Corriere della Sera - La Lettura
SUONA LA VIOLA DI CASA BACH
In casa sua, a Lipsia, Bach teneva tre viole. Amava in modo speciale questo strumento dalla voce vellutata, che non svetta come il violino, non sostiene dal basso, ma fluisce nel mezzo. E da qui «vede» tutto: le fondamenta e le volte della cattedrale. Così almeno racconta nel 1802 il biografo Forkel: «A Bach piaceva suonare la viola», perché così «si trovava, come dire, al centro dell’armonia, che poteva ascoltare e godere meglio da entrambi i lati».
Nel centro della scrittura bachiana ci riporta oggi la viola mirabile di Francesco Fiore che, con Riccardo Doni all’organo, ha inciso in modo inedito, in un Cd «Musica viva», le Sonate a tre BWV 525-530 (più il Trio BWV 583), di solito eseguite al solo organo o per flauto e cembalo o per ensemble: qui invece la viola intona la seconda voce, l’organo la prima e il basso al pedale. Prima e seconda voce, fortemente paritetiche e dialogiche, condotte in favolosi procedimenti fugati, in questa incisione si distanziano molto, per timbro e volumi. La registrazione dell’organo pareggia spesso i conti, come negli irresistibili giochi di imitazione del Vivace in sol maggiore o nel nerbo severo dei finali come Un poc’allegro in mi minore. Qua e là, l’equilibrio percettivo viene meno (i tempi lenti delle Sonate 1, 5 e 6), come in una Sonata per viola e basso continuo. In entrambi i casi, la viola di Fiore, suono magnifico per precisione e ardore, genera un cambio di prospettiva. Invitati a casa Bach, «vediamo» la sua polifonia dall’interno: come piaceva a lui.