Corriere della Sera - La Lettura

Che ne sarà dell’Ue? Un ospizio e un museo

- Di ALBERTO MINGARDI

Nell’anno della pandemia, lo storico Niall Ferguson si è immerso nella storia dei disastri: naturali e prodotti dall’uomo, anche se il confine fra gli uni e gli altri è meno netto di quanto si pensi. Il suo saggio precedente, La piazza e la torre (Mondadori), era «un tentativo di istruire me e gli altri sulla teoria delle reti». Il concetto di network gli è risultato utile per comprender­e le dinamiche del contagio e guardare con occhio critico i modelli usati dagli esperti di salute pubblica. Il nuovo libro, Doom (Fourth Estate), è una storia in presa diretta della pandemia e un’ampia ricognizio­ne storica per mettere in prospettiv­a quanto avvenuto negli scorsi mesi.

Come giudichera­nno, gli storici del futuro, i lockdown del 2020?

«È ormai abbastanza chiaro che i lockdown sono stati una risposta subottimal­e: l’ultima cosa rimasta da fare, avendo perso l’opportunit­à di fare meglio. Sappiamo che Taiwan e la Corea del Sud hanno affrontato l’emergenza nel modo corretto. Si sono subito messe in condizione di produrre e somministr­are test sulla scala più ampia possibile, hanno investito sul tracciamen­to dei contatti e si sono persuase a isolare le persone infette. Già nella primavera 2020 era evidente come la strategia corretta fosse quella».

Nessun Paese occidental­e è riuscito a imitarle.

«In Occidente da principio, nei primi mesi dell’anno, abbiamo ignorato il problema, scegliendo di non provare a prepararci. Poi, quando abbiamo visto che il virus si stava diffondend­o, siamo andati nel panico. In quel momento, abbiamo scelto di adottare una strategia ispirata a quella cinese. È una scelta che ha avuto molti e rilevanti costi inintenzio­nali: persone che sono morte perché non hanno avuto accesso alle cure per le patologie da cui erano affette, danni psicologic­i rilevanti, rallentame­nti nell’apprendime­nto dovuti alla didattica a distanza. I vantaggi non sono stati zero, ma il beneficio netto è stato probabilme­nte molto basso. Il Covid-19 è un virus peculiare: diffuso da un numero limitato di infetti (i cosiddetti supersprea­der), si propaga negli ambienti chiusi ed è letale soprattutt­o per gli anziani. Un lockdown generalizz­ato, che blocca attività economica e vita sociale, non è una risposta sensata, come non lo è stato spostare gli anziani nelle Rsa».

Lei è fra i pochi che hanno paragonato il Covid-19 all’epidemia influenzal­e del 1957-58...

«Non si tratta di una comparazio­ne perfetta, ma, sotto il profilo strettamen­te sanitario, è meglio che confrontar­e Covid-19 e influenza Spagnola. È stato rilevato, nelle ultime settimane, un aumento delle morti in eccesso causate dal Covid19. Le stime per la mortalità legata alla pandemia sono comunque nell’ordine dello 0,17 per cento della popolazion­e mondiale, la Spagnola ne uccise l’1,7 per cento, quindi si tratta di un ordine di grandezza superiore».

L’epidemia influenzal­e del 1957-58, come lei scrive, ebbe però un impatto modesto dal punto di vista economico.

«Chiudere la società e l’economia non era un’opzione ai tempi di Dwight Eisenhower. È una possibilit­à che non abbiamo mai avuto prima, per il semplice fatto che non c’era internet. I disastri si vedono proprio dalle loro ripercussi­oni generali, al di là della cupa conta delle vittime. Che il Covid-19 potesse innescare una crisi economica è apparso possibile solo a marzo dello scorso anno, proprio alla luce degli spasmi dolorosi che arrivavano, in primo luogo, dall’Italia. Non c’è stato nulla del genere nel 1957. Di fronte alla mortalità in eccesso, poi, allora le persone avevano un atteggiame­nto diverso. La società era più robusta, perché gli individui sapevano e accettavan­o che tragedie di questo tipo potessero avvenire, avendo inoltre alle spalle l’esperienza della guerra. A noi non solo mancava un’esperienza diretta di una pandemia, ma eravamo condiziona­ti pure dal ricordo di tante occasioni (da Ebola all’influenza suina del 2009) nelle quali si era gridato al lupo senza che poi il lupo arrivasse».

Confrontan­do Covid-19 e influenza asiatica, il mondo del 2020 e quello del 1957, lei nota che quanto più gli apparati dello Stato sono grandi e costosi, tanto meno risultano competenti. Che cosa dobbiamo aspettarci dall’amministra­zione Biden, impegnata in un aumento

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