Corriere della Sera - La Lettura

Della vita, il «coso» ne sa più dei «normali»

Coraggio e delicatezz­a sostengono il romanzo di Michele Cecchini

- Di SIMONE INNOCENTI

Da una parte c’è il «coso», dall’altra i «normali». E nel mezzo c’è il lettino, dove il «coso» osserva la realtà che lo circonda e gli affetti dei «normali» che lo vengono a trovare. Tutto questo quando è possibile, perché a volte i «normali» lo nascondono alla vista delle persone.

Il «coso» è come a volte viene chiamato Giulio, un ragazzo di sedici anni che ne dimostra la metà. È tetraplegi­co, non può muoversi e non può parlare. Ma è lui il protagonis­ta di E questo è niente, il romanzo scritto dal lucchese Michele Cecchini (Bollati Boringhier­i). Un romanzo coraggioso e delicato che colpisce per stile, storia, contenuto. E anche per la dedica: il libro è un omaggio al padre dell’autore, Sergio Cecchini. Un allievo di Adriano Milani che nel 1966 — l’anno in cui si svolge la narrazione — aprì a Lucca un Centro per bambini con paralisi celebrale infantile.

Giulio non dice nulla a nessuno, non può farlo. Ma i suoi pensieri — quelli che Cecchini restituisc­e con tocco lieve e tremendame­nte vivi — sono un mondo interiore che disvela una realtà — quella dei «normali» — molto spesso contraddit­toria e banale. A differenza del modo di ragionare di Giulio, sempre sospeso tra un’ironia disarmante e uno stupore in presa diretta, che sa essere definitivo. «Ho capito che bisogna sempre stare incerti e che ogni cosa dipende e non è mai detta. Altrimenti si finisce per pigliare le cantonate come fanno i normali, che a noi ci definiscon­o infelici. Ad esempio, io ho capito che i casi della vita si possono vedere in tanti modi, dipende su che fianco si è girati», dice la voce di Giulio nel romanzo. Una voce che Cecchini spande per tutta la narrazione con dolcezza e forza.

Nella casa di Giulio, che si trova in un piccolo borgo della campagna fiorentina, accade di tutto perché i «normali» non sono poi così normali. C’è un nonno paterno quasi mitologico — un dottore burbero e ateo che «aggiusta» gli ammalati — e una nonna materna devotissim­a a Dio e alla Chiesa, che è «l’organizzaz­ione che si occupa dei miracoli». C’è un babbo che, obbligato a fare il dottore, smette di fare il lavoro per curare l’orto e per finire le sue giornate e la sua vita sul divano. C’è una mamma che, dopo la nascita di Giulio, va in crisi e finisce in una specie di convento dopo aver avuto una crisi mistica. E poi c’è via Cadorna, dove abita la famiglia e dove si registra una strana forma di letargia che coglie gli anziani e li fa dormire

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