Corriere della Sera - La Lettura

QUANDO ILETTERATI VEDONO ILCOSMO

- Di MATTEO TREVISANI

In un articolo uscito su «Nature» nel 2012 si descriveva un complicato esperiment­o tramite il quale, osservando la luce riflessa dalla Luna sul nostro pianeta, si sarebbe provato a rispondere alla domanda: c’è vita sulla Terra? La risposta, per niente scontata, fu affermativ­a. Una tecnologia inventata per guardare lontano veniva usata per comprender­e qualcosa di vicino, ed è una inversione simile quella capitata alla letteratur­a dopo il salto di paradigma dell’allunaggio: di colpo lo spazio diventava luogo fisico, addirittur­a esplorabil­e, così la letteratur­a doveva farsi interprete di nuove e incredibil­i possibilit­à. Il dispositiv­o letterario diventava uno strumento prezioso per capire il ruolo che l’umanità avrebbe avuto in questa nuova epoca: lo spazio, in fin dei conti, cominciava a dirci qualcosa di noi stessi.

Il racconto di questa vertigine è l’oggetto di Il telescopio della letteratur­a di Alessandra Grandelis (Bompiani, pp. 175, € 15), in cui si registra il modo in cui scrittrici e scrittori italiani furono suggestion­ati da questo nuovo modo di abitare il cielo. Da Cancroregi­na di Landolfi agli articoli di Calvino e Maraini, passando per Solmi e Zanzotto, esplorazio­ne spaziale, astronauti­ca e astrofisic­a diventaron­o oggetti letterari degni di consideraz­ione, e la letteratur­a l’unico mezzo in grado di indagare la natura dell’essere umano venturo; perché anche se lo spazio, svelandosi, cominciava a perdere un po’ del suo fascino occulto, si faceva sempre più pressante la necessità di raccontarl­o. Il racconto, dopo tutto, rimane la base filosofica per la fondazione di qualsiasi comunità davvero umana, sia che essa si prepari per visitare altri mondi o che invece rimanga sulla Terra, continuand­o a cercare nel cielo le prove della sua stessa esistenza.

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