Corriere della Sera - La Lettura

Viaggiare su Marte? Attenti agli enormi pericoli

- Di GIUSEPPE GALLETTA

I peggiori ostacoli: raggi cosmici e assenza di gravità

Quando nel 1969 due esseri umani atterraron­o sulla Luna, sembrava l’inizio di una nuova era di esplorazio­ne, in cui presto avremmo viaggiato verso le stelle. Si dava per scontato che l’esplorazio­ne spaziale sarebbe stata veloce e inarrestab­ile, come la diffusione dell’Homo sapiens sul nostro pianeta. Invece, a mano a mano che gli studi sui veicoli spaziali procedono, che si scoprono migliaia di pianeti nella galassia, oceani sotterrane­i nel sistema solare, ci si rende conto che questa esplorazio­ne da fantascien­za forse non partirà mai.

Cinquant’anni di studi fatti sulle stazioni orbitanti hanno mostrato che nello spazio gli esseri umani si trovano in una condizione che danneggia gravemente il loro organismo. Una prima fonte di pericolo è rappresent­ata dalle particelle cosmiche, emesse dal Sole e dall’esplosione di stelle nella galassia. Sulla Terra siamo difesi dal campo magnetico che le intrappola nelle Fasce di Van Allen, evitando alle cellule viventi malattie e mutazioni genetiche. Ma viaggiando nello spazio, l’esposizion­e cresce con il tempo. Se occorrono alcuni mesi per raggiunger­e Marte con un’astronave attuale, si ha un’alta probabilit­à di insorgenza di tumori. Nessun essere cosciente affrontere­bbe un viaggio sapendo di non sopravvive­re o di tornare gravemente ammalato. Si stanno studiando «scudi magnetici», ma la loro dimensione aumentereb­be molto la massa del veicolo da lanciare, con costi proporzion­almente alti in termini di energia.

Si è scoperto inoltre che l’assenza di gravità nello spazio crea effetti a lungo termine altrettant­o gravi. Per miliardi di anni piante e animali si sono adattati a una forza che determina l’alto e il basso. La struttura scheletric­a e l’apparato muscolare servono a vincere il proprio peso; le radici e le foglie delle piante si orientano in base alla direzione del centro di gravità; i pesci nuotano sfruttando il principio di Archimede, con la spinta idrostatic­a verso l’alto; persino animali e piante microscopi­che dipendono da essa. Sulla Luna la gravità è il 17 per cento rispetto a quella terrestre, su Marte il 38. Sulla stazione spaziale il bilanciame­nto tra la forza di gravità terrestre e quella centrifuga dell’orbita è un milionesim­o rispetto al suolo.

Gli effetti immediati di questa assenza sono sintomi simili al mal di mare (mal di spazio) e, a lungo andare, atrofia dei muscoli, osteoporos­i, e così via, alla cui base c’è uno stress ossidativo che agisce a livello cellulare sui mitocondri. Il loro malfunzion­amento per effetto dello stress spaziale (particelle cosmiche, diffusione dei liquidi in microgravi­tà) si ripercuote su tutto l’organismo: muscoli, ossa, cuore. All’inizio il fegato compensa i problemi, poi non riesce più a regolarne le funzioni. Nel caso di due gemelli studiati, quello rimasto nello spazio per un anno mostrava segni di invecchiam­ento maggiori di quello rimasto sulla Terra. Questi effetti non sembrano essere completame­nte compensati né dall’attività fisica né dalla dieta alimentare. Vivere a lungo su un pianeta a gravità diversa, anche se schermati dalle particelle cosmiche in basi sotterrane­e, produrrebb­e danni a lungo periodo sui «colonizzat­ori». Anche la riproduzio­ne animale appare alterata. Tutti gli animali che si riproducon­o per uova, in assenza di gravità, possono perdere l’asse di simmetria da cui si genera la spina dorsale, con embrioni malformati. Lo stress ossidativo, causato sulla Terra da inquinamen­to o ansia, induce problemi alla fertilità e può rendere impossibil­e allevare animali e generare una prole.

Potrebbe darsi che anche in presenza di una forza di gravità inferiore, come su Marte e sulla Luna, lo stress da spazio possa impedire la lunga permanenza sul pianeta. Si può riprodurre la forza di gravità su veicoli spaziali ruotanti attraverso la forza centrifuga, ma poi gli esplorator­i non potrebbero restare a lungo sulla superficie di un pianeta o satellite. Avrebbe senso a quel punto creare delle colonie umane permanenti?

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