Corriere della Sera - La Lettura
Se non sai più chi sei chiedi a Bruegel
Alessandro Zaccuri affida a due personaggi bloccati a Bruxelles nel giorno degli attentati del 2016 e a una terza figura una riflessione sul potere delle immagini e della letteratura. Che è poi un’indagine sulla vita stessa
Lo sguardo «I dettagli sono indomabili. Noi vediamo il mondo così, in questo momento, e pensiamo che il mondo sia tutto qui»
Il nuovo romanzo di Alessandro Zaccuri La quercia di Bruegel (Aboca), pubblicato nella collana Il bosco degli scrittori, è un testo che pone al centro della sua riflessione la possibilità di nominare la realtà dopo un trauma.
La storia inizia in medias res con gli attentati di Bruxelles (22 marzo 2016; due all’aeroporto, uno alla stazione, in totale 35 morti) e con il protagonista — un romanziere, che ha dismesso le sue velleità letterarie per dedicarsi alla compilazione di romanzi storici con al centro le vite di pittori — in città per alcuni lavori preparatori sul suo prossimo libro su Bruegel, bloccato in albergo.
Durante questa forzata reclusione conosce e intesse una conversazione, sempre in bilico tra amicizia, gioco e seduzione, con Matilde Rovani, anche lei in città per vedere Bruegel. Matilde è una dottoressa, una neurologa, che sta studiando come le immagini, quelle legate alle opere d’arte in particolare, possano in qualche modo aiutare a delimitare disturbi sofferti dai suoi pazienti.
Negli ultimi tempi la donna è alle prese con il caso di Massimo, manager, che dopo un incidente sulle piste da sci, ha subito profondi danni e disturbi alla percezione sempre più invalidanti. La cura di Matilde pare non sortire nessun effetto, tranne per l’ossessione che Massimo nutre per ogni particolare minuto e persino insignificante di un dipinto di Bruegel, e su questo Matilde sta indagando, perché il dettaglio di quel dipinto può rappresentare per lui la possibilità di trovare il suo posto del mondo.
Questa la trama, che Zaccuri con molta abilità giostra, usando come punto di vista e la voce narrante il romanziere fallito; un’opzione che permette all’autore di rendere questa storia — fortemente metaletteraria — credibile e di intrigante lettura, anche grazie a una lingua ironica e colma di pietas per i suoi personaggi. I tre protagonisti del racconto sono, infatti, per motivi diversi degli sradicati alla ricerca di qualcosa a cui tenersi. Il caso di Massimo è il più evidente: l’incidente gli ha tolto non solo le certezze di uomo d’affari, ma ne ha proprio limitato la sensibilità nel riconoscere lo spazio, il tempo, i luoghi: letteralmente egli non sa dove si trova; non diverso, però, è il caso di Matilde sola a Bruxelles, bisognosa di raccontare la propria storia e le proprie avventure a qualcuno; e infine c’è il romanziere, di cui ignoriamo il nome, ma di cui conosciamo gli pseudonimi sotto i quali si cela, che appunto vive questa sua assenza di identità, impossibilità e smacco di essere riconosciuto come una ferita, come una sensazione malinconica di non essere nessuno in nessun luogo.
Anche il reale e le sue tragedie paiono senza radici, perché vengono narrate sempre in differita dalla televisione o da altri mezzi di comunicazione. Gli episodi de La quercia di Bruegel si succedono o meglio vengono raccontati, perché il romanzo è il racconto del racconto di Matilde, mentre sugli schermi dei telegiornali vengono continuamente mandate in onda le immagini degli attentati. Anche la stessa esperienza del Covid, che chiude il romanzo, sigillando la storia d’amore, la storia di redenzione e di vita tra due diversi disastri della nostra era, viene raccontata in ritardo, quello con cui il romanziere legge l’articolo in cui Matilde porta la sua testimonianza.
Se — come affermato inizialmente — La quercia di Bruegel è un ragionamento sulla nominazione del reale, questi dati narrativi stanno a indicarci una sorta di impasse: l’arte (letteratura, film, dipinti eccetera) non può produrre che della realtà un’immagine differita e sbiadita. Siamo di fronte a una resa dello scrittore e del suo mestiere?
«Be’, diciamo che i dettagli sono indomabili. Riesci a capire? Noi vediamo il mondo così, in questo momento, e pensiamo che il mondo sia tutto qui, che non ci sia altro. Quell’albero, per esempio», risponde Matilde al romanziere e a noi lettori; ciò che vediamo nel mondo è in realtà la relazione che abbiamo con esso, che non esaurisce la realtà e il suo mistero: il dettaglio, la quercia dipinta da Bruegel che Massimo vede e alla quale si aggrappa per rimanere vivo e per avere il suo posto nel mondo, è segno della potenza del raccontare storie in questo mondo, che sta come implodendo in sé stesso, dove ogni uomo si fa più povero di esperienza, di tempo, di vita.
«Per tutto il giorno abbiamo vagato in un paesaggio di rami e rovine, ma ora ritroviamo la strada di casa, riconosciamo una luce, una finestra. Togliamo ogni travestimento, riprendiamo il nostro nome. Siamo soli, siamo salvi». La letteratura è «un lampo, una cosa buona che passa e di cui non conserviamo memoria»; essa si oppone alla «cosa brutta», descritta da David Forster Wallace, e per Zaccuri rappresenta la possibilità di aggrapparsi a un dettaglio, che per quanto fittizio, diventi di vitale importanza, perché «non ci sono segreti da svelare, basta la realtà».