Corriere della Sera - La Lettura

L’inferno di King è il paradiso dei lettori

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Jamie Conklin è un all american boy, erede di Tom Sawyer, Huck Finn e Holden Caulfield. Beve Kool-Aid, non mangia broccoli. Vive a Park Avenue con la madre, agente letteraria. Di spe- ciale ha che vede la gente morta. E ci parla anche (solo Dante c’è riuscito così bene prima di lui). I morti sono quasi uguali ai vivi con la differenza che portano sempre gli stessi vestiti (quelli indossati al momento della dipartita) e sono obbligati a dire la verità. Il superpoter­e di Jamie potreb- be far gola a molti, magari malintenzi­onati. E, infatti, si comincerà a ballare. Una danza macabra. Più o meno da quando ero un ragazzo anche io (e amavo i Beatles e i Rolling Stones), penso che Stephen King (Jamie è l’eroe di Later, suo nuovo romanzo) sia uno dei massimi scrittori di sempre. Sul suo impero narrativo non tramonta mai il sole. In Later King stabilisce una serie di record. Quello per la migliore descrizion­e di un ictus: «Mi sa che l’ictus era già in corso, a quel punto. I miei pensieri annegavano nel sangue». Quello per il migliore ritratto di scrit- tore popolare. Finora la palma andava a Pedro Camacho (Vargas Llosa, La zia Julia e lo scribac- chino). Ora lo sfida Regis Thomas. Così Jamie racconta il modus operandi di Thomas (i grandi autori popolari sono come i serial killer, tendono a comportars­i sempre uguale): «C’erano parecchie avventure, un bel po’ di scene spaventose, la caccia a un tesoro sepolto, e una bella e robusta quantità del buon vecchio S-E-S-S-O. Appresi più cose sul vero significat­o del numero sessantano­ve in quel libro di quante probabilme­nte dovesse conoscerne un bambino di otto anni». La madre così spiega a Jamie il successo di Thomas: «Le donne adorano tutti quei cuori che battono all’impazzata, e quelle cosce torride». La storia di Jamie somiglia a un romanzo di Dickens, «ma con un bel po’ di parolacce». Ottima definizion­e, forse conclusiva, dell’arte kinghiana, il nostro inviato all’Inferno con i colleghi Alighieri e Rimbaud. Il voto è, naturalmen­te, infinito.

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Stephen King (Port- land, Maine, 1947)

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