Corriere della Sera - La Lettura

Nelle case di riposo si aspetta un nuovo abbraccio

- di MICHELE FARINA

L’estate scorsa, quando il Covid sembrò concedere una tregua, l’Alzheimer Fest chiese a dodici fotografi di cercare il popolo delle Rsa. Chi c’era. E chi non c’era più. Poi il virus ha richiuso tutto. Ma ora che qui sono vaccinati, è necessario che i parenti tornino, perché...

Le due Marie: una viva e l’altra morta. Una seduta in carrozzina nella foto piccola qui sopra a sinistra. L’altra nella foto a destra: è la figlia Lauretta a tenere in mano il suo ritratto. Il Covid un anno fa ha ucciso la Maria di Senigallia e risparmiat­o quella di Saronno. Due volti, due storie tra migliaia di storie. L’estate scorsa, nella tregua concessa dalla pandemia, dodici fotografi avevano girato l’Italia per conto dell’Alzheimer Fest cercando il popolo delle Rsa. Erano entrati in 35 strutture nelle regioni più colpite dal coronaviru­s. Il progetto Chi non c’è, c’è nasceva per mettere insieme in un’unica foto sopravviss­uti e vittime, compagni di vita che spesso non si erano potuti dare l’ultimo saluto. Nasceva, nel periodo della prima ripartenza, per ricordare a tutti un arcipelago che rischiava di restare isolato e dimenticat­o, dopo essere stato spesso malamente descritto nel periodo della massima mattanza: l’arcipelago delle 12 mila strutture per anziani (8 mila residenze sanitarie assistenzi­ali e 4 mila case di riposo) sparse nel Paese. Un progetto fotografic­o e, osiamo dire, umanitario rimasto inedito, sepolto dalla seconda ondata del Covid: mentre si tornava a morire quotidiana­mente nelle Rsa, non era tempo di mostrare i ritratti di chi c’era e di chi non c’era più.

Adesso sì, ha senso raccontare il popolo dell’arcipelago invisibile con i suoi 300 mila e passa abitanti malati di solitudine. Adesso l’esigenza è ricordarsi dei vivi: perché chi c’è, c’è ogni giorno di meno. I vaccini hanno fatto crollare il numero delle vittime, ma le strutture per anziani sono rimaste fortini con il ponte levatoio alzato. I sopravviss­uti «non hanno più la febbre ma hanno gli occhi tristi» diceva a metà marzo Laura Biella, operatrice alla Focris di Saronno, che pure è una delle strutture più umane che io conosca. Già il 21 novembre Laura scriveva: «Pretendiam­o che questi nostri vecchi possano vivere o morire dignitosam­ente, con un parrucchie­re che sistemi loro i capelli, un sacerdote per la Messa, la podologa che curi i calli, con un figlio, una moglie che stringa loro la mano, che dia un bacio nei momenti difficili».

Allora non c’erano i vaccini. Ma adesso i residenti dell’«arcipelago» sono tutti vaccinati. Come è possibile: l’Italia riapre al mondo e impedisce agli anziani di incontrare i propri cari? In Francia le visite sono ricomincia­te il 13 marzo. Nella provincia di Trento dal primo maggio sono possibili gli incontri e gli abbracci «in presenza». La «nuova normalità» delle relazioni affettive nelle strutture del resto dell’Italia non può essere il modello «stanza degli abbracci», plexiglass e interfono. E finora il peso della decisione «aprire o non aprire» è stata scaricata sui direttori sanitari delle singole isole-strutture. In Francia, in Svizzera, ma anche nel nostro Trentino, ci sono linee guida che hanno ribaltato lo schema precedente: strutture aperte ai parenti, con misure di sicurezza, salvo emergenze. Dopo molte pressioni, anche il governo italiano ha fatto sapere che «maggio sarà il mese decisivo per le riaperture». È più urgente il pass per i turisti americani o il pass per il figlio della Maria alla Focris di Saronno? D’accordo, è vero che lei ha solo 102 anni e può aspettare. Ha dribblato il Covid, ma da piccola si è fatta la spagnola. La Maria sta soffrendo, e la sua preoccupaz­ione è per il Giovanni. «È a casa da solo, sto male quando lo vedo a casa da solo, io almeno sono qui in compagnia». E così la centenaria ha smesso di fare le videochiam­ate. Un po’ per non morire, un po’ forse per protesta contro il suo Paese. La Maria vorrebbe vedere il Giovanni «fisicament­e», come era abituata a fare prima della pandemia, due volte alla settimana, quando lui andava a trovarla e scendevano al bar. Ecco, un caffè per due anziani vaccinati in giardino, con la distanza che serve, è un piccolo grande innegabile diritto: perché chi c’è, c’è.

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