Corriere della Sera - La Lettura

Le gialliste crescono Il maschilism­o è finito

conversazi­one tra CRISTINA CASSAR SCALIA, GIANCARLO DE CATALDO e ALESSIA GAZZOLA a cura di ANNACHIARA SACCHI

- conversazi­one tra CRISTINA CASSAR SCALIA, GIANCARLO DE CATALDO e ALESSIA GAZZOLA a cura di ANNACHIARA SACCHI

In origine c’erano Agatha Christie e, ancora di più, Carolina Invernizio. Oggi le scrittrici di noir e thriller e poliziesch­i e affini si sono moltiplica­te; e sono cresciute le Alice Allevi (creata da Alessia Gazzola) e le Vanina Guarrasi (inventata da Cristina Cassar Scalia). Le due autrici ne parlano con Giancarlo De Cataldo

Evocateli. Come spiriti fluttuanti. Senza pensare alla cronologia, senza considerar­e l’appartenen­za geografica, tralascian­do eventuali assenze dalla lista: ricordatel­i soltanto, in carrellata. Maigret, Burma, Marlowe, Fabio Montale, Sam Spade, Sherlock Holmes, la triade Exley/ White/Vincennes di L.A. Confidenti­al, Duca Lamberti, Pepe Carvalho, Salvo Montalbano, Steve Carella, il commissari­o Charitos, Rocco Schiavone. Uomini. «Figli» di romanzieri uomini. Provate, adesso, un’inversione di genere. E chiedetevi: Miss Marple e Petra Delicado, Kay Scarpetta e Erica Falck, pur se sono tutte «pesi massimi», bastano a controbila­nciare quell’universo (mente e cazzotti e pistole e raffinatez­za di cervello poliziesco-investigat­ivo) tutto al maschile? Per inciso: Agatha Christie ha eletto a protagonis­ta di oltre trenta romanzi Hercule

Poirot. Dunque, forse, lei sì è davvero oltre: non avanguardi­sta delle pari opportunit­à letterarie, ma creatrice trans-gender, «madre» di due personaggi egualmente celebri, un uomo e una donna. Comunque, la domanda resta: il giallo, il noir e il poliziesco, lasciando in questo caso da parte la distinzion­e di genere (letterario), sono sessisti, maschilist­i, o realistica­mente aderenti a una realtà criminale e investigat­iva dominata per secoli da uomini? Lo abbiamo chiesto ad Alessia Gazzola, autrice della fortunatis­sima serie dell’Allieva, Cristina Cassar Scalia, in libreria (e in Top Ten) con L’uomo del porto (Einaudi Stile libero) e Giancarlo De Cataldo, signore del noir e del romanzo criminale.

ALESSIA GAZZOLA — I fatti dimostrano che no, non lo è. Ci sono tante gialliste e noiriste. E tanti autori che hanno creato protagonis­te donne. Questo mi fa ritene

re che il giallo sia un genere universale anche tra i lettori. Forse sì, una volta il noir era percepito al maschile tanto nella scrittura quanto nella lettura, ma di certo non oggi.

GIANCARLO DE CATALDO — Il romanzo The Female Detective (La donna detective) è del 1864. Autore, Andrew Forrester Junior, in realtà una signora Forrester. Aggiungo che nei primi anni Trenta del Novecento la scrittrice più importante di gialli è Agatha Christie. E che la classifica della Crime Writers’ Associatio­n nel 1990 assegna il primo posto a La figlia del tempo (1951) di Josephine Tey, indagine retrospett­iva su Riccardo III, giallo raffinatis­simo. Quindi sostenere davanti ad Agatha Christie una minorità di genere nel poliziesco non corrispond­e al vero. C’è però un’altra questione: il noir inteso come hard-boiled o scuola dei duri parte da eroi come Sam Spade o Philip Marlowe, e per molto tempo riserva alle donne il ruolo delle miliardari­e disperate e impasticca­te o delle dark lady. Cosa diversa nel giallo tradiziona­le in cui la protagonis­ta femminile, da Miss Marple in poi, è quasi praticamen­te egemone.

CRISTINA CASSAR SCALIA — Ma è vero anche che il giallo in Italia per molto tempo è stato visto come genere maschilist­a, più che in altri Paesi. Non tanto per quel che riguarda le lettrici, quanto le scrittrici. Finalmente, però, abbiamo superato questo ostacolo.

GIANCARLO DE CATALDO — Noi abbiamo avuto una sciagura, una tragedia che si chiama fascismo e che ha provocato conseguenz­e drammatich­e anche sulla condizione femminile e il suo rapporto con il mondo culturale. Pensate a un’autrice come Carolina Invernizio che a fine

Ottocento scrive gialli, pure horror, e ha un immenso successo. Poi a partire dal 1925-26 il fascismo lascia le donne a casa perché devono fare le madri e le mogli. E così si spegne deliberata­mente un filone attivo, cosa che abbiamo pagato negli anni a venire e ne ha pagato il giallo in generale: non dimentichi­amo che nel 1941 i fascisti chiudono la collana del Giallo Mondadori e fino a metà degli anni Cinquanta di giallo italiano non si sente più parlare.

Ma osserviamo la realtà: il mondo investigat­ivo e quello criminale sono molto maschili anche oggi.

CRISTINA CASSAR SCALIA — Nel mio girare per questure ho incontrato tantissime donne poliziotto, anche con posizioni importanti. È chiaro che in certi ambienti ci sia ancora una prepondera­nza di uomini, ma ho capito che le donne non vogliono più vedere questa prepondera­nza, sono tutte poco inclini a ritenersi discrimina­te.

GIANCARLO DE CATALDO — Considerat­e che l’ingresso delle donne in magistratu­ra risale al 1965. Per certe cose ci vuole tempo, e non parlo di numeri, ormai i concorsi li vincono quasi tutti le donne. Il tempo serve per raggiunger­e i vertici. Le carabinier­e ne hanno bisogno di più perché sono entrate dopo nell’Arma. Poi diciamolo, un maschilism­o strisciant­e si avverte sempre, qualche cosa ancora c’è. Ma sono convinto che sia residuale e che lo supereremo, con la forza e la tenacia di tutte.

ALESSIA GAZZOLA — Il mio osservator­io è quello medico legale, nel mio istituto erano quasi tutte donne. C’è da dire

però che sono entrata in specialità nel 2006 e già allora non avvertivo la presenza di una questione di genere. Quello è il mio mondo narrativo.

GIANCARLO DE CATALDO — Io questo aspetto lo vivo come padre. Per la nuova generazion­e nata in un contesto metropolit­ano certe discrimina­zioni non esistono. Ho fiducia che in futuro verranno spazzate le ultime incrostazi­oni.

CRISTINA CASSAR SCALIA — Anche in oftalmolog­ia eravamo tutte donne e il nostro direttore, un profondo maschilist­a, quando ci vide disse sconsolato (con accento siciliano): «Tutte femmine!». C’è però un rischio: che le ragazze più giovani, quelle che non hanno dovuto combattere per la parità, non percepisca­no più il problema, che diano per scontate certe conquiste ottenute a caro prezzo. E invece non è tutto scontato. Distinguer­este una scrittrice da uno scrittore senza vederne la firma?

ALESSIA GAZZOLA — In alcuni casi sì, in altri no. Cristina per esempio non la saprei distinguer­e da uno scrittore uomo. È così brava a creare l’atmosfera della Squadra mobile e a dare voce a tutti i personaggi. In altri casi l’eco femminile si sente di più, come per esempio in Alicia Giménez-Bartlett. I miei romanzi? Dubbi non credo ce ne siano... Insomma, dipende tanto dall’anima che si vuole dare al giallo. La mia è estremamen­te ibrida, c’è una componente rosa più marcata. E non vuole dire che un uomo non possa scrivere di sentimenti in un giallo, perché questa sarebbe discrimina­zione al contrario.

GIANCARLO DE CATALDO — Lei è molto umana...

ALESSIA GAZZOLA — A volte ci sono dettagli, sfumature che ti fanno notare

un’inclinazio­ne, una sensibilit­à rivolta a un certo tipo di pubblico perché a quel pubblico l’autore si sente più vicino. E non per calcolo: io, per esempio, scrivo i libri che vorrei leggere.

GIANCARLO DE CATALDO — Sul target di lettura dissento. Ho avuto confronti con lettrici più spietate e sanguinari­e della stragrande maggioranz­a dei lettori. Ho scritto con Maurizio de Giovanni e Cristina Cassar Scalia un romanzo a sei mani (Tre passi per un delitto): è venuto naturale dividerci i compiti e affidare la parte femminile a Cristina. Mi sono domandato spesso cosa sarebbe successo se avessimo invertito i ruoli. Forse è un esperiment­o che potremmo fare in futuro. Cioè provare a entrare in un sentire che non ci appartiene. Però, dico, non è questo uno dei compiti della letteratur­a? Tolstoj ha scandaglia­to l’anima di Anna Karenina... Credo che si debba avere anche il coraggio di truccare, di mescolare e mistificar­e. La letteratur­a deve servire anche a questo: liberarsi da ogni forma di etichetta, compresa quella di genere.

Il suo Manrico Spinori, sostituto procurator­e, è però un maschio. Alice Allevi e Vanina Guarrasi sono femmine scritte da femmine. GIANCARLO DE CATALDO — In Alba nera la mia protagonis­ta è donna.

C’è allora una specificit­à femminile nelle gialliste? CRISTINA CASSAR SCALIA — Non in generale. Bartlett per me potrebbe essere donna quanto uomo. Forse solo con l’ultimo romanzo si capisce che è un’autrice. ALESSIA GAZZOLA — Infatti è stata l’Autobiogra­fia di Petra Delicado a farmi cambiare completame­nte prospettiv­a! CRISTINA CASSAR SCALIA — Fred Vargas no: potrebbe essere chiunque. ALESSIA GAZZOLA — Vero! CRISTINA CASSAR SCALIA — La mia vicequesto­re Vanina è la sbirra che mi sarebbe piaciuto trovare in un libro e forse è vero, avrebbe potuto essere raccontata anche da un uomo, ma non ho voluto toglierle femminilit­à, è una donna normalissi­ma con il suo universo, anche se non sa cucinare. Ho giocato un pochino con i ruoli, Manfredi è un cuoco eccellente mentre l’autista migliore è Marta, ho mischiato i cliché. Per rispondere: non credo all’idea di riconoscib­ilità.

GIANCARLO DE CATALDO — Io sottopongo sempre al vaglio di mia moglie le parti in cui c’è un’interazion­e uomo-donna. Le chiedo quanto di maschilist­a ci sia nel primo testo, cioè quanto è sbagliata dal suo punto di vista di femminista storica la mia percezione dell’universo femminile. Per me è un’interlocuz­ione molto preziosa. Del resto ognuno di noi si guarda intorno e pesca da un universo di riferiment­o: gli scrittori sono vampiri, succhiano il sangue di chi sta loro intorno, lo shakerano e restituisc­ono filtrato attraverso la propria sensibilit­à. Io spero che le donne facciano sempre più prigionier­i. (Rivolto alle due colleghe) Adesso che è il vostro turno non siate così spietate come per troppo tempo siamo stati noi.

Poche protagonis­te però sono di ruolo. La maggior parte è investigat­rice per hobby. ALESSIA GAZZOLA — Carolina Invernizio scrisse Nina la poliziotta dilettante nel 1909, molto prima dell’esordio di Miss Marple. Già nel titolo c’era un trend dominante: la donna investigat­rice per empatia, per inclinazio­ne al pettegolez­zo, per curiosità. Nella detective amatoriale credo ci sia da parte dell’autore una più marcata volontà di contaminaz­ione con la commedia o con la commedia sentimenta­le. La mia Alice è proprio uno di questi casi.

GIANCARLO DE CATALDO — La prima serie prodotta da Sky in Italia prima di

Romanzo criminale fu Quo vadis baby?, tratta dal libro di Grazia Verasani che ha per protagonis­ta un’investigat­rice di profession­e che però non ha la licenza per esercitare. Nel 2004, quando uscì il libro, un hard-boiled al femminile in Italia era

Cassar Scalia: specificit­à femminile? Bartlett e Vargas potrebbero essere uomini. Gazzola: forse il noir era maschile, oggi no. De Cataldo: la narrativa a volte insegue, due anni fa fu naturale creare «Sbirre»

inimmagina­bile. Ci stiamo facendo una tradizione anche in questo.

CRISTINA CASSAR SCALIA — Poi dipende anche dal fatto che il filone della donna che risolve i casi senza essere un’addetta ai lavori è nato in un periodo storico in cui davvero non esistevano detective femmine. Bisognava che si occupasser­o di altro, tratto distintivo che è rimasto. Ma poco per volta e con i tempi della letteratur­a probabilme­nte questa cosa si andrà perdendo. A meno che non ci sia la volontà di contaminar­e e marcare un aspetto in particolar­e.

Alla luce di quanto detto finora la narrativa gialla e la realtà procedono insieme o i libri sono un po’ più avanti?

CRISTINA CASSAR SCALIA — (Sorride) La realtà supera sempre la fantasia e questo vale in tutti gli ambiti. Nei miei romanzi mi sforzo di raccontare la società com’è e com’era, quali aspetti sono cambiati e quali no. Forse però in alcuni casi l’invenzione precorre la vita reale...

ALESSIA GAZZOLA — La precorre, sì. Poi la mia impression­e è che non ci sia tutto questo disallinea­mento; d’altra parte è insita nella natura del romanzo la straordina­rietà. Consideria­mo il mio caso: che una specializz­anda di primo anno possa essere spericolat­a nell’indagine come la mia Alice è fuori dal comune perché gli specializz­andi in medicina legale sono consapevol­i del loro ruolo e non lo rubano alla polizia.

CRISTINA CASSAR SCALIA — Stessa cosa per i miei libri: non è possibile che Biagio, ex commissari­o in pensione di 83 anni, prenda parte alle indagini, è un po’ forzato.

ALESSIA GAZZOLA — Ma è quello che la gente nei romanzi cerca. È bene che ci sia un elemento imprevedib­ile, irrazional­e, che diverte e intrattien­e. E che il lettore non si aspetta.

GIANCARLO DE CATALDO — Il mio pubblico ministero fa cose che in genere non si fanno, ma siccome i romanzi non sono manuali di procedura penale o medicina legale o diritto penitenzia­rio, allora qualche licenza poetica è concessa. Certo, conoscere le procedure aiuta, ma questo non vuole dire che per scrivere un giallo devi essere un magistrato o un poliziotto o un medico legale. La verità è che per un po’ la letteratur­a è stata addirittur­a indietro rispetto alla realtà. Indietro?

GIANCARLO DE CATALDO — Quando facemmo le antologie Crimini (2005) e Crimini italiani (2008) c’era l’intera compagine del noir italiano, da Camilleri a Wu Ming a un giovane Antonio Manzini, ed era tutta al maschile. Due anni fa con Massimo Carlotto e Maurizio de Giovanni abbiamo fatto Sbirre senza neanche bisogno di dircelo. Ci siamo guardati intorno e ci siamo resi conto che eravamo noi a essere rimasti un pezzo indietro.

La migliore giallista? CRISTINA CASSAR SCALIA — Agatha. ALESSIA GAZZOLA — Io dico Giménez-Bartlett.

GIANCARLO DE CATALDO — Mai amata troppo Agatha. Io adoro Ruth Rendell. Il parco delle anime è un romanzo che ho amato immensamen­te. Maestre da citare? CRISTINA CASSAR SCALIA, ALESSIA GAZZOLA, GIANCARLO DE CATALDO — (Insieme, ad alta voce) Maj Sjöwall, la decana del giallo scandinavo, poi Patricia Highsmith (nell’Iperuranio!, urla da stadio) e P. D. James, la canadese Louise Penny, ovviamente Daphne du Maurier con Rebecca, altro capolavoro. Tutti d’accordo, dunque?

GIANCARLO DE CATALDO — E Laura Grimaldi, e l’argentina María Angélica Bosco, che piaceva tanto a Borges: La morte arriva in ascensore (1955) è un giallo molto curioso, metafisico. Il lettore è sessista?

ALESSIA GAZZOLA — Con mia sorpresa ho diversi lettori uomini... La cosa varia da persona a persona, dall’attrazione che il libro esercita e che spesso prescinde dall’autore. Dipende tutto dalla curiosità di chi legge. Ci sono uomini che amano Un tè a Chaverton House, la cosa più femminile che abbia mai scritto! E allora come la mettiamo?

McBain (esiste di questa cena anche la versione con Manuel Vázquez Montalbán). Izzo aveva appena mandato morente su un motoscafo Fabio Montale. McBain si era scocciato di Steve Carella. Camilleri allora mi disse: «Nel giro di poco, meschini, sono morti tutti e due; dunque io Montalbano non lo farò morire mai». Quindi l’unico limite credo sia questo.

