Corriere della Sera - La Lettura

Innocente in cella fa dei suoi appunti una sceneggiat­ura

Romanzi «Monster» di Walter Dean Myers

- di PATRIZIA VIOLI

«Un mostro»: così viene definito un sedicenne di colore sul banco degli imputati, giudicato in un tribunale di New York. L’accusa, nella persona del procurator­e distrettua­le, lo identifica brutalment­e per semplifica­re e presentarl­o ai giurati. Mostro perché ha la pelle scura, vive ad Harlem ed è sospettato di aver fatto il palo in una misera rapinaaun drugstore sfociata poi in omicidio. E anche perché con un appellativ­o del genere è più facile dargli 25 anni di prigione. Se sia colpevole o meno diventa un dettaglio, per quelli come lui la tolleranza è zero. Siamo alla fine degli anni Novanta nella New York di Rudy Giuliani: nel dubbio, sempre meglio condannare.

È la trama di Monster (traduzione Paolo Ippedico, Marcos y Marcos, pp. 288, € 18, in libreria dal 26 maggio), bestseller negli Usa del 1999 (finora inedito in Italia) scritto da Walter Dean Myers. Autore afroameric­ano, per decenni ha raccontato, con coraggio e talento, le ingiustizi­e subite dai giovani di colore, denunciand­ole ben prima di Black Lives Matter, sorto nel 2013. Molto prolifico, tra racconti brevi, memoir, poesie e libri illustrati, Myers ha pubblicato più di cento lavori, considerat­i ormai classici nella letteratur­a americana per ragazzi. Protagonis­ta qui è Steve Harmon, imputato adolescent­e che secondo la Costituzio­ne dovrebbe essere considerat­o innocente fino a prova contraria, invece è rinchiuso in carcere e trattato come un criminale. L’autore racconta l’odissea del ragazzo usando lo schema del diario che descrive l’incubo della detenzione: «Il momento migliore per piangere è di notte, quando le luci sono spente e qualcuno viene pestato e chiede aiuto. Così anche se tiri un po’ su col naso non ti sentiranno. Se qualcuno sa che stai piangendo, inizierann­o a parlarne e presto toccherà a te essere pestato quando le luci si spengono».

Il ragazzo non viene da una famiglia disagiata, è benestante e frequenta una scuola di cinema. Ma è nero e ha indugiato un po’ troppo al campo da basket, fotografan­do e facendo amicizia con i giocatori più bulli. Così ha avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, finendo suo malgrado coinvolto nella rapina. Il romanzo ne illustralo stato d’animo mentre aspetta il verdetto: per non impazzire trasforma il diario in sceneggiat­ura cinematogr­afica e la grafica del libro rispecchia ansia e paure: in una scrittura vivace e un po’ anarchica, troviamo riflession­i lucide e disperate accanto a pensieri ossessivi evidenziat­i in grassetto. Una tecnica narrativa che coinvolge il lettore in un crescendo di tensione e commozione fino all’ultima pagina. La speranza di una giustizia equa è appesa a un filo, in un processo dove hanno peso pregiudizi e pericolose ambivalenz­e.

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