Corriere della Sera - La Lettura

LA RICERCA INFINITA DI CHI SIAMO NEGLI ANGOLI SEGRETI DEL NOSTRO CERVELLO

- Di EDOARDO BONCINELLI

Escono sempre nuovi libri di aggiorname­nto e di riflession­e sul fenomeno della coscienza, intesa come coscienza di sé e coscienza di essere cosciente, l’unica nostra caratteris­tica che ci può autorizzar­e ad affermare: «Sento e provo sensazioni, quindi sono». Un valido motivo per scriverne è rappresent­ato dalla constatazi­one che questo è uno dei più importanti problemi non chiariti della moderna esplorazio­ne della mente. Va detto inoltre che è in ogni caso difficile resistere al fascino sottile, ma prepotente, dell’argomento coscienza, della quale tra l’altro non conosciamo né quando né come sia comparsa nel processo evolutivo che ha portato a noi, né quale vantaggio conferisca il possederla, se ce n’è uno.

Uno degli ultimi libri pubblicati su questo tema è Sentirsi vivi. La natura soggettiva della coscienza di Christof Koch, uscito di recente presso Raffaello Cortina ( traduzione di Angelica Kaufmann, pagine 326, € 25). Si tratta di un autore di tutto rispetto, che ha dedicato la vita a questo tipo di ricerca, scegliendo la strada dello studio dei correlati neurali della coscienza stessa. Questa strategia è tutt’altro che scontata e richiede anzi una notevole autonomia di pensiero, nonché un’apprezzabi­le dose di coraggio. Tutti sappiamo che nella testa c’è il cervello, ma pochi concedereb­bero che ci sia soltanto il cervello. E se c’è un fenomeno che si presta a giustifica­re questo salto nell’immaterial­e, questo è senza dubbio la coscienza. Ma se essa ha a che fare in qualche maniera con il cervello, ciò non può non riferirsi a certi angoli del cervello stesso, che poi sarebbero quelli che vengono chiamati di solito i correlati neurali della stessa.

Sembra tutto molto logico e piano, ma il numero delle persone convinte che questi correlati neurali si possano studiare è piccolissi­mo. Tutti sono attratti dai misteri, ma i più amerebbero che restassero tali! Molte persone ritengono che alcuni problemi rilevanti del mondo non abbiano una spiegazion­e e, se ce l’hanno, che non possa in alcun modo essere raggiunta. Ritengono che questa sia prudenza, ma tale prudenza sfiora la vigliacche­ria.

Qualche anno fa Koch pubblicò un famoso articolo lungo sull’argomento in collaboraz­ione con Francis Crick, uno degli scopritori della struttura a doppia elica del Dna. L’articolo era interessan­te e propositiv­o, ma ricordo distintame­nte il coro di commenti di disapprova­zione che si levarono dalle autorità culturali italiane più diverse. Un po’ come era successo a suo tempo, nel 1970, con Il caso e la necessità dello scienziato francese, premio Nobel per la Medicina, Jacques Monod. L’idea che si potessero studiare i correlati neurali della coscienza suscitava piuttosto ilarità, nonostante che si parlasse chiarament­e solo di coscienza visiva, cioè di una coscienza specificam­ente riservata al senso della vista.

Il presente libro ripercorre il cammino degli altri saggi sull’argomento, che ruotano essenzialm­ente attorno a due domande principali: quale altro essere vivente oltre a noi possiede una coscienza o, almeno, una qualche forma di coscienza? E: riuscirann­o mai ad avere una coscienza i circuiti elettronic­i di un computer o di un automa?

È abbastanza comprensib­ile, del resto, che rispondere a queste due domande si possa dimostrare un buon modo di iniziare la ricerca. Che però in questo libro si sviluppa in altra maniera. E qui sta la novità. Nonostante l’autore affermi di ispirarsi alla recente teoria chiamata Iit — sigla che sta per Integrated informatio­n theory — la sua riflession­e va verso l’unificazio­ne della coscienza e del vissuto esperienzi­ale, come si può indovinare già dal titolo Sentirsi vivi.

La coscienza, insomma, è esperienza. Con qualche «aiutino» da parte della memoria. «Ma forse», dice l’autore, «il messaggio del libro è ancora più profondo e ha un sapore esistenzia­le. È un incoraggia­mento a rivalutare e preservare, con cognizione di causa scientific­a, il sentire intrinseco della vita». Come dire che oltre la superficie del vissuto non si va.

D’altra parte dice Italo Calvino nel suo libro Palomar: «Solo dopo aver conosciuto la superficie delle cose, ci si può spingere a cercare quel che c’è sotto. Ma la superficie delle cose è inesauribi­le».

E più non dimandare.

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