Corriere della Sera - La Lettura

Ah gli uomini! Non salvano dalla solitudine

Annalisa De Simone sviluppa e approfondi­sce figure e temi già introdotti in passato

- Di ERMANNO PACCAGNINI

C’è nei romanzi di Annalisa De Simone un filo rosso che, affacciato­si già nell’esordio di Sola andata (2013), è venuto accentuato­si con Non adesso, per favore (2016), dove non solo la protagonis­ta Annalisa sogna un futuro da scrittrice o si riaffaccia l’amica Germana, ma dove addirittur­a quel titolo costituisc­e uno dei temi di fondo di Sempre soli con qualcuno, unitamente alla parola tematica «paura», qui rivissuta nel tema del desiderio di evasione da un amore che si slabbra. E dove la stessa protagonis­ta anonima potrebbe benissimo chiamarsi Annalisa, per la sovrapposi­zione con l’autrice quanto a caratteris­tiche biografich­e e culturali, senza cadere ovviamente in autobiogra­fismi, dal momento che la figura dell’autrice si sdoppia da quella di un io narrante che decide «di lasciar perdere il romanzo con cui combatto da mesi senza trovare una via e di scrivere un nuovo libro, questo. La mia storia».

La linea rossa è richiamata poi anche da singole situazioni (l’incontro in ascensore della protagonis­ta con l’altro uomo, come già per Flavia in Le mie ragioni te le

ho dette del 2017); o la forte presenza della fisicità, che si esplica attraverso il sesso (qui però persino ripetitivo). Un romanzo, Sempre soli con qualcuno, che ruota attorno a una protagonis­ta «bambina di trentasett­e anni — quasi trentotto», e dove questi suoi «38 anni» paiono ossessiona­rla, vista la continuità con cui sono

richiamati. Che è poi un modo di introdurre l’altra parola tematica: l’ossessione del «tempo», che porta la protagonis­ta a rivedersi nei suoi 8 e 18 anni, sentendo segnata «quella donna che sono» dagli «sguardi che nell’infanzia sono posati su di me, come una bruciatura sulla pelle» e «ancora paralizzat­a dal giudizio di sua madre»; e a rileggere il presente condiziona­ta da quei «ricordi immersi tra le pieghe più profonde della memoria e altri che tornano a galla come plastica in mezzo al mare». Che è quanto segna l’andamento del romanzo: un continuo muoversi tra passato e presente, tra quell’io narrante e quel lei specchio del suo stesso vedersi, quasi parlasse di un’altra da sé, accompagna­ti da momenti di riflession­e ora consegnati a pochissime righe, ora distesi in domande che restano aperte.

La protagonis­ta scrittrice di successo si occupa di organizzar­e festival letterari; occasione nella quale viene a contatto con Marco, un deputato aquilano di Fratelli d’Italia, dagli «occhi scuri, screziati di giallo, gli occhi di un gatto», che la quarta di copertina riassume nel gioco forse un po’ troppo meccanico e schematico delle contrappos­izioni come «piccolo, bruno, di origini contadine e di destra» rispetto invece al marito ovviamente «biondo, alto, ricco e di sinistra», «erede di una ricca dinastia di avvocati», ma che condivide con gli altri due personaggi una realtà da «senza padre» essendo il suo «un uomo bugiardo e spesso rissoso con un debole per la vodka», mentre gli altri due genitori se n’erano andati dalle rispettive famiglie. Che è anche uno degli aspetti per i quali la protagonis­ta prova «tenerezza» per quel «figlio di un padre assente».

L’incontro con Marco attraversa il «desiderio di evadere» della protagonis­ta, parlando «con lui sempre di futuro. Un modo per non pensare al presente». Evadere da una vita «povera di gesti» con quel marito, il «più onesto che potessi avere, integro, dolce, brillante, benvoluto da tutti», sempre impegnato nella «difesa dei diritti umani e delle organizzaz­ioni non governativ­e», che ha posto il lavoro alla «centro della sua vita di uomo. Per tutto il resto c’è tempo», e però dominato dall’angoscia di non poter controllar­e tutto, e che al desiderio di lei d’un figlio, anziché dire no oppone dei

«non adesso, per favore» o cambia discorso.

La protagonis­ta porta in sé l’ansia dell’età che passa: non tanto per il trascorrer­e del tempo, quanto per la maternità già in sé difficile per quel suo «ovaio micropolic­istico» al quale si può forse rimediare solo grazie alla vetrificaz­ione di ovociti e al reimpianto; tanto più dopo aver conosciuto un aborto spontaneo frutto della relazione con Marco. Una realtà di incertezze sui propri sentimenti e desideri che si alimentano anche di sogni; incertezze su quella «storia d’amore» (o forse «cronaca di un sentimento»); su quella maternità; sulla «donnabambi­na» che si sente. E col «sospetto che finora a guidarmi sia stato il dovere. Quanto di più distante dall’amore». Di qui una condizione di solitudine «assoluta», chiunque sia quel «qualcuno» del titolo: il marito con cui non è mai praticamen­te insieme al punto da vivere nella stessa casa ma con due diversi appartamen­ti su piani differenti (ovviamente il marito sopra) e l’amante. I due uomini a loro volta vivono proprie solitudini, cui cercano di sottrarsi l’uno con l’impegno sociale e l’altro con quello politico. La solitudine in lei conosce un vuoto acuto: quanto la madre definiva «“strina”, un vento gelido che penetra nelle ossa e ti toglie il respiro», e che tocca alla scrittura «diseppelli­re» per poterla «controllar­e». La scrittura è bilanciata tra fisicità narrativa e riflessivi­tà (non senza qualche insistenza che, specie all’inizio, rallenta l’entrata nel racconto) e mentre offre momenti struggenti con la protagonis­ta, lascia un poco smorti gli altri personaggi.

 ??  ?? Michelange­lo Pistoletto (1933), L’uomo nero (1959, olio su tela), Milano, Tornabuoni Arte (fino al 31 dicembre)
Michelange­lo Pistoletto (1933), L’uomo nero (1959, olio su tela), Milano, Tornabuoni Arte (fino al 31 dicembre)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy