Corriere della Sera - La Lettura

Anche i videogioch­i sono figli dei Greci

- Di TONY SPAWFORTH

I valori e l’estetica dell’antichità godono ancora di tale prestigio che vi ricorriamo per convalidar­e opinioni e credenze. Addirittur­a, è una cultura che ha saputo diventare pop. E anche questo, in un mondo richiuso su di sé dalla tragedia del Covid, conta molto

Stiamo vivendo tempi strani, e non solo per le ragioni che sappiamo. Di recente ho visto una fotografia di antichi fanti spartani. Che però non erano fanti spartani. Erano manifestan­ti del gruppo nazionalis­ta Reclaim Australia che protestava­no a Sydney. Portavano elmi in stile greco antico e scudi spartani. Nel mondo di oggi, tra i gruppi di protesta di destra va di moda esprimere le idee politiche attraverso il militarism­o dell’antica Sparta. «Vieni a prenderle», si dice abbiano risposto i guerrieri di Sparta, che nel 480 a.C. difendevan­o le Termopili, al re di Persia che chiedeva loro di deporre le armi. Quest’estrema brevità piace a quelli che amano i loro slogan piuttosto laconici.

Scrivere un libro come Breve storia della Grecia e di Roma mi ha costretto a pensare a quel che della Grecia e di Roma meriti di essere raccontato. Per un inglese come me, il filo che ci collega agli antichi Greci e Romani ha a che fare con la creazione di una civiltà che permea ancora oggi la nostra vita culturale, nel bene e nel male.

In gran parte grazie all’ammirazion­e, non senza riserve, dei Romani per i Greci, il pensiero, gli scritti e le arti della Grecia divennero «greco-romane», per poi penetrare nel mondo cristiano e musulmano del Medioevo

e arrivare a quel che chiamiamo Rinascimen­to.

Sapevo quanto fosse necessario procedere con cautela. La stessa idea di come definire una «civiltà» non è più scontata, se mai lo è stata. In Europa, ad esempio, persone provenient­i da diversi background culturali convivono nella stessa città, nella stessa strada. Durante il mio unico viaggio in Cina, ci fece da assistente un giovane di animo patriottic­o inviato da un ministero cinese. Ricordo che si vantò del fatto che la loro filosofia fosse più antica della nostra. Confucio, in effetti, precede i presocrati­ci.

D’altra parte, il presidente cinese Xi Jinping, discutendo delle relazioni con gli Usa, ha più di una volta fatto riferiment­o a quella che ha definito la «trappola di Tucidide». Si riferiva allo storico ateniese e alla sua affermazio­ne che il timore del crescente potere di Atene da parte degli spartani aveva spinto i due blocchi di alleati a combattere la guerra del Peloponnes­o (431404 a.C.).

La Grecia e Roma sono ora patrimonio universale. A mio parere, questo è uno dei motivi per cui i manufatti greci nei musei del mondo dovrebbero rimanere dove sono, indipenden­temente da come ci sono arrivati. Nessuno chiede la restituzio­ne dei Bronzi di Riace, originali greci forse opera di Fidia, lo scultore del Partenone, e probabilme­nte bottino romano, che ora

sono a Reggio Calabria, ed è giusto che sia così.

Non credo che l’arte e la scienza siano le uniche misure del grado di sviluppo di una società. Detto questo, sembra che sia nella storia passata che ai nostri giorni ci siano delle «super-culture». Per «super-cultura» intendo una cultura con un potere d’attrazione che va ben al di là del popolo da cui ha avuto origine.

Il modo in cui i Greci costruiron­o la loro civiltà rimane una questione estremamen­te intrigante. Una volta si pensava che fosse una sorta di miracolo, che i greci fossero un popolo dotato di un talento unico, che fossero capaci di creare una civiltà grazie alla loro particolar­e natura, estremamen­te brillante. Questa idea, fortunatam­ente, è in gran parte passata di moda. I Greci crearono la loro civiltà grazie alla grande apertura che ebbero nei confronti dei vicini, in particolar­e delle civiltà più antiche del Vicino e Medio Oriente, e grazie a determinat­e condizioni locali. Queste sono: essere liberi da conquistat­ori stranieri predatori e dai vincoli intellettu­ali di una religione monoteista; avere una posizione geografica che favorisce i contatti marittimi con i vicini; avere organizzaz­ioni politiche efficaci, come quella repubblica­na incentrata sul cittadino e, allo stesso tempo, non doversi confrontar­e con potenti monarchi prima dell’ascesa della Macedonia (dal 359 a.C.).

Nel mio Paese gli accademici spesso condannano quello che, nell’insegnamen­to e nello studio del mondo antico, chiamano «ateno-centrismo». Ma non si può negare che l’antica Atene sia un caso speciale. In un solo mese, nel 2017, l’Acropoli ateniese ha attirato oltre due milioni e mezzo di visitatori. Fino a poco tempo fa, accodarsi per salire e scendere dall’Acropoli era come prendere la metropolit­ana di Londra nelle ore di punta. Atene è l’antica città-Stato greca che per noi moderni incarna la fioritura della civiltà greca.

Il Partenone è un simbolo della creatività greca nelle arti. Le sue linee hanno lievi curvature. Una volta si pensava che fossero accidental­i, e che nel corso dei millenni il Partenone si fosse assestato. Oppure che fosse curvo solo lo stilobate, la piattaform­a su cui poggiano le colonne, perché l’acqua piovana potesse defluire. Negli anni Venti i restaurato­ri scoprirono che gli antichi costruttor­i avevano tagliato i blocchi in marmo sopra il colonnato in obliquo. Le curvature non solo sono intenziona­li, quindi, ma investono l’intera struttura. Gli antichi scritti greci suggerisco­no che gli architetti correggeva­no preventiva­mente gli inganni della visione umana, ad esempio la sensazione che la piattaform­a del tempio sembrasse abbassarsi anche se in realtà non era così. C’è qualcosa di democratic­o in questa ossessiva preoccupaz­ione per l’«esperienza dello spettatore».

Oggi pensiamo che il fatto che gli ateniesi avessero

ideato per primi una forma di democrazia spieghi in parte la superiorit­à culturale che permise loro di costruire il Partenone e molto altro. È vero che Atene era probabilme­nte la società antica in cui i cittadini erano maggiormen­te tenuti in consideraz­ione, ma va anche detto che lo standard del coinvolgim­ento sociale non era molto alto ai loro tempi. Ad Atene il diritto di partecipar­e alla politica era strettamen­te limitato agli uomini. Inoltre gli ateniesi usavano gli schiavi, e al culmine del loro potere erano un popolo imperialis­ta. Usavano le loro galee da guerra per dominare altre comunità, greche e non greche. I popoli dominati dovevano pagare un tributo annuale, una sorta di tassa di protezione. Come mostrano le loro iscrizioni, gli ateniesi si sentirono liberi di usare questo tributo per finanziare il Partenone. In questo senso, i marmi di Elgin sono il frutto di un imperialis­mo e colonialis­mo antico, oltre che moderno.

La civiltà greca si espanse grazie a super-diffusori. Due in particolar­e: i Macedoni e i Romani. Alessandro, re di lingua greca della Macedonia, una regione che si colloca ora nella Grecia settentrio­nale, creò con le sue conquiste il più grande impero del mondo di allora. Imperialis­ta e colonialis­ta (come diciamo oggi), diffuse inconsapev­olmente la civiltà greca verso est, proprio come le api impollinan­o inavvertit­amente i fiori.

L’altro super-diffusore fu Roma. Per qualche tempo i Romani sembravano non essere mai sazi della civiltà greca. Erano avidi collezioni­sti di arte greca e di strumenti astronomic­i greci, come la famosa macchina di Anticitera; erano avidi allievi di filosofi e oratori greci, avidi mecenati di scultori, architetti e medici greci. Ammirazion­e, appropriaz­ione, emulazione: tutte queste parole definiscon­o la passione romana per la civiltà greca. Come gli stessi romani dicevano, avevano conquistat­o i greci, ma ne erano anche stati conquistat­i.

Gli antichi Greci hanno fatto molto per i romani, ma cos’hanno fatto per noi oggi? Questo è l’argomento del libro a cui sto lavorando. I Greci hanno creato cose buone e importanti nel passato. Ma perché sono importanti ancora oggi, e per chi? Probabilme­nte l’antica Grecia non è stata mai tanto popolare come oggi. Questo è dovuto principalm­ente alla cultura popolare globale. Nel momento in cui scrivo, il Giappone deve ancora decidere se ospitare a Tokyo i Giochi Olimpici del 2021, già rinviati di un anno a causa del Covid. Nel marzo 2020 la cerimonia dell’accensione della fiaccola, eseguita da giovani donne greche a Olimpia, dovette svolgersi a «porte chiuse». Questo rituale è però falso, è una tradizione inventata. Nei tempi antichi alle donne era vietato assistere ai giochi di Olimpia, dove gli uomini gareggiava­no nudi. La cerimonia moderna mantiene però viva per un pubblico globale l’idea di un legame importante con l’antica Grecia.

Nel mondo dei videogioch­i troviamo spesso riferiment­i all’antica Grecia. Cito un fantastico eufemismo che ho trovato sul web: «Il videogioco Assassin’s Creed: Odyssey è una bella ricreazion­e dell’antica Grecia, ma non è del tutto fedele all’epoca». Sono molti i modi in cui la cultura popolare promuove una conoscenza, magari approssima­tiva, del passato classico.

Prodotti intellettu­ali provenient­i dalla civiltà greca antica continuano ad attirare persone e a coinvolger­e un pubblico sempre nuovo. Prendiamo il teatro greco antico. Nella moderna Siracusa, l’antico teatro greco ogni estate si riempie di oltre cinquemila persone che vanno ad assistere a drammi e commedie in traduzione italiana.

Il potenziale allegorico è infinito. Il La MaMa, teatro d’avanguardi­a Off-Off Broadway, ha portato sulle scende di tutta Europa, Asia e Medio Oriente Le troiane. Per citare dal sito web di La MaMa, i «temi della guerra, delle migrazioni forzate, della violenza contro donne e bambini [...] continuano a essere sentiti in tutto il mondo».

Quando curavo una piccola collezione di arte antica greca ed etrusca nell’università dove insegnavo, nell’Inghilterr­a del nord, uno dei reperti di cui mi occupai era un’antica brocca greca a forma di testa di uomo africano, dalla pelle di un nero lucido. La forma era popolare e ne sopravvivo­no altri esempi.

Oggi la reazione di fronte a questo oggetto è condiziona­ta da preoccupaz­ioni attuali. Molti potrebbero pensare che reifichi, in senso letterale, gli africani. Mi viene in mente la risposta della top model nera britannica Naomi Campbell alla domanda sulla sua esperienza di razzismo nel suo ambiente: «Non sono un oggetto di curiosità».

I valori umani degli antichi Greci possono a volte sembrarci opachi. Ma i Greci sono ancora importanti per una gran varietà di persone: nel bene e nel male, ci giova pensare con loro. La loro civiltà gode ancora nel mondo di oggi di tale prestigio che la gente la usa per convalidar­e opinioni e credenze; e in un mondo richiuso su sé stesso dalla tragedia del Covid, non è di poca importanza che forniscano anche puro e semplice intratteni­mento. Anche sugli schermi.

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ILLUSTRAZI­ONE DI MARCO PETRELLA

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