Corriere della Sera - La Lettura
Gli Stati Uniti folgorati dai loro geni
Sfide Edison, Tesla, Westinghouse e l’elettricità raccontati da Graham Moore
Chi è cresciuto prima dell’avvento di Internet ha in genere in mente un certo Thomas Alva Edison (1847-1931): l’inventore e genio poliedrico tranquillamente collocato nel novero dei vari Archimede, Leonardo da Vinci e Benjamin Franklin. Da quando però, grazie alla spinta dei maniaci di tecnologia che popolano gruppi online, forum e canali di Reddit, ha avuto luogo la riscoperta e rivalutazione del suo rivale Nikola Tesla (1856-1943), la figura di Edison ha subito una parallela e opposta rilettura, fino a diventare quella di un villain — un «cattivo» letterario o cinematografico — fatto e finito. Lo abbiamo visto in fumetti come The Oatmeal e in film come The
Prestige di Christopher Nolan (2006): quanto più Tesla emergeva come genio disinteressato che donava brevetti all’umanità (e se li faceva soffiare da altri inventori, visto che le sue idee non furono saccheggiate solo da Edison ma anche dal nostro Guglielmo Marconi e da diversi altri), tanto più Thomas Alva Edison si riconfigurava come uomo senza scrupoli e spietato ladro di brevetti.
Ad alimentare questo mito duale giunge oggi anche un romanzo, Gli ultimi giorni della notte, dello sceneggiatore Graham Moore (suo lo script, premiato con l’Oscar, di The Imitation Game ,il biopic su Alan Touring del 2015). Da consumato autore cinematografico, Moore riesce nell’impresa non scontata di fondere il romanzo storico col legal thriller: il nodo al centro degli eventi degli
Ultimi giorni della notte è infatti una causa, la più grande della storia fino a quel momento, e gli occhi che accompagneranno il lettore nella vicenda sono quelli di un giovane avvocato, il ventiseienne Paul Cravath (1861-1940). Una figura, quella di Cravath, anch’essa di un certo peso nella storia americana moderna, per quanto non celebre quanto quella dei due inventori: diventò infatti, anni dopo le vicende raccontate nel romanzo, partner della Cravath, Swaine & Moore LLP, ancora oggi il più potente studio legale degli Stati Uniti.
Per quanto ovviamente Nikola Tesla entri presto nel quadro generale, la causa al centro della vicenda non è tra lui e Edison — come è noto, la loro battaglia riguardava le rispettive tipologie di corrente elettrica: quella alternata di Tesla e quella continua, decisamente meno efficiente, di Edison — bensì tra Edison e George Westinghouse (1846-1914).
L’ingegnere del quale Paul Cravath diventerà avvocato non è molto noto al pubblico italiano ma ha comunque un
ruolo di primo piano nell’avvento dell’era moderna: già inventore del motore a pistoni rotativi (quello dei biplani della Prima guerra mondiale) e dei freni pneumatici, tuttora in uso, comprese il potenziale della corrente alternata di Tesla e si trovò così opposto a Edison nella lotta per l’egemonia sulla distribuzione elettrica.
La causa che li mise uno contro l’altro riguardava il brevetto 223.898, quello della lampadina a incandescenza, oggetto cruciale per l’efficienza della trasmutazione della corrente in luce elettrica, e ineludibilmente destinato a essere riprodotto e venduto in miliardi di pezzi. Non stupisce, allora, che il risarcimento chiesto da Edison a Westinghouse per la presunta violazione del brevetto fosse di un miliardo di dollari, una cifra inaudita all’epoca, equivalente a circa 25 miliardi di dollari odierni.
Per quanto quella raccontata negli
Ultimi giorni della notte sia a ogni effetto la storia di una causa legale volta a stabilire quanto due modelli di lampadina fossero effettivamente diversi tra loro, sulla carta non la più eccitante delle vicende, Graham Moore si dimostra molto abile nel recuperare fatti e personaggi storici per lo più sepolti e metterli assieme, con qualche concessione alla finzione (su tutte la compressione degli eventi in un arco temporale molto più breve), fino a dar vita a una vicenda tesa in cui figure di stazza titanica lottano senza esclusione di colpi per il dominio sul mondo a venire. Mentre l’avvocato Cravath nasconde Tesla per mesi, temendo che per mettere in scacco il suo cliente Westinghouse, Edison possa arrivare a ucciderlo, quest’ultimo cerca di screditare la corrente alternata del rivale, organizzando, attraverso il suo scherano Harold P. Brown, esibizioni pubbliche in cui cani, cavalli e addirittura un elefante vengono folgorati a morte, così da dimostrare la pericolosità di tale formato.
Brutta vicenda che avrebbe dato frutti ancora più orribili: come racconta Moore nel romanzo, «sembrava che, in gran segreto, Harold P. Brown avesse presentato una petizione all’assemblea legislativa dello Stato di New York perché considerasse dei metodi di esecuzione alternativi per chi veniva condannato a morte. L’impiccagione era una tecnologia antica. Forse, suggeriva Brown, avrebbero potuto utilizzare un metodo di esecuzione più scientifico. Forse lui aveva un metodo in mente? Certo. Si trattava proprio di quella “sedia elettrica”. Un condannato sarebbe stato legato a una sedia di legno, con dei contatti metallici applicati sulla fronte e sulla parte bassa della schiena. Questi contatti sarebbero stati collegati a un generatore elettrico. Una volta acceso il generatore, il condannato sarebbe morto all’istante. Brown si era persino preso il disturbo di specificare il tipo di generatore migliore per un dispositivo di quel tipo. Funzionava a corrente alternata. Ed era prodotto dalla Westinghouse Electric Company».
Vicende fosche, che tuttavia preludevano a un mondo futuro in cui la notte e il buio sarebbero stati sconfitti per sempre. Un complesso di eventi già di per sé così grandioso da non avere, forse, bisogno delle esagerazioni di marca cinematografica messe in campo da Moore né dei crimini e misfatti immaginari che l’autore aggiunge a una vicenda che ne era già piena. Ma se il suo obiettivo era quello di dar vita a un page-turner, più che a una raffinata disamina letteraria di uno snodo chiave del progresso umano (chi cerca lampadine più «alte» può trovarne nell’Arcobaleno della gravità di Thomas Pynchon), la missione è senza dubbio riuscita: se poteva essere più a fuoco la riflessione sul prezzo che paghiamo come società per ogni salto in avanti del progresso, di certo Gli ultimi
giorni della notte funziona, e molto bene, come roboante melodramma sulla potenza inarrestabile del progresso scientifico.