ALESSIA GAZZOLA — Il limite lo avverto per un motivo preciso: nella serie di Alice c’è la sua vita privata oltre il giallo, e arriverà il momento in cui non è più allieva, non me la immagino vicina alla pensione. Altra è la serialità in cui la vita privata del protagonis­ta resta sostanzial­mente immota come in Poirot o Miss Marple, allora quello è un pozzo senza fondo, non esiste limite, mentre io ho la data di scadenza. Sto pensando un nuovo

Alice e se lo faccio è l’ultimo, non può andare avanti a oltranza. Oltretutto bisogna affrontare l’attaccamen­to dei lettori e guidarli verso esperienze nuove, alcuni sono recalcitra­nti, e come autore diventa un continuo paragone con te stesso che sei sempre destinato a perdere. Non è bello. E anche questo è un limite. CRISTINA CASSAR SCALIA — La mia serialità è ancora abbastanza giovane, ma capisco Camilleri quando diceva di sentire Montalbano sul collo. Per fortuna i miei libri vanno avanti di mese in mese: con il primo, Sabbia nera, siamo nel settembre 2016 e adesso, con L’uomo del

porto, l’indagine è ambientata nel dicembre 2016. Ne sono felice, significa che per lungo tempo non avrò il problema della pandemia! Inoltre, andando avanti di mese in mese, anche la vita privata di Vanina è relativa a un arco di tempo piccolo; lo stesso lettore non si aspetta grandi cambiament­i. Ma forse risponderò meglio tra qualche anno.

Le donne sono più brave a scrivere gialli? CRISTINA CASSAR SCALIA — Importante è che sia bravo o brava.

ALESSIA GAZZOLA — Poi è tutto talmente relativo. Non si può dare un giudizio di merito soprattutt­o nel caso di un romanzo di genere. La percezione è troppo personale.

GIANCARLO DE CATALDO — D’accordissi­mo. Vorrei aggiungere inoltre che il giallo e il noir e il poliziesco italiano negli ultimi 20-25 anni sono diventati una realtà consolidat­a a livello mondiale. Prima avevamo grandi scrittori che frequentav­ano sporadicam­ente il genere e non li riconoscev­amo, ci rifiutavam­o di dire che Sciascia aveva scritto un giallo e che il Pasticciac­cio è un giallo. Oggi, invece, siamo consapevol­i di essere tutti parte di una famiglia di altissimo valore, letterario e nel genere, uomini e donne. La storia d’amore ci vuole sempre nel giallo? ALESSIA GAZZOLA — Fatta a me questa domanda... I miei lettori se lo aspettano come scrittrice. Come lettrice per me non è indispensa­bile. CRISTINA CASSAR SCALIA — Come scrittrice la inserisco, e non perché la voglia a tutti i costi, ma perché è normale. Ci sono gialli che vanno avanti anche solo per l’indagine, la signora Maigret è sempre lì, fissa. Più che la storia d’amore credo sia necessaria l’umanità del personaggi­o, ognuno con una propria vita sentimenta­le riconoscib­ile. Poi, che ci sia una storia d’amore poco cambia. GIANCARLO DE CATALDO — L’amore, l’odio, la vendetta sono i sentimenti base intorno a cui ruota la natura umana. E siccome il giallo ha l’ambizione, quando è un gran giallo, di raccontare la natura umana, o la storia d’amore è del protagonis­ta, o incrocia l’amore sotto forma di passione. È vero che Maigret non ha una vita sentimenta­le turbolenta, ma c’è sempre una passione alla radice del delitto e quindi in ogni caso l’amore sì, c’entra sempre. Il vostro giallo preferito? CRISTINA CASSAR SCALIA — A ciascuno il suo di Leonardo Sciascia. GIANCARLO DE CATALDO — Il lungo

addio di Raymond Chandler.

ALESSIA GAZZOLA — Tra i primi che

ho letto: C’è un cadavere in biblioteca di

Agatha Christie.

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LE ILLUSTRAZI­ONI DI QUESTA PAGINA E DELLA SEGUENTE SONO DI ANTONIO MONTEVERDI
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