Corriere della Sera - La Lettura
Peggiore di noi ma anche migliore: il sangue di Fëdor
Il narratore secondo Paolo Nori
Sanguina ancora? Chi? Dostoevskij, verrebbe da pensare, a giudicare dal sottotitolo del nuovo libro di Paolo Nori, L’incredibile vita di Fëdor Dostoevskij, ma anche dal fatto che Dostoevskij lo si immagina sempre sofferente, tutto l’opposto di Tolstoj, che invece gode sempre, almeno nell’immaginazione dei lettori, di ottima salute. Invece a sanguinare è proprio Paolo Nori, perché Dostoevskij, con i suoi libri, gli ha scagliato delle frecce e, come scrisse Rozanov, si tratta di frecce che il sangue lo fanno uscire davvero.
Questo Paolo Nori sanguinante, che già fa un po’ impressione, dato che, da lettori, Nori lo si immagina sempre di ottimo umore, anche se magari non quanto Tolstoj, pare confermare un’altra idea diffusa: quella che vuole Dostoevskij aspro e respingente, contrapposto al Tolstoj dolce e accogliente. In Sanguina ancora, invece, Nori ci dimostra, muovendosi per piccolissimi capitoli, quasi epigrafi, che è accogliente anche Dostoevskij, e lo è perché ha i nostri difetti.
Anzi, Dostoevskij è addirittura peggio di noi: uno che al primo successo si esalta come un grullo, uno capace di dire che il difetto peggiore di Turgenev è che Dostoevskij gli deve dei soldi... Dostoevskij è peggio di noi, ma forse anche meglio di noi, quantomeno nel fatto che, quando si ritrova agli arresti, non si perde d’animo perché «ha pensato a tre racconti lunghi e a due romanzi».
Insomma, come si suole dire, da Sanguina ancora emerge un ritratto inedito di Dostoevskij, solo che in questo caso è vero, e alcuni dettagli non possono non deliziare l’appassionato: su tutti un «cappello alla Zimmermann» che dalla realtà finisce in Delitto e castigo. Affiorano anche gli eterni ricorsi della storia della letteratura, come i critici che dicono che non se ne fa più (di buona, di vera): lo dicevano anche quelli russi ai tempi di Dostoevskij, nei quali oltre a lui erano attivi Tolstoj, Turgenev e Goncarov, e avevano appena finito di esserlo Puškin e Gogol’.
Oltre a tanti scrittori russi, in Sanguina ancora ci sono anche molte altre cose russe, come l’«effetto Kulešov», dal nome del montatore che lo scoprì, che ha dimostrato come il significato che si attribuisce a qualcosa cambi a seconda di ciò che la circonda (e non funziona forse così anche la letteratura?) e diverse riflessioni su come guardiamo noi, «gli occidentali», ai russi.
Di certo, anche se li dipingiamo sempre male, non possiamo non riconoscere che è gente che ama moltissimo la letteratura, anche se questa «è, sempre, dalla parte del torto»: un’ottima posizione anche per raccontarla, la letteratura, e infatti, dopo avere letto Sanguina ancora, finisce che da Nori adesso vogliamo lo stesso libro per ogni scrittore russo.