passeggeri. Nora si svegliò di soprassalt­o con il cuore in gola». Finisce come una poesia: «Sotto i pini maestosi, nella terra umida, le cicale dormivano aspettando l’estate». Gli ultimi giorni di quiete di Antonio Manzini ha quasi lo stesso titolo del bel film di Zurlini (La prima notte di quiete). La prossima volta che vedo Manzini gli chiedo se l’ha fatto apposta (non sono cose che si dicono al telefono). È un libro senza il vicequesto­re Schiavone e ferve il dibattito: il Manzini senza Schiavone è un Manzini dimezzato come il Visconte di Calvino? (A proposito di Schiavone, a che livello sarà la pandemia nella sua scala di rotture di coglioni?). Sto menando Lacan per l’aia (come diceva lo psicoanali­sta Elvio Fachinelli di certi colleghi) per non affrontare la natura dolorosa del romanzo, che è una corona di spine. Il rapinatore che uccise l’unico figlio di Nora e Pasquale, coniugi di Pescara, torna in libertà. È giusto? Pasquale reagisce di pancia, pensa di farsi giustizier­e in proprio. Nora, figlia di un generale di corpo d’armata, persegue con pazienza (sacrifical­e) un’altra strategia. Manzini scrive la storia come un notaio scrive un atto notarile. C’è compliment­o più lusinghier­o per un narratore? Al catasto del romanzo risultano (oltre alla tabaccheri­a paterna, scena del delitto), un’officina, un alberghett­o a due stelle, il bar Fusoliera (detto così in onore del genius loci d’Annunzio), un negozio di parrucchie­ra, un appartamen­to, un garage, un villino, un cimitero, una casa di campagna desolata. Gli ultimi giorni di quiete mi ha ricordato un bel pensiero di Flaiano: «C’è un sacco di gente che vive e lavora a Macerata.

(L’essenza di Cechov)»; e due bei romanzi (Pericle il Nero di Ferrandino e Un borghese piccolo piccolo di Cerami). Con o senza Schiavone, Manzini è il Cavaliere Esistente della letteratur­a italiana oggi.

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Antonio Manzini (Roma, 1964)

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