Corriere della Sera - La Lettura
Viaggio psichedelico in Amazzonia
Sebastiano Mauri racconta una presa di coscienza attraverso uno sciamano
Racconta Gail Bradbook, la biofisica inglese fondatrice di «Extinction Rebellion», che l’idea di dare vita a un movimento ecologista le venne durante un’esperienza con l’ayahuasca, il decotto amazzonico a base di Dmt (triptammina): alla sua frustrazione per l’inefficacia dell’attivismo tradizionale, le visioni di unità con il mondo naturale indotte dalla bevanda psichedelica le indicarono la strada per un’azione più diretta. Decise così di radunare dodici amici nell’appartamento londinese dove viveva con i due figli e fondare «XR»: meno di un anno più tardi, i gruppi legati a «Extinction Rebellion» erano 130 nel Regno Unito e presenti in 60 Paesi, con un coinvolgimento attivo di 100 mila persone.
Un possibile legame tra la concezione olistica del mondo indotta dagli psichedelici e lo sviluppo di una forte sensibilità ecologica era già stato intuito negli anni Sessanta dalle ricerche dello psicologo di Harvard Ralph Mentzer, ma sono stati due studi, effettuati nel 2017 e nel 2019 dall’università di Yale e dall’Imperial College, a confermarlo, cosa che ha portato una ventata di ottimismo in un’epoca segnata dallo spettro del collasso climatico. Il romanzo La nuova terra, appena pubblicato da Guanda e firmato dal regista Sebastiano Mauri, non nuovo a incursioni nella letteratura (si ricorderà lo spassoso Goditi il problema, uscito per Rizzoli nel 2012), va quindi a collocarsi al centro dello Zeitgeist.
Vi si racconta la storia di Leone, autore televisivo acuto, orgoglioso e non privo di un certo gusto per lo scetticismo, nella cui interiorità cova però una crisi multiforme, che, convinto dalla sua amata cugina Nur, decide di intraprendere un viaggio nel cuore dell’Amazzonia peruviana per bere, direttamente dalle mani di uno sciamano, il fatidico decotto. Per la sua coscienza occidentale sarà uno shock: la comunione animistica con spiriti, animali, piante, antenati e popoli sconosciuti, nel corso di cerimonie accompagnate da antichi canti, andrà molto oltre le sue aspettative. Certo, finirà per risolvere i suoi problemi interiori — il difficile rapporto con il proprio lavoro, la relazione da tempo bloccata, la propria idea di sé aderente a modelli imposti dall’esterno — ma per la prima volta si renderà conto di come l’essere umano non sia un’isola, ma un nodo in una rete che comprende ogni forma di vita sulla Terra.
Siamo di fronte alla più radicale presa di coscienza di un uomo, che la prima persona contribuisce a far percepire vicino a chi scrive: acquisito un diverso modo di guardare al mondo, Leone deciderà di consacrare la propria vita alla difesa della natura e dei popoli che la custodiscono più da vicino –— poiché, per dirla con Aldous Huxley, «colui che torna dalla breccia nel muro non sarà mai lo stesso di chi era partito: sarà più saggio ma meno presuntuoso, più felice ma meno soddisfatto di sé, più umile nel riconoscere la sua ignoranza eppure meglio attrezzato per capire il rapporto tra parole e cose, tra ragionamento sistematico e Mistero insondabile».