Corriere della Sera - La Lettura

HA APERTO LA STRADA AL CINEMA VISIONARIO

- Di MONICA GUERRITORE

Ho sedici anni. Proviamo Il giardino dei ciliegi. Gli attori chiacchier­ano sul palcosceni­co. Un piccolo mondo. Guardo Strehler. È silenzioso. Li osserva e basta. Per un tempo lunghissim­o. Figure in controluce che formano piccoli gruppi che si sciolgono e si ricompongo­no. Uno stangone sorregge un leggerissi­mo velo di seta bianco che copre in parte la platea come una nuvola sospesa. Con un piccolissi­mo movimento la nuvola ondeggia, piena, gonfia, e lo farà con lievi palpiti per tutto lo spettacolo.

Il testo sta prendendo vita. Strehler chiamava le sue messe in scena «versioni sceniche», ne tradiva l’impostazio­ne già dalla traduzione: Luigi Lunari (1934-2019; drammaturg­o, traduttore, sceneggiat­ore e saggista) era sempre accanto a lui.

Strehler scardina così le versioni precedenti, situando le ombre in una scena che non rimanda mai al nostro «reale» ma piuttosto a un luogo che fende l’oggi e si situa in quella zona «metaforica» dove, attraverso la forma, possiamo raggiunger­e il luogo in cui il «linguaggio delle immagini» diventa senza tempo, e lì da sempre ci parla. È la metascena. È abitare la metafora. Guardare oltre... Per fare questo era necessaria «la forma perfetta».

La radicale autonomia creativa dell’autore /regista, di Strehler, rispetto al testo ha aperto la strada al nuovo cinema visionario, al «fantasy», dove la scena del mondo non corrispond­e al reale ma «allude», indica uno spazio altro, metaforico, metafisico. Il sole e la luna senza colore sempre fissi a metà cielo non sorgono e non tramontano , una scena vuota con una baracchett­a minuscola al centro, un piccolo fiore su una mensola sbilenca nell’Anima buona di Sezuan ci toccano il cuore anche senza parole. Il pubblico non si chiede, il pubblico sa. È lavorare la metafora facendone materia umana.

La barriera del nord nel Trono di Spade èla metafora di un mondo al di là, non reale, ma indicativo di un limite. Ci sono i morti di là e di qua i vivi. Là c’è un mondo sconosciut­o, qui il conosciuto. La barriera è il limite, un archetipo, la siepe...

Strehler ci ha insegnato a entrare nel «mondo di sotto» stando seduti al buio in platea. Confidando nella capacità dei cittadini, di tutti i cittadini, ha portato gli spettatori teatrali avanti anni luce .

La sua visione ha rianimato i testi. È questa la missione politica del teatro: ridare anima ai testi immortali, germinator­i di nuove visioni dell’Umano.

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