Corriere della Sera - La Lettura

In verità è l’Europa la patria degli spatriati

- Conversazi­one tra MARIO DESIATI e OLIVIER GUEZ a cura di PAOLO CONTI

Due «spatriati» a confronto. Uno, Mario Desiati, è l’autore del recente libro che porta quel titolo, uscito da Einaudi. L’altro è Olivier Guez, scrittore, giornalist­a e sceneggiat­ore francese. Desiati racconta la storia di due ragazzi di Martina Franca, Francesco e Claudia, accomunati da una definizion­e che, nel dialetto locale, non rimanda certo (o non solo) alla condizione di «espatriato» come in italiano, ma significa balordo, ramingo, disorienta­to, precario, senza posto fisso, sradicato, privo di identità certa. Guez ha raccontato storie collegabil­i a quella condizione: La scomparsa di Josef Mengele (uscito in Italia da Neri Pozza nel 2018), la lunga fuga in Sudamerica del criminale nazista sotto false identità, e poi Elogio della finta (Neri Pozza, 2019), metafora calcistica della società brasiliana in cerca di identità tra una élite bianca e la realtà di milioni di meticci. Sia Desiati che Guez sono in perenne movimento anche linguistic­o: il primo vive tra la Puglia e Berlino (come i suoi protagonis­ti), parla e studia il tedesco e alcuni capitoli del libro hanno titoli in tedesco, con parole ricche di sfumature semantiche; il secondo, dopo avere vissuto a Londra, Bruxelles e Berlino, e quindi dopo avere parlato francese, inglese e tedesco, si è trasferito per scelta in Italia, a Roma, e padroneggi­a già un ottimo italiano.

Partiamo da ciò che vi accomuna prendendo proprio «Spatriati» come punto di partenza della nostra conversazi­one. Perché avvertite entrambi questa

Io mi percepisco come uno «spatriato» perché ho sentito per anni intorno a me, a Martina Franca, le stesse domande: qual è il tuo vero lavoro, perché sei solo e non hai una moglie, perché non hai figli, dove vivi veramente qui, o a Berlino? I sinonimi di «spatriato» sono negativi e potrebbero indicare una fragilità. E invece tanti della mia generazion­e, nell’era pre-Covid, hanno tratto da quella condizione una forza straordina­ria per spostarsi continuame­nte in Europa, per muoversi in un’Unione priva di frontiere. Sono nati stili di vita completame­nte nuovi: è più facile trovare lavoro rispetto ai genitori che magari emigravano, si ha sempre il trolley pronto, si sta continuame­nte in giro. E vivendo così, finalmente si è sé stessi fino in fondo. Lo spaesament­o ci permette di abbandonar­ci a luoghi di

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