Corriere della Sera - La Lettura
Una bobina speciale cambia la vita di un professore (e la letteratura)
Visioni «Solenoide» di Mircea Cartarescu: il potere della scrittura sfida la nostra mortalità
Un giorno di tanti anni fa, un aspirante scrittore di nome Mircea Cartarescu portò un suo ambizioso poema, La caduta, al cenacolo letterario che si teneva al lunedì sera nei locali dell’Università di Bucarest. Le impressioni furono per lo più positive e quel ragazzo, nonostante il carattere introverso, si fece coraggio e continuò a scrivere, fino a diventare il più importante scrittore della Romania e uno dei più importanti al mondo, papabile per il Nobel e celebrato in ogni Paese. Questo, nella nostra tempolinea. In un universo parallelo a quello in cui viviamo, quella prima lettura pubblica andò male, malissimo: il giovane poeta fu stroncato e deriso con ferocia, e seppellì lì le sue ambizioni, diventando invece un professore delle medie, uno dei tanti nella vasta e nubilosa capitale romena.
Una vita anonima, in una città sospesa nel decadimento, «come apparsa all’improvviso, già in rovina, cadente, con l’intonaco scrostato e il naso delle gorgoni di stucco sbreccato, con i fili elettrici sospesi sopra le strade in grovigli tristanzuoli», se non fosse per l’acquisto di una certa casa. Una casa piuttosto brutta, visto il profilo a nave delle sue forme di cemento, per di più collocata nel peggior quartiere della città. Quella scelta, effettuata dal professore solo per il prezzo assai basso, lo porterà infatti a essere il proprietario di un immobile molto speciale, sotto al quale Nicolae Borina, allievo del
grande Tesla e a sua volta inventore e sviluppatore del «solenoide Borina», colossale bobina dalle mirabolanti proprietà, ha piazzato uno dei suoi marchingegni. Ha infatti scelto il terreno cercando un nodo delle linee di potere che innerverebbero la superficie terrestre come una sistema neurale, vi ha scavato un pozzo, vi ha installato uno dei suoi solenoidi e poi vi ha costruito sopra la casa. Il professore capirà che non sono solo farneticazioni del proprietario precedente, quando troverà Irina, collega con cui ha instaurato una malinconica relazione sessuale, fluttuante in mezzo alla stanza, sollevata in volo da misteriose energie elettromagnetiche.
Sarà solo l’inizio di un tuffo nelle più sconcertanti fantasmagorie: se già dalle prime pagine di Solenoide
(pubblicato in lingua originale nel 2015, in arrivo in Italia dal Saggiatore) si intuiva la presenza crescente di uno stralunato realismo magico — insegnanti che balzano sopra agli studenti ammassati nel corridoio e vengono portati dalle loro mani fino alla sala professori, un preside coperto di cipria che rivende fuori dalla scuola le carpe portate dai ragazzi per gli esperimenti di anatomia —, da quando il solenoide del titolo manifesta il suo potere, il lettore viene scaraventato in un universo escheriano fatto di ambienti che si modificasiamo no in tempo reale e dimensioni parallele che si abbattono l’una sull’altra in una tempesta di possibili futuri (e presenti, e passati), nello sfondamento progressivo di ogni genere.
In molti si chiedevano se Cartarescu, già autore di un libro unico come Abbacinante, sarebbe stato in grado di ripetersi. La risposta è che non solo si è ripetuto, ma per certi versi si è superato: Solenoide, di nuovo tradotto con straordinaria maestria da Bruno Mazzoni, è un’opera più narrativa di Abbacinante (trilogia scritta dal 1996 al 2007 e tradotta in italiano da Voland), i cui continui virtuosismi visionari esaltano un certo tipo di lettore ma possono allontanare chi dà più valore alla vicenda rispetto allo stile, senza per questo abdicare alla volontà di essere libro totale, capace di toccare ogni campo dello scibile e da esso prendere in prestito parole e modalità d’interpretazione del mondo.
Solenoide è un libro sulla giovinezza, un libro sulle dimensioni parallele, un libro sul potere della letteratura, un libro sulla povertà sotto il regime di Ceausescu, un libro sui sogni e sulle visioni, un libro su come le suggestioni dell’infanzia definiscono ciò che vivremo da adulti, un libro su come la coscienza crea il mondo e — come ha raccontato lo stesso Cartarescu a «la Lettura» nell’intervista rilasciata ad Alessia Rastelli nel 2019 (sempre disponibile nell’App dell’inserto) — è anche un libro contro la morte, che viene a dirci con forza che qualcosa di molto più grande rispetto a questo guscio transeunte che crediamo ci definisca.
Nel clamore che, per comprensibili ragioni di mercato, avvolge ogni uscita nella speranza di farla elevare sulle altre nel brevissimo tempo in cui si decidono i destini commerciali di un libro, spunta un capolavoro vero, un tipo di evento che in letteratura si vede di rado. Ricordiamo, in Europa, l’imporsi delle Particelle elementari di Houellebecq nel 1999; si può ricordare, in America, l’arrivo di Mason&Dixon di Pynchon, Pastorale americana di Roth e Infinite Jest di Wallace al finire degli anni Novanta; o la comparsa, qualche anno più tardi, di 2666 di Roberto Bolaño. Siamo in quel territorio. L’occasione deve essere colta, se non altro perché ci permette di rinunciare alla postura da lettore deluso, quello che ama ripetere che «non si fa più vera letteratura»: Solenoide dimostra che c’è ancora (e ci sarà in futuro) qualcuno dedito alla costruzione di romanzi grazie ai quali la letteratura, ricordata la propria forza esorbitante, va a erigere nuovi avamposti nell’ignoto.