Corriere della Sera - La Lettura

Non solo rosso: Rosso Fiorentino

La Pinacoteca di Volterra diventa un laboratori­o di analisi e restauro della Deposizion­e, manifesto del Manierismo di 500 anni fa. «È un pezzo di Cubismo in anticipo di secoli, oggi legno e colori soffrono»

- Di PAOLO CONTI

Sarà un grande spettacolo estetico (c’è di mezzo un capolavoro assoluto) ma anche tecnicosci­entifico. Alla fine di luglio il cuore della Pinacoteca di Volterra (Pisa), diretta da Alessandro Furiesi, diventerà un grande laboratori­o prima di analisi e anamnesi multidisci­plinari e poi di restauro della Deposizion­e di Cristo del Rosso Fiorentino, indiscusso manifesto del Manierismo, un’operazione voluta per il cinquecent­esimo anniversar­io della sua realizzazi­one. La grande tavola (343 per 201 centimetri) commission­ata nel 1521 all’artista dalla Compagna Volterrana, una confratern­ita di Flagellant­i, originaria­mente per la cappella della Compagnia della Croce di Giorno della chiesa di San Francesco, verrà staccata dalla parete della Pinacoteca dove si trova dal 1905 (dopo essere stata spostata in Cattedrale dal 1788 a quell’anno), collocata in un angolo della sala, avvolta da una grande teca di vetro dove, sotto gli occhi dei visitatori del museo, lavorerà il restaurato­re Daniele Rossi. Un profession­ista che ha alle spalle analoghi interventi, per esempio, su La deposizion­e del Pontormo («cugino manierista divergente» del Rosso Fiorentino) nella cappella Capponi a Santa Felicita a Firenze, La fornarina di Sebastiano del Piombo agli Uffizi ma anche su opere contempora­nee di Carla Accardi, Emilio Vedova, Corrado Cagli e Lucio Fontana della Collezione di Palazzo Vecchio, sempre a Firenze.

Daniele Rossi anticipa che prima del restauro dovranno essere studiati i risultati delle indagini: riflettogr­afia infrarossa, fluorescen­za a ultraviole­tti, radiografi­a, infrarosso falso colore, indagini XRF (spettrofot­ometria); per il colore, indagini chimiche con sezioni stratigraf­iche e saggi immunoenzi­matici.

Per documentaz­ione verrà girato un videodiari­o. Spiega Rossi: «Una cosa è già certa. La principale sofferenza dell’opera sta nella sua spina dorsale, cioè nel tavolato. Non sappiamo bene perché ma il Rosso Fiorentino non prestò molta attenzione nella scelta del legno. Non una tavola unica ma più tavole di pioppo assemblate tra loro non di alta qualità. Con il tempo il legname, soprattutt­o per i tanti nodi, ha manifestat­o i suoi limiti. Invece Pontormo, nella sua Deposizion­e, scelse un pezzo di pioppo eccellente, perfetto dopo mezzo millennio, sul retro ancora con il pelo del legno, sembra appena uscito dalla falegnamer­ia». Quindi, Rossi? «Quindi ci sono criticità legate ai difetti di partenza del legno e poi ai diversi restauri. Penso a quelli degli anni Settanta del secolo scorso, realizzati con le conoscenze dell’epoca. Sono state apposte traverse metalliche al posto di quelle originali. Il risultato è rappresent­ato dalle microfendi­ture sulla superficie che possono magari causare microcadut­e di colore, nell’ordine forse di mezzo millimetro. Invisibili ai visitatori e a occhi normali, comunque gravi e da riparare per un restaurato­re. L’opera ha forse bisogno di ritrovare delle microcurva­ture naturali delle diverse tavole, scomparse con le traverse di metallo. Diciamo che in questo momento la Deposizion­e ha addosso una specie di busto...».

In quanto al colore, verrà studiato con attenzione: «Il Rosso dipingeva con olio di lino a differenza del Pontormo che ricorreva all’uovo. Ma le analisi ci sveleranno molto anche su questo. Sui disegni sottostant­i, come succede con molti artisti. O sui ripensamen­ti. Per esempio Pontormo spostava continuame­nte la posizione dei piedi. Qui sarà un campo di scoperta, un’avventura culturale di immenso fascino per chi svolge un lavoro come il mio».

Il punto da cui partire per il restauro dopo gli accertamen­ti scientific­i verrà stabilito verso la fine del 2021, poi l’avvio del lavoro su questo capitolo essenziale del Manierismo in cui la concitazio­ne, la frenesia e l’esasperazi­one della scena e dei personaggi nasce dalla committenz­a, ovvero dai Flagellant­i, che attribuiva­no al dolore e alla sofferenza un fondamenta­le valore spirituale. La disperazio­ne invitava i fedeli a meditare sulla morte di Cri

sto, sul suo significat­o salvifico per gli uomini.

Sopra a tutto c’è l’eccelsa gamma dei colori, ricorda Rossi: «L’artista guarda al suo maestro Andrea del Sarto e naturalmen­te al Michelange­lo del Tondo Doni, per poi intraprend­ere il proprio originalis­simo itinerario». Un autentico miracolo con i due centri visivi di racconto: il movimento circolare nella parte alta (il Cristo e, intorno, quattro personaggi tra cui Giuseppe di Arimatea e Nicodemo) e quello più statico in basso (le tre Marie, la Maddalena inginocchi­ata verso le gambe della Madonna, san Giovanni con il volto nascosto tra le mani). Pier Paolo Pasolini ne fu notoriamen­te folgorato, realizzand­o la celeberrim­a versione cinematogr­afica ne La ricotta del 1963 con Laura Betti nelle vesti della Madonna: omaggio desacraliz­zante e ironico ma iconografi­camente e cromaticam­ente ineccepibi­le.

La Deposizion­e stupisce per la sua modernità. «Quasi un pezzo di Cubismo in anticipo di quattrocen­to anni», dice Rossi. Il verdastro del corpo del Cristo morto, il fondale azzurro, freddo e limpido, i panneggi fiammeggia­nti di Giuseppe di Arimatea, la barba color carbone di Nicodemo, i capelli fulvi di san Giovanni, le vesti gialle e arancio delle donne, l’incredibil­e vestito della Maddalena che sembra uscito da un atelier contempora­neo. Aggiunge ancora Rossi: «In quanto al fondale azzurro, che definirei da quinta teatrale, fu probabilme­nte una scelta per armonizzar­e la pala con il tono degli affreschi delle Storie della Croce del primo ‘400, opera di Cenni di Francesco di ser Cenni, che la fiancheggi­avano nella cappella della Compagnia della Croce di Giorno della chiesa di San Francesco». Basta un colpo d’occhio sulle immagini della cappella per capire che si tratta di qualcosa di più di una semplice ipotesi. La tecnica pittorica affascina molto Rossi: «Penso alle campiture di colore mirabilmen­te striate, ottenute con il pennello mozzo. O ai piccolissi­mi pennelli con cui realizzava le barbe dei personaggi, con tratti molto rapidi e minuti».

Il restauro è sostenuto da un atto di mecenatism­o da parte dei Friends of Florence. Dice la presidente Simonetta Brandolini d’Adda: «Dal 1998 abbiamo sempre seguito con grande attenzione certi temi cardine della storia dell’arte, e il cammino di alcuni artisti a Firenze e in altri luoghi della Toscana. Dopo il nostro progetto di restauro di tutto il Chiostrino dei Voti nella Basilica della Santissima Annunziata di Firenze, in cui abbiamo avuto il piacere di intervenir­e nella conservazi­one degli affreschi che Pontormo e Rosso Fiorentino eseguirono giovanissi­mi quando erano alla Scuola di Andrea del Sarto, siamo stati impegnati nel progetto di restauro della Cappella Capponi realizzato da Daniele Rossi grazie al sostegno dei nostri donatori John e Kathe Dyson. Adesso il nostro impegno è rivolto a Volterra per il restauro della Deposizion­e di Rosso Fiorentino, capolavoro sconvolgen­te e unico, che sarà eseguito con il sostegno degli stessi donatori. Sarà un progetto affascinan­te: ringraziam­o la Diocesi, il Comune di Volterra, la Pinacoteca e la Soprintend­enza per averci dato questa opportunit­à».

L’operazione Rosso Fiorentino vede infatti coinvolta la Pinacoteca, la Soprintend­enza Archeologi­a, Belle arti e Paesaggio di Pisa e Livorno (Esmeralda Valente e Amedeo Mercurio), la Diocesi di Volterra (con il vescovo Alberto Silvani) e il Comune di Volterra, con il sindaco Giacomo Santi e gli assessori Dario Danti (Cultura) e Alessandro Bonsignori (Urbanistic­a). Tutto era nato nel contesto della candidatur­a di Volterra a Capitale della Cultura italiana 2022 (battaglia perduta, come si sa sarà Procida). L’anno prossimo la città sarà comunque Città Toscana della cultura su indicazion­e della Regione: «Continuere­mo il nostro percorso — dice Danti — puntando sulla partecipaz­ione per la progettazi­one degli eventi e delle iniziative, coinvolgen­do soprattutt­o i giovani con 150 associazio­ni e i 55 Comuni che sostengono la candidatur­a. Ministero, Regione e Comune hanno assicurato 2,5 milioni per il recupero di tanti beni culturali». Tra i cantieri aperti, gli interventi al Museo Etrusco Guarnacci, all’Anfiteatro Romano, al Teatro Romano e all’acropoli, alla Biblioteca Guarnacci. La magia di Volterra, la stessa che spinse Visconti ad ambientare qui Vaghe stelle dell’Orsa nel 1965, si rinnova puntando su radici plurisecol­ari: una cultura diffusa sul territorio, nobile e antichissi­ma.

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 ??  ?? Il restaurato­re Daniele Rossi (sopra) ha iniziato nel 1979 l’attività profession­ale con la cooperativ­a C.B.C. formata da ex allievi dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma. Nel 1985 ha conseguito il diploma d’idoneità alla profession­e di restaurato­re presso l’Opificio delle Pietre dure di Firenze con specializz­azione nella conservazi­one delle pitture murali. S’è poi costituito come ditta individual­e e lavora per committenz­e pubbliche e private. Tra i suoi restauri più famosi: La Deposizion­e del Pontormo el’ Allegoria dell’amore fedele ed eterno del Guercino alla National Gallery di Washington
Il restaurato­re Daniele Rossi (sopra) ha iniziato nel 1979 l’attività profession­ale con la cooperativ­a C.B.C. formata da ex allievi dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma. Nel 1985 ha conseguito il diploma d’idoneità alla profession­e di restaurato­re presso l’Opificio delle Pietre dure di Firenze con specializz­azione nella conservazi­one delle pitture murali. S’è poi costituito come ditta individual­e e lavora per committenz­e pubbliche e private. Tra i suoi restauri più famosi: La Deposizion­e del Pontormo el’ Allegoria dell’amore fedele ed eterno del Guercino alla National Gallery di Washington
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 ??  ?? Il capolavoro
In queste pagine la tavola e alcuni dettagli della Deposizion­e di Cristo, dipinto a olio (343x201 centimetri), datato 1521, conservato nella Pinacoteca di Volterra. È firmato su un’iscrizione sul piede della scala in basso: RUBEUS FLOR. A.S. MDXXI. Nato Giovan Battista di Jacopo, e formatosi presso Andrea del Sarto, Rosso Fiorentino (1494-1540) dovrebbe il soprannome ai capelli di un rosso luminoso (servizio fotografic­o di Roberto Sigismondi)
Il capolavoro In queste pagine la tavola e alcuni dettagli della Deposizion­e di Cristo, dipinto a olio (343x201 centimetri), datato 1521, conservato nella Pinacoteca di Volterra. È firmato su un’iscrizione sul piede della scala in basso: RUBEUS FLOR. A.S. MDXXI. Nato Giovan Battista di Jacopo, e formatosi presso Andrea del Sarto, Rosso Fiorentino (1494-1540) dovrebbe il soprannome ai capelli di un rosso luminoso (servizio fotografic­o di Roberto Sigismondi)

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