Corriere della Sera - La Lettura
Ecco il volto del faraone Akhenaton
Lo studio dei resti mortali dell’antica popolazione dell’Egitto, in particolare le mummie dell’élite, ha consentito agli studiosi di ricavare informazioni biomediche e antropologiche fondamentali per la comprensione di aspetti di quella civiltà: la salute, la dieta, la pratica dell’imbalsamazione per preservare i corpi dei defunti. Una domanda che ha sempre colpito l’immaginario occidentale quanto eluso la ricerca è stata: quale volto avevano gli antichi Egizi?
In qualità di direttore del Fapab Research Center (Sicilia), ho coordinato un progetto per la ricostruzione delle fattezze del volto appartenente allo scheletro (un tempo mummia) di KV55, rinvenuto nel 1907 e ritenuto essere appartenuto, in seguito ad analisi paleogenetiche (seppure contestate in passato da alcuni studiosi), al padre biologico del faraone Tutankhamon, forse la mummia più celebre dell’antico Egitto. Un ulteriore elemento di interesse per questo scheletro sta nella sua attribuzione al faraone eretico Akhenaton, l’ideatore della rivoluzione monoteistica che sottrasse il potere alla casta sacerdotale, la quale poi riuscì, però, a ricostituire il proprio privilegio. Il problema sta nel fatto che alcuni egittologi pensano che Akhenaton sia deceduto a un’età più avanzata di quello che la biologia scheletrica suggerisce, ossia, confermando lo studio dell’antropologo Eugen Strouhal, che si tratti di un individuo di 19-22 anni al momento della morte, quindi assai più giovane di quanto alcuni studiosi abbiano ipotizzato. In verità, non è possibile escludere che sia Akhenaton, dal momento che non vi sono certezze storiche sull’età del faraone al momento dell’ascesa al trono.
Mentre la ricerca egittologica continuerà a interrogarsi su questi resti mortali e sulla relativa epoca storica, la nostra équipe si è concentrata, da una prospettiva anatomica, sulla ricostruzione del volto del misterioso individuo, una restituzione di tratti fisiognomici che, anche se mediata in parte da un certo grado di interpretazione all’interno di rigorosi criteri antropologici, possono avvicinare l’antichità all’umanità dei giorni nostri. A questo studio, recensito da «Smithsonian Magazine», cui seguiranno ulteriori analisi, hanno partecipato anche l’egittologo svizzero Michael E. Habicht, l’antropologa forense Elena Varotto e l’artista forense brasiliano Cicero Moraes.