Corriere della Sera - La Lettura

Capire le persone da ciò che amano leggere

Gli aneddoti malinconic­i e ironici di Giovanni Spadaccini, libraio d’occasione

- Di DEMETRIO PAOLIN

Compro libri anche in grande quantità (Utet) è l’esordio di Giovanni Spadaccini, di mestiere «libraio d’occasione» come recita il sottotitol­o di questo agile volume, che si configura come un vero proprio «taccuino», sempre dal sottotitol­o, di storie. Spadaccini, gestendo una libreria antiquaria, viene spesso contattato per acquistare libri, rilevare bibliotech­e personali, visitare capannoni o cantine colme di volumi; da tale osservazio­ne nasce questo catalogo di varia umanità.

L’idea dello schizzo rapido, del disegno «dal vivo», in cui si raccolgono impression­i affastella­te e senza un preciso ordine, è il principio compositiv­o del testo, che si presenta come una serie di incursioni, di riflession­i — in bilico tra l’ironia e la malinconia — sull’essere umano. Le storie sono narrate con uno sguardo teso a coglierne i nascosti movimenti, i più pudici sentimenti; Spadaccini, infatti, è abituato da tempo a entrare in case dove è da poco passata la morte, in cui si elabora in lutto; in abitazioni nelle quali a dominare sono il disordine e la solitudine; racconta realtà nelle quali per litigio o ripicca si vedono e si danno via libri.

Il narratore non ha un atteggiame­nto giudicante, ma si percepisce per chi provi una istintiva simpatia o un malcelato fastidio. A ognuno porge la sua attenzione, che non è tanto legata al dettaglio fine a sé stesso, ma a cogliere delle persone che incontra l’essenza più creaturale e fragile. Sotto questa luce il tema del «libro»come oggetto mostra la sua centralità. È il paradosso tematico di Compro libri, il cui soggetto dovrebbe essere appunto il libro come feticcio, come merce, come scambio economico, mentre è tutto molto più sfumato.

Il «libro», che si trova raccolto in scatoloni, lasciato ad ammuffire in cantine, nascosto agli occhi degli altri, difficile da scoprire, assume nelle pagine del volume una funzione simbolica simile agli oggetti del sonetto di Guido Cavalcanti: «Noi siàn le triste penne isbigotite,/ le cesoiuzze e ’l coltellin dolente,/ch’avemo scritte dolorosame­nte/quelle parole che vo’ avete udite».

Il libro nei racconti di Spadaccini prende la parola, muove qualcosa, crea un legame, una relazione tra il libraio e il possibile venditore; l’acquisto in sé non è importante, ciò che conta è il gesto, l’incontro, il momento in cui tramite un parallelep­ipedo di carta due esseri umani si parlano, si scambiano confidenze, bevono insieme un bicchiere di pessimo lambrusco.

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