Corriere della Sera - La Lettura
I sacri narcisismi dei nuovi Holden
I giovani raccontati da autrice di «La nostra furiosa amicizia», vicenda (senza lieto fine) ambientata nella California degli anni Duemila
Così melodrammatica, anche quando non succede nulla. Così ripiegata su sé stessa, anche quando fuori scoppiano la guerra o la pandemia. Adolescenza: tempo di formazione ed esplorazione, in cui l’errore irreparabile è a portata di mano, e tutto poteva andare in un altro modo, e tutto «fa un po’ male». Nel romanzo di Rufi Thorpe, La nostra furiosa amicizia, storia «in technicolor» di Bunny, campionessa di pallavolo, e Michael, il suo vicino geniale, povero e gay, crescere diventa tragedia. Per difendere l’amico, Bunny scaraventa l’odiosa compagna contro l’armadietto. E la uccide. E non si torna indietro.
1) Il terreno più fertile
«La domanda cruciale: come sono diventato la persona che sono? Questo mi interessa dell’adolescenza, quel tratto di strada tra l’infanzia che ti ha formato e l’età adulta in cui puoi cominciare a riflettere sul mondo che ti ha formato. È quella stagione in cui le relazioni hanno un impatto gigantesco. Ovvio che per i romanzi sia un terreno fertile».
2) Autentici sempre
«Il segreto è nella specificità. Finché racconti una persona con onestà e autenticità, puoi evitare i rischi del melodramma, anche quando quella persona vive il classico stereotipo del non sentirsi attraente. Ma la via si trova presentando le cose nel modo esatto in cui succedono. Del resto gli stereotipi esistono per un motivo, nascono da esperienze comuni. Scrivere di ragazzi... Pianifichi tutto, poi entri nel flusso della creatività e non hai più il controllo, cosa che mi è successa soprattutto con Michael, il mio personaggio più autobiografico: io sono bisessuale ma l’ho accettato molto dopo l’adolescenza. Tra i 18 e i 20 anni facevo sesso con le ragazze e avevo relazioni sentimentali con i ragazzi, anche molta hookup culture (l’idea, nata nei campus americani, di privilegiare il sesso casuale senza impegni emotivi, ndr) viene dalla mia esperienza, è più semplice se attraverso certe cose ci sei passato, anche se nella scrittura si può fingere qualunque cosa. O per lo meno, molti ci provano...».
3) Autori-seduttori
«Torno sempre a David Copperfield, trovo Dickens così affascinante, ti adesca con tale semplicità... Sono anche una fan di J. D. Salinger, il narratore ideale. Di Franny e Zooey mi sono innamorata, come di Teddy, il ragazzino argutissimo dell’ultimo dei Nove racconti. Poi i personaggi del Cardellino di Donna Tartt: Boris, l’amico di Theo, è un archetipo, sento ancora la sua voce. E le protagoniste di Nothing to See Here di Kevin Wilson, e poi penso a John Irving, che ha raccontato la stranezza dell’adolescenza».
4) Dolceamaro come Boris
«Boris del Cardellino. C’è tanto desiderio in quell’amicizia, tutte quelle caramelle, e quei lividi. Il suo essere dolceamaro mi soggioga. Strano, proviamo nostalgia per l’adolescenza, che a volte è così dura».
5) Avventure interiori
«La narrazione è cambiata: in una società relativamente stabile come la nostra è più difficile mettere i ragazzi in situazioni di vero pericolo, e allora devi rendere la loro avventura più psicologica e spirituale, interpersonale».
6) Una nave su cui salire
«Questa cosa dovrà cambiare presto, anche perché negli ultimi trent’anni i romanzieri migliori sono donne che scrivono di donne. Quindi se un uomo vorrà studiare letteratura contemporanea dovrà leggere storie di donne. È il tempo delle grandi romanziere, oltre che delle grandi lettrici: le donne hanno sempre letto di più perché a loro non importa il protagonista, ma l’esplorazione. Per intendersi: io non mi identifico nei personaggi di Moby Dick, ma accidenti, voglio salire su quella nave! Altra cosa è il gusto: ho due figli piccoli a cui cerco di fare amare i miei libri preferiti e loro li trovano noiosi. Personaggi come l’investigatrice Nancy Drew sono quanto di più lontano. Anche se ci sono racconti perfetti, come La tela di Carlotta di E. B. White».
7) Scavare a fondo
«Il mondo è cambiato velocemente, e per i ragazzi è importante vedere le loro esperienze rappresentate dall’arte, penso in particolare all’identità di genere, ai libri che non parlano più di “sono gay e non posso dirlo”, ma di “sono gay e posso parlarne” e speriamo che presto arrivino romanzi su giovani che non hanno bisogno di definirsi. È bello trovare autori che scavano la società di oggi come fa Patricia Lockwood in No One Is Talking About This, libro sconvolgente su Twitter. Sicuramente i ragazzi hanno più strumenti per esprimersi, anche politicamente. Per il resto, non sono più fragili per colpa della pandemia, il punto è che quando il mondo diventa instabile, si rischia di sottovalutare il potere delle proprie azioni. E allora per salvarsi serve il narcisismo degli adolescenti: se il mondo gira intorno a te è più facile non perdersi. Ma poi chi non è egocentrico a 17 anni? Spero che i ragazzi continuino ad esserlo, a cercare sé stessi in un mondo caotico e frammentato».
8) Agorafobici, sociopatici
«I giovani di oggi sono più connessi e questo costerà loro caro: diventeranno, ma molti lo sono già, agorafobici, poco inclini alla socialità. Credo però che se la caveranno, vista la flessibilità e l’adattabilità del genere umano. Come troveranno lavoro è un’altra questione, con o senza pandemia. Anzi, forse il virus sarà talmente destabilizzante da rendere la gente più attiva politicamente e sarà l’unica occasione per un cambiamento».
9) La fine della classe media
«Avranno sicuramente a che fare con un problema gigantesco, la disuguaglianza sociale: è la cosa che più mi spaventa. Il fatto che la ricchezza sia concentrata in pochissime persone e che negli Usa sia sparita la classe media è devastante e moralmente sbagliato».
10) Potere di Nabokov
«Ci vorrà tempo. E saranno loro a spiegarci cosa ha significato tutto questo per loro. Sono molto curiosa, questi giovani sono l’archetipo di una perfetta storia di formazione: non sono protetti e visto che nemmeno gli adulti sanno cosa fare, dipende da loro trovare la strada. Sentiremo la loro voce e saranno più ascoltati, grazie anche al fatto che hanno accesso a informazioni fino a poco fa impensabili, come per esempio un poliziotto che aggredisce una persona. Quanto ai loro eroi, ogni età ha il suo modello, ma è anche vero che io ho trovato me stessa nei libri più inaspettati. Perché ogni cosa scritta da Nabokov mi parlava? E come poteva lui immaginarsi me, Rufi, nella mia adolescenza strana, californiana e sovrappeso? E Virgina Woolf come ha fatto? Ecco la magia della letteratura: collegare le persone oltre il flusso naturale del tempo. Non è necessario che gli eroi siano della tua stessa generazione: si possono trovare ovunque».