Corriere della Sera - La Lettura
Processo a Napoleone Assolto!
Duecento anni fa, il 5 maggio 1821, moriva a Sant’Elena, isola sperduta nell’Atlantico meridionale, l’«imperatore dei francesi» che aveva dominato l’Europa. Abbiamo passato in rassegna i diversi aspetti della sua figura, della sua opera e della sua eredità con il contributo di storici e studiosi. Per cominciare abbiamo sottoposto Bonaparte a giudizio come in tribunale. Franco Cardini ed Ernesto Ferrero ne hanno discusso le ambizioni, la politica, le atrocità belliche, l’atteggiamento verso l’Italia e verso la religione, le accuse di schiavismo e misoginia che gli sono state mosse di recente. A Sergio Romano il compito di emettere la sentenza...
Per sottoporre a processo Bonaparte abbiamo messo a confronto Ernesto Ferrero, autore del romanzo N. (dal 4 maggio in edicola con il «Corriere») e del saggio Napoleone in venti parole (Einaudi), e Franco Cardini, uno storico che non ha mai nascosto il suo atteggiamento critico verso il mondo di cui l’imperatore corso, sulla scia della Rivoluzione francese, è stato in larga misura l’iniziatore. ERNESTO FERRERO — Napoleone è un personaggio poliedrico, fuori misura, caratterizzato da enormi contraddizioni. Non per niente su di lui si è sviluppato un dibattito interminabile. La destra sin dall’Ottocento ha cercato d’impadronirsene, giustificando dispotismo e bellicismo. Poi ci si è chiesti se Bonaparte sia un erede legittimo della rivoluzione, anzi: per alcuni la sua autentica incarnazione, oppure un cinico profittatore che sfrutta le convulsioni seguite al 1789 per instaurare un dispotismo antesignano delle dittature novecentesche, in particolare del fascismo. Di volta in volta abbiamo avuto un Napoleone tiranno spietato, o continuatore della Rivoluzione in forma monarchica, o artista della politica, o prosecutore dell’assolutismo regio. Forse la formula più calzante è questa: un repubblicano rivoluzionario che arriva a commissariare la Repubblica trasformandola in Impero. Sospende le garanzie costituzionali perché ritiene che la situazione sia così deteriorata da essere divenuta ingestibile e da richiedere l’intervento di un solo uomo, dotato di immense capacità, per riportare l’ordine e garantire la crescita: lui stesso. Ma poi l’Impero assume tali proporzioni da non poter più essere gestito da un solo uomo con un accentramento maniacale, come Bonaparte pretendeva di fare.
FRANCO CARDINI — Un tratto tipico di Napoleone è la presenza nella sua personalità e nella sua opera di due diversi aspetti — come il dottor Jekyll e mister Hyde — che possono apparire contraddittori, ma a ben vedere sono complementari. Da una parte c’è il costruttore dello Stato francese, avveduto curatore di tutti i dettagli necessari per fare funzionare bene l’Impero. È un genio organizzativo, sa scegliersi validi collaboratori ed è molto attento alla Borsa e all’industria. Però la sua sollecitudine verso l’economia deriva dal fatto che gli serve denaro per fare la guerra, che è la sua più spiccata vocazione. Napoleone guarda all’Europa e addirittura al mondo con una sorta di bulimia di conquista. Ha l’ambizione di prendere fra le mani il destino della Terra, ipotizza nel futuro un governo unico per l’intero genere umano. Il suo stesso atteggiamento filomusulmano, ostentato durante la campagna d’Egitto, deriva anche dall’idea che l’islam, religione bellicosa e fatalista, sia più adatto del cristianesimo a un destino imperiale. Per concludere, non mi pare che l’ambizioso espansionista, il Napoleone mister Hyde, sia il lato oscuro del governante capace, il Napoleone dottor Jekyll. Sono due aspetti complementari perché, nella sua mentalità, anche lo scopo della buona amministrazione civile è preparare la guerra.
ERNESTO FERRERO — L’aggressività di Napoleone è evidente. Però, più che un fine in sé, la guerra per lui è un mezzo, il modo per ottenere le risorse necessarie a realizzare un disegno di rifondazione della macchina statale e di incremento della potenza francese fino all’egemonia continentale. In lui c’è un eccesso di ambizione, perché quando ci si avvia sulla strada delle conquiste militari, poi diventa difficile fermarsi. Assomiglia a certi finanzieri d’assalto, che s’inventano catene di sant’Antonio destinate a crescere finché la bolla scoppia. L’Impero napoleonico si espande a forza di guerre fin quando le crisi economiche e due spedizioni sciagurate, prima in Spagna e poi in Russia, bloccano il meccanismo e avviano l’implosione. Va aggiunto però che in sostanza si tratta di una sfida mortale tra l’Ancien Régime e il nuovo assetto emergente, in cui la borghesia reclama un ruolo direttivo. Anche questa opposizione di potere contribuisce a rendere lo scontro irriducibile. Però in questo caso il vecchio vince sul nuovo, con il fallimento di Napoleone.