Corriere della Sera - La Lettura
Tre urla sul palco di Napoli
Il Nazionale, sotto la regia di Roberto Andò, ha creato un riconoscimento per under 35 riservato a compagnie campane. Hanno partecipato in 69. Ecco i vincitori
La Campania e Napoli sono sempre state terre di giganti drammaturgici, attoriali, registici, fucina di avanguardie, costantemente attraversate da voci e melodie carcerarie, plebee, ritualità liturgica e cruda provocazione, l’alto e il basso. Meritoriamente il Teatro di Napoli–Teatro Nazionale diretto da Roberto Andò ha creato il «Premio Leo de Berardinis under 35» a sostegno di giovani compagnie e artisti campani, intitolato a uno dei maggiori protagonisti, nato a Salerno, del teatro della seconda metà del Novecento, maestro per stile e ricerca.
La giuria — composta da Roberto Andò, la scrittrice Viola Ardone, il direttore operativo del teatro Mimmo Basso, lo scrittore Maurizio Braucci, l’autrice Ippolita di Majo e il regista Davide Iodice — su 69 progetti-spettacolo di 10 minuti ne ha scelti 3: Caini (prima foto da sinistra), drammaturgia e regia di Mario De Masi, presentato dalla compagnia I Pesci; Occidente di Dario Postiglione, regia di Giuseppe Maria Martino del Collettivo BEstand (al centro) e ()pera didascalica (con le parentesi al posto della O, simbolo preso in prestito dalla matematica a indicare il vuoto dei teatri; qui accanto), di Alessandro Paschitto. Riceveranno un contributo fino a 30 mila euro ciascuno, e il tutoraggio produttivo del Teatro di Napoli. Menzione speciale a Under
the influence, drammaturgia e regia di Gianmaria Borzillo.
Iniziativa valida e costruttiva in un momento di difficoltà che la pandemia ha aggravato, anche se — precisa Mario De Masi — «fare teatro è problematico sempre e ovunque se sei una compagnia indipendente. Sarebbe bello se si creasse una rete tra i soggetti regionali». Aggiunge Giuseppe Maria Martino: «Che cosa significa fare teatro oggi e farlo in Campania? Vale la pena notare che il “Leo de Berardinis” è il primo bando di produzione aperto a giovani artisti promosso da un Teatro Nazionale. Qui esistono persone e realtà di grande spessore professionale e umano, che resistono malgrado un contesto di politica culturale se non del tutto ostile, poco lungimirante». Alessandro Paschitto sottolinea che per tutte le compagnie «indie» i problemi nascono innanzitutto dal fatto che «non si possiede uno spazio di lavoro. Siamo costretti a un nomadismo costante, spesso tra città diverse, lavorando a titolo gratuito per lungo tempo pur di realizzare un progetto da presentare per improbabili debutti».
Da tutti i lavori emerge prepotente l’affermazione, sempre venata di ironia, di esserci mentre intorno regna solo la mancanza, di persone e prospettive. La difficoltà del rappresentare diventa la difficoltà di esistere in ()pera didascalica di Alessandro Paschitto. Mancanza di verità e di rapporti che non siano illusori e sfalsati in famiglia, misterioso coacervo di impedimenti e solitudini, percorre Caini di Mario De Masi. Di nuovo mancanza tra ombre di ricordi, sotto cieli di cenere in un futuro distopico, come in Occidente di Dario Postiglione portato in scena da Giuseppe Maria Martino.
E le aspettative e la ricerca espressiva? A Mario De Masi e al gruppo I Pesci «interessa raccontare i segreti intimi dello spirito umano. I pesci vanno in profondità a sondare un fondale remoto dove spesso non arrivano neanche i raggi del sole. Cerchiamo di muoverci in quella dimensione, in quell’abisso, talvolta brancolando». Per Giuseppe Maria Martino e il collettivo BEstand «l’esigenza che ci tiene in sala e ci costringe a continuare è legata a una ricerca della verità, una verità mutevole, viva, che si dà nel momento della relazione. Quindi cercare nuove possibilità di relazione». È il «rovesciamento dello sguardo» da perseguire per Alessandro Paschitto, «abbandonare il meccanismo classico di rappresentazione, in cui io spettatore mi rispecchio in ciò che mi viene mostrato, nella finzione. Faccio l’imitazione di un’imitazione. Questa dinamica, come ogni narrazione, è uno strumento di controllo». Come sempre il teatro ha occhi spalancati sul domani.