Corriere della Sera - La Lettura

L’OPERA FRANCESE CANTA LA LINGUA

- Di GIAN MARIO BENZING

Dal 14 dicembre 1645, quando nella Salle du Petit Bourbon di Parigi va in scena la prima opera, La finta pazza di Francesco Sacrati, