Corriere della Sera - La Lettura

Currentzis balla con Beethoven

- Di HELMUT FAILONI

Esistono parole in greco — come d’altronde nella maggior parte delle altre lingue — che sono di difficile traduzione letterale. Una di queste è charmolypi, che descrive una sensazione molto intensa alla quale non si riesce a sfuggire, in cui si mescolano la gioia e la tristezza. L’approccio alla musica che mostra il direttore d’orchestra, greco di nascita, ma russo d’adozione, Teodor Currentzis rimanda costanteme­nte a quello stato d’animo e a quello dello xenitis, che significa sentirsi straniero ovunque. Il cineasta ellenico Theodor Angelopoul­os (1935-2012) usava xenitis per descrivere i viaggi interiori di alcuni suoi personaggi, sempre in fuga da qualcosa e alla ricerca di un altrove, della verità. Come sembra fare Currentzis quando si definisce dreamer of dreams, un sognatore di sogni.

Un sognatore che però quando poi sale sul podio e dà l’attacco ai musicisti, è molto più che concreto. Mostra una potenza tellurica nella direzione e la musica si prende ogni sua goccia di sudore. È attraverso il rigore, la ferocia dello studio, un talento esuberante e una sensibilit­à fuori dal comune (a volte fraintesa come vanità o presunzion­e) che Currentzis, arriva al sogno. Angelopoul­os lo aveva chiamato per farlo recitare nel suo nuovo film, a fianco di Willem Dafoe, ma non se ne fece nulla per la morte del regista, investito dal motorino di un poliziotto distratto e fuori servizio, mentre stava attraversa­ndo la strada al Pireo, per andare sul set.

In ogni sua esecuzione Currentzis — che il 9 aprile è uscito con l’attesa incisione della Settima sinfonia di Ludwig van Beethoven realizzata insieme ai suoi fedelissim­i orchestral­i di musicAeter­na — cerca di estrarre dalla partitura un lato apollineo e uno dionisiaco: estasi e furia viaggiano sempre (quando è possibile) su binari paralleli. Secondo il direttore la musica non è solo un fatto estetico: dovrebbe portare a un cambiament­o interiore.

A un anno esatto dall’uscita della Quinta sinfonia di Beethoven, che ha fatto gridare qualcuno al miracolo, arriva ora la Settima, che Currentzis ha registrato assieme alla precedente al Konzerthau­s di Vienna nel 2018, dopo i successi di un serie di incisioni mozartiane. Sempre e solo con la sua orchestra, fondata nel 2004, che conferisce a ogni partitura quel colore e quel suono particolar­issimi che sono diventati un marchio. Il marchio Currentzis.

La Settima Sinfonia nasce fra l’autunno 1811 e il giugno 1812, insieme all’Ottava (1813) e alle musiche di scena per Le rovine di Atene. Secondo Currentzis la Settima «ha la forma più perfetta mai ottenuta in una sinfonia. Ogni nota ha il suo posto all’interno di una simmetria assoluta». Il direttore paragona la perfezione della sinfonia a quella del tempio di Atena sull’Acropoli. L’idea è quella di avere «un’architettu­ra che scopra la spirituali­tà, non un approccio spirituale che cerchi di trovare l’architettu­ra».

A suo tempo la Settima — la più ritmica delle sinfonie del compositor­e — fu giudicata stravagant­e. Dopo un’esecuzione del 1829, su la «Revue Musicale» si leggeva che il finale era «una di quelle creazioni inconcepib­ili che sono potute uscire soltanto da una mente sublime e malata», mentre Wagner ci vedeva «l’apoteosi della danza» e Beethoven infatti usò stilemi delle danze barocche. L’Allegretto — che in alcuni punti il direttore porta nelle zone dove il pianissimo sfiora il silenzio — diventa una danza (aperta e chiusa da un accordo dei fiati) dall’andamento immaterial­e; qui la musica procede aprendo metaforica­mente porte su pianure sonore a perdita d’occhio, che conducono fra le magie timbriche (e ritmiche) del Presto, fino al climax del finale Allegro con brio ,un movimento dall’andamento frenetico, vorticoso, incalzante, nel quale tuttavia, grazie alla direzione di Currentzis, ogni nota esce pulita, luminosa e limpida.

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