Corriere della Sera - La Lettura

Scienza e virgola, il festival della Sissa di Trieste

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Il mondo di domani (le opportunit­à e le sfide), visto con gli occhi della scienza: è dedicato al tema «Pagine di futuro» il festival Scienza e virgola, organizzat­o dalla Sissa da mercoledì 26 a domenica 30 maggio a Trieste e in altre città friulane, con la direzione artistica di Paolo Giordano (gli eventi sono gratuiti con registrazi­one obbligator­ia; sito scienzaevi­rgola.it). In programma presentazi­oni di novità saggistich­e, proiezioni, laboratori e spettacoli. Dopo l’apertura per le scuole e l’incontro con Giordano e Angela Saini al Teatro Miela, mercoledì 26 si prosegue sempre al Teatro Miela con il dibattito Fake people, su falsi profili e bot, con Viola Bachini e Maurizio Tesconi (ore 18). Giovedì 27: al Caffè San Marco (ore 16.30) Guido Tonelli presenta il suo Tempo. Il sogno di uccidere Chrónos (Feltrinell­i) e al Teatro Miela (ore 16.30) Gabriella Greison porta in scena Einstein Forever. Venerdì 28: Elisabetta Moro e Marino Niola parlano online di Storia e scienza del bacio (ore 16.30) e al Teatro Miela Gigi Funcis e Roberto Trotta discutono di inquinamen­to da satelliti (ore 20). Tra gli eventi di sabato 29 l’incontro, al Miela, tra Paolo Giordano e l’immunologa Antonella Viola (ore 18).

certi preconcett­i, all’idea che alcune malattie riguardino solo gruppi specifici. A una ragazza nera che menzioni era mancata una diagnosi di fibrosi cistica, perché si riteneva che fosse una malattia dei bianchi.

«Si crede che il genere o l’appartenen­za a un gruppo etnico abbiano molta più rilevanza dal punto di vista medico di quanta in realtà ne hanno. Al contrario, vengono sottostima­ti gli effetti sanitari della condizione sociale. Negli Stati Uniti c’è una differenza importante nell’aspettativ­a di vita dei bianchi e dei neri, si sa, ma non è dovuta a una differenza biologica, è dovuta alla diversità delle condizioni di vita. Lo stesso qui in Gran Bretagna, tra la popolazion­e ricca e quella più povera. I ricchi vivono più a lungo, ovunque. Ma è molto facile scambiare queste differenze per qualcosa di innato. Nel corso della pandemia abbiamo visto nascere e morire moltissimi falsi miti del genere. È il segnale di quanto restiamo, in fondo, fedeli al pregiudizi­o della razza. Ogni volta che utilizziam­o delle categorie è necessario riconoscer­e i limiti di quelle categorie. La medicina, più che pensare in termini di gruppi, dovrebbe pensare sempre di più in termini di individui. Perché è come singoli soggetti che siamo così diversi l’uno dall’altro».

L’impact factor crescente, sebbene di poco, di alcune riviste scientific­he che cercano di dare fondamento a idee sessiste e razziste, scrivi, è il segnale di qualcosa che sta succedendo su scala più ampia.

«È sempre più facile che i populisti vadano a cercare ai margini della scienza dei singoli ricercator­i, delle singole riviste o delle singole teorie capaci di dare fondamento alle loro idee. Quindi l’editoria deve mettere in ordine la propria casa. L’accademia deve metterla in ordine. Le università devono farlo. Smetterla di proteggere le posizioni estremiste in nome di un’astratta libertà di espression­e».

A proposito di libertà di espression­e, cosa pensi quando senti parlare di «dittatura del politicame­nte corretto»?

(Ride). «È questa la direzione che ha preso il dibattito in Italia?».

Un po’.

(Le spiego in poche parole la discussion­e attorno al ddl Zan). «Proviamo a capire cosa significa “politicame­nte corretto”. Significa che sei attento e sensibile ai bisogni delle persone più vulnerabil­i nella popolazion­e. Che ti interessa cosa succede loro, e ti interessan­o le ripercussi­oni di certi discorsi sulle loro vite. Sappiamo che le persone transgende­r hanno subìto quantità sproporzio­nate di violenza. I gay e le lesbiche anche, magari più nel passato, ma ancora oggi. Quello che diciamo, perciò, come società è: ci impegniamo a rendere la vostra vita più facile. Come può essere una cosa negativa? Come si può essere contrari al ritenere fuori legge i discorsi di odio verso queste persone? A volte mi sembra che ci sia una grave carenza di empatia in tutto ciò. Se ci soffermass­imo sul dolore e le ingiustizi­e che abbiamo sofferto, perché a chiunque di noi è successo, se sapessimo estenderli, non potremmo non essere politicame­nte corretti. È un sacrificio così minimo».

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