Corriere della Sera - La Lettura
UN REDUCE DEL REICH ISTRUIVA I MANAGER
Un giovane ufficiale delle SS, «testa pensante» al volenteroso servizio dei disegni imperiali hitleriani, galleggia attraverso il dopoguerra grazie a omertà e connivenze; scontata una condanna risibile, si reinventa guru nella gestione delle risorse umane, di cui per decenni dà lezioni lautamente retribuite a schiere di manager privati e persino alle forze armate della nuova Germania. Lo scandalo sul suo passato lo coglie ormai anziano e non gli impedisce di pubblicare fino agli ultimi giorni.
La vicenda di Reinhard Höhn avrebbe offerto materiale più che abbondante per il «solito» (ancorché doveroso) caso di studio sugli orrori del nazismo e la cattiva coscienza dell’epoca che è seguita. Invece nel suo libro
Nazismo e management
( traduzione di Duccio Sacchi, Einaudi, pp. 125, € 15,50)
Johann Chapoutot, già autore di importanti pubblicazioni sul tema, ne fa il perno di una riflessione più ampia, che inizia dalla rilettura del controverso rapporto tra il nazionalsocialismo e lo Stato, vissuto come strumento arcaico e limitante da superare attraverso «l’autorganizzazione» della comunità razziale.
Di più: la vicenda ricorda come il nazismo sia stato pienamente partecipe della rivoluzione manageriale e tecnocratica del XX secolo, tanto che Höhn non dovette modificare molto del suo pensiero originale per adattarlo alla situazione del dopoguerra; e quanto la scienza dell’organizzazione del lavoro, se assolutizzata e disumanizzata, possa finire al servizio di finalità aberranti (di cui il nazismo è un caso limite), pur lasciando ai sottoposti la sensazione di essere «liberi di obbedire».