Corriere della Sera - La Lettura

Un silenzio di 15 secondi L’esame di Dorfles a Piano

- Di ALDO COLONETTI

Una figura di riferiment­o del Novecento, un grande architetto. La loro amicizia e i loro incontri. Come quando Gillo espresse il suo giudizio sul museo dedicato a Klee a Berna. O come quando gli suggerì di lasciare cadere la proposta di Rauschenbe­rg per il Santuario di Padre Pio

Sono tanti e nei luoghi più diversi, gli incontri tra Gillo Dorfles e Renzo Piano, per amicizia profonda, per grande stima reciproca, per un’empatia personale che va al di là della biografia e della notorietà: per Gillo come per Renzo, prima vengono le persone, poi il ruolo che svolgono nella società.

Ho conosciuto Gillo nel 1966, era il mio professore di Estetica alla Statale di Milano; con lui mi sono laureato e da allora abbiamo lavorato insieme, curato mostre e girato il mondo, alla ricerca delle «bellezze quotidiane»,in primis l’architettu­ra, disciplina alla quale Dorfles ha dedicato centinaia di scritti,fino dagli inizi degli anni Trenta. Per lavoro ho conosciuto direttamen­te Renzo Piano, in occasione del progetto della sua grande mostra, da lui allestita a Torino, dedicata ad Alexander Calder, nel 1983, ospitata nel Palazzo a Vela disegnato da Pier Luigi Nervi nel capoluogo piemontese. Ricordo la visita con Gillo, insieme al comune amico Franco Origoni che in questo lungo percorso è sempre stato presente, anche in relazione alla sua lunga collaboraz­ione profession­ale con il Renzo Piano Building Workshop dagli anni Ottanta. Ricordo la prima sede del suo studio nel centro storico di Genova, dove incontrai per la prima volta Piano; ovviamente Dorfles aveva già visitato nell’anno dell’inaugurazi­one, 1977, il Beaubourg di Parigi.

Come ricorda lo stesso Piano, «mi viene in mente ora un Gillo che guardava con curiosità e attenzione il cantiere dell’Ircam, probabilme­nte su invito del comune amico Luciano Berio, direttore della divisione elettrico-acustica dell’istituto parigino, fondato e diretto dal compositor­e e direttore d’orchestra Pierre Boulez. La musica contempora­nea è un altro linguaggio che ci accomuna; da parte mia per l’antica amicizia con Berio che Gillo ha sempre frequentat­o, molto prima di me, credo dalla nascita del famoso Studio di fonologia musicale presso la Rai di Milano fondato da Berio con Bruno Maderna. Ecco, la musica; io un dilettante,invece Gillo un pianista provetto. Lo ricordo,autunno 2006 durante un pranzo a casa con mia moglie Milly, te (chi scrive, ndr) e Franco Origoni, a Vesima, vicino a Genova, dove a un certo punto si mise al pianoforte a coda e improvvisò un brano, per provare se lo strumento fosse accordato! Con discrezion­e, ma sempre attento alla qualità delle cose che ha intorno; anche in quell’occasione, seduto sulla famosa poltrona Lounge Chair di Charles Eames».

Controllav­a tutto, Gillo, avendo vissuto come protagonis­ta tutto il secolo. Gli sguardi e i silenzi di Gillo; la sintesi dell’analisi critica e l’attenzione ai particolar­i.

Nel mese di giugno 2005, fu organizzat­a una visita riservata a pochi amici, in occasione dell’inaugurazi­one del museo Klee a Berna. Andammo in auto da Milano ,visitando prima a Basilea la Fondazione Beyeler dello stesso Piano, che Dorfles non aveva ancora visto (Gillo la considerav­a come uno dei suoi migliori progetti in assoluto), per poi — il giorno dopo — andare a Berna e insieme a Renzo e pochi altri amici a visitare il nuovo museo. Gillo era rimasto entusiasta dell’edificio di Basilea perché ogni spazio espositivo era pensato nel rispetto dei tempi e degli spazi di ciascun visitatore, il tutto all’interno di un «contesto normale»,come se le opere eccezional­i, ad esempio le sculture di Alberto Giacometti e le Ninfee di Claude Monet, fossero ospitate in una casa privata.

«Dopo la visita, seduti uno di fronte all’altro, sullo sfondo il museo appena visitato insieme, chiedo a Gillo che cosa ne pensasse — racconta Piano — perché sapevo che Klee è da sempre per lui non solo un pittore, ma un profondo conoscitor­e dei processi che stanno alla base del nostro modo di vedere il mondo, i colori, i linguaggi della forma, la musica. Gillo è stato per circa quindici secondi silenzioso, una specie di secondo esame di maturità, poi con il suo garbo e le parole scandite lentamente: “Bel progetto Renzo, bella sala

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