Corriere della Sera - La Lettura
La letteratura è viva nel cimitero di Zafón
Sono passati tanti anni da quando fu scritta (1935) ma la più bella storia di killer resta Una pistola in vendita di Graham Greene. È essenziale, con le parole contate e precise come pallottole nel caricatore. Però non scherza, in quanto a storie di killer e a bellezza, il racconto Uomini in grigio che fa parte di La città di vapore, il bel libro postumo con le ultime cose di Carlos Ruiz Zafón, il maestro della saga Il Cimitero dei Libri Dimenticati, morto l’anno scorso a
Los Angeles (era nato nel 1964). Personaggi e situazioni della saga ritornano in queste storie. E ritorna principescamente la sensualità della sua scrittura (Zafón è un García Márquez vestito a lutto), con le sue eroine fatali (alla Edgar Allan Poe) che si danno la morte immergendosi nelle gelide acque di un lago nero oppure bevendo laudano finché gli si ferma il cuore e gli occhi, «aperti al vento gelido dell’inverno», si crepano di brina. Ma le sue eroine sono buone anche a baciare e sono baci che «sanno di tango». La grande intuizione di Zafón è che la letteratura (e forse il pianeta tutto) è un immenso, sterminato cimitero. Lui vi si aggira disseppellendo Cervantes per fargli scrivere il sequel di Don Chisciotte. Il personaggio più bello (tra Borges e Hammett) è quello di Antonio Sanabria, infallibile pistolero prezzolato nella Barcellona anni Quaranta. Il killer istruisce il ragazzo che gli succederà e gli detta le regole del mestiere: uccidere è una necessità ma assassinare è un’arte; non si lavora con donne e anziani. E non trascura la sua educazione in generale: «Non c’è nulla di più vero al mondo di un buon vaudeville o di una buona puttana». Ben sapendo che chi di spada ferisce, di spada perisce, il maestro, affezionatosi all’allievo, arriva al punto di confessargli: «Quando verrà la mia ora, mi piacerebbe che fossi tu» (un gesto d’amore alla mister Conte quando bacia in fronte i giocatori). Peccato, se n’è andato troppo presto il Dickens di Barcellona.