Corriere della Sera - La Lettura

TI HO LETTO, AGAMBEN

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Lo scorso autunno, con l’inasprirsi delle misure contro il coronaviru­s, mi sono tornati in mente i pezzi che aveva scritto Giorgio Agamben mesi prima su stato d’eccezione, decretazio­ne d’emergenza, leggi speciali, e mi è venuta voglia di approfondi­re il suo pensiero. Il filosofo era stato criticato da più parti per le sue opinioni sulla gestione della pandemia e io stesso, nel mio piccolo, mi dibattevo tra la volontà di respingere drasticame­nte le sue idee e la tentazione di aderirvi.

I provvedime­nti presi dal governo mi sembravano, e mi sembrano, inevitabil­i vista la situazione drammatica in cui il mondo intero si è trovato, nello stesso tempo era innegabile che nel primo lockdown la mia vita si fosse ridotta a semplice sopravvive­nza e che, dopo un’estate di tregua, le nuove restrizion­i l’avrebbero riportata rapidament­e a quella condizione. Non avrei più cenato con gli amici, non sarei salito a Trieste ad abbracciar­e mia madre neanche per Natale, non sarei andato agli spettacoli di RomaEuropa festival, non avrei visto mostre né visitato gallerie, avrei mangiato esperiment­i improvvisa­ti o peggio premeditat­i dalla mia compagna, avrei studiato le cornacchie nel giardino condominia­le, avrei guardato le televendit­e, avrei dormito. Certo, grazie alle limitazion­i a cui ero costretto non sarei morto, e magari avrei anche evitato di far morire altre persone, ma quella si poteva ancora definire vita? La vita che ci restava una volta tolte le nostre libertà era ancora tale?

Lo scorso autunno, con l’inasprirsi delle misure anti-Covid dopo la tregua estiva, mi sono ricordato gli articoli (spesso criticati) del filosofo su stato d’eccezione, decreti d’urgenza, leggi speciali, e mi è venuta voglia di approfondi­rne il pensiero. Perciò ho comprato l’edizione integrale di «Homo Sacer», che non si possono affrontare sul divano: sono vent’anni di tentativi di rispondere al vita sacra e nuda vita, pubblico e privato, corpo e relazioni. Ci dedicavo ore ogni giorno. Poi andavo a correre per riflettere meglio

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