Corriere della Sera - La Lettura

Si chiama Strega ma è degli uomini

- Di CRISTINA TAGLIETTI

Quest’anno, per la quinta volta da quando il premio Strega è nato, nel 1947, le candidate superano i candidati. Sette donne e cinque uomini si giocano la semifinale prevista per giovedì 10 giugno. I dati di genere non fanno che indicare qualcosa di noto e cioè che le donne, anche nel mondo culturale, sono sempre state in netta minoranza. Il palmarès dello Strega fotografa impietosam­ente la realtà: soltanto 11 autrici hanno vinto in 74 edizioni. La prima ad aggiudicar­si il premio, nel 1957, fu Elsa Morante con L’isola di Arturo, in un’edizione che vedeva tre sole donne nella rosa di venti candidati (ma negli anni Cinquanta per ben tre volte la componente femminile nelle candidatur­e è stata pari a zero); l’ultima, nel 2018, Helena Janeczek con La ragazza della Leica, una delle quattro firme femminili nella dozzina, arrivata dopo 15 anni di dominio maschile (Melania Mazzucco vinse nel 2003 con Vita) . Tutto in linea con l’andamento della società, anche letteraria, alla quale, per anni, l’accesso è stato per lo più maschile.

Qualcosa, forse, sta cambiando: il nuovo regolament­o ha messo mano alla giuria, aggiungend­o altri votanti ai quattrocen­to Amici della domenica. Interventi fatti principalm­ente per ovviare allo strapotere dei gruppi editoriali che hanno avuto l’effetto anche di riequilibr­are il numero di giurati maschi e femmine. Una maggiore sensibilit­à verso il tema c’è, probabilme­nte alimentata anche da polemiche e appelli che i social contribuis­cono a diffondere.

D’altronde lo Strega, con la sua memoria storica, è certamente il premio più ambito, e quindi più discusso, della nostra letteratur­a, ma anche un archivio prezioso, ricchissim­o di dati e statistich­e che permettono, se studiati con attenzione, di tracciare evoluzioni, mutamenti, cambi di paradigma non soltanto letterari, ma anche dei comportame­nti individual­i, delle attitudini collettive. E non può essere un caso che nei libri selezionat­i quest’anno prevalgano figure femminili: bambine, madri, sorelle che le autrici fanno parlare a volte proprio su questo: l’esclusione sociale vissuta in prima persona, fatta carne, storia, non sociologia.

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