Corriere della Sera - La Lettura
LE PICCOLE DIVINITÀ PER I PICCOLI ROMANI
Talvolta contributi significativi alla storia della cultura si annidano nelle pieghe involontarie di complessi sistemi di pensiero: capita ad esempio che Sant’Agostino, nel grande affresco della Civitas Dei , ci racconti, in modo dettagliato e con tono oscillante tra ironia e derisione, che il Pantheon romano era caratterizzato, oltre che dai più noti dodici dèi, da una costellazione numerosa di dèi minuti, divinità preposte a singoli momenti della vita e dell’attività umana. Ancora paradossalmente a un altro autore cristiano, Tertulliano, dobbiamo in particolare preziose notizie su forme di tutela (divina) della natalità presso gli antichi Romani: in una società che registrava un tasso molto elevato di mortalità infantile (e quindi, forse proprio per questo motivo), era stato sacralizzato ogni momento della vita del bambino — nonché della madre — già a partire dal momento del concepimento.
«Una potenza divina regola ogni cosa nel momento della fecondazione nell’utero, nel concepimento e nella procreazione di un essere umano, come un’aiutante, scelta per detenere il potere su qualunque sia la sua provincia». Tertulliano continua informandoci sul fatto che la superstitio romana immaginò l’esistenza della dea Alemona (dal verbo alere=nutrire), che nutriva il feto nell’utero, poi di Nona e Decima, che proteggevano i mesi più difficili della gravidanza, e ancora di Partula, che governava il parto, e Lucina, che aiutava a venire alla luce. Ma questo era solo l’inizio.
La vita del bambino, una volta venuto al mondo, era costellata di altri tutori divini: mentre Rumina garantiva alla mamma un buon allattamento, Vitumnus e Sentinus infondevano vitalità e sensibilità al neonato, Cunina lo cullava, Vaticanus gli apriva la bocca nel primo vagito, Potina ed Educa lo assistevano mentre beveva e mangiava, Fabulinus (o Farinus) lo proteggeva nell’importantissimo atto del fari, cioè dell’esprimere la prima parola dotata di senso. Veniva quindi il momento di iniziare a camminare, prima gattonando (ed ecco la protezione di Adeona e Abeona, sul bambino che si muove in avanti e all’indietro), poi finalmente alzandosi per la prima volta in piedi, grazie all’intervento del dio Statilinus. Anche allora i figli (e forse, assai prima di quanto accade nell’ambito di molte nostre famiglie, dove sono spesso indotti da forze centripete a restare nel nido) uscivano di casa — sotto la guida di Iterduca — e vi potevano tornare, accompagnati da Domiduca.
Si trattasse pure di divinità minute, o di rappresentazioni di categorie cognitive, queste avevano comunque una forza di tutela che nella nostra cultura sbiadisce sotto l’abbaglio dei diritti, anche quello — pur rispettabilissimo — di non mettere al mondo figli, in un contesto sociale che spesso non li garantisce e si dedica piuttosto alla loro iperprotezione in forme quantomeno discutibili.
Ma il rischio è che la nostra società si ritrovi, in un tempo non troppo lontano, sotto il potere di Angerona, la divinità il cui nome è legato alla radice di angor, anxius e, naturalmente, angoscia. Quella che nasce dalla fatica di intravedere l’alba di un futuro dopo di noi.