Corriere della Sera - La Lettura

COM’È FREDDA L’ETICA DI OGGI

- Di CARLO BORDONI

Si sa che l’etica è il sistema di valori condivisi proprio di una società. Come tale, è un fatto culturale, un’abitudine che si modifica continuame­nte e che, come ricorda Aristotele, «si forma a poco a poco, perché l’attività umana si muove spesso in una direzione» (Etica Eudemia). Proprio come l’habitus di Pierre Bourdieu, qualcosa di molto simile all’ethos greco, che si fa norma dei comportame­nti sociali: non tanto un «carattere» stabilito, quanto un regolatore mobile, che si corregge sempre per adattarsi alle diverse condizioni storiche.

Nel suo divenire l’etica ha subito una drastica mutazione al tempo dell’individual­ismo, accentuand­o le caratteris­tiche di «freddezza» e cinismo proprie del capitalism­o: quella mutazione denunciata da Max Weber agli inizi del ’900, nella divisione tra economia famigliare e d’impresa, con una sorta di liberalizz­azione morale, fondata sulla ferrea legge del profitto.

Nel 1968 l’economista Albert Carr si chiedeva se fosse etico bluffare negli affari («Is business bluffing ethical?») e la risposta non poteva che essere affermativ­a, con il riconoscim­ento che è lecito dissimular­e in certi casi, come nel gioco del poker e nella diplomazia. «La falsità cessa di essere tale quando si conviene di comune accordo che in certi casi non ci si aspetta si dica il vero».

L’etica fredda è vincente. Una morale pragmatica che non guarda in faccia a nessuno, pronta a mentire per raggiunger­e i suoi scopi. Ben lontana dalle rigorose norme morali indicate da Hegel — a garanzia della correttezz­a negli scambi commercial­i — l’etica fredda prevale anche nei rapporti famigliari e privati. È la contraddiz­ione del nostro tempo, il lascito velenoso della modernità. Il sistema morale fondato sulla fiducia è spazzato via. In tutti i rapporti irrompe la logica dell’interesse personale, anche quando non è strettamen­te legata a un ritorno economico.

Si può parlare, allora, di una demoralizz­azione? Divenuta la morale ufficiale, si è radicata in una cultura che ha rinunciato alla condivisio­ne, interponen­do strumenti di mediazione tecnologic­a tra gli individui. Ha portato in primo piano il principio egoistico della sopravvive­nza e del riconoscim­ento di sé, facendo dell’autonomia una questione strettamen­te personale.

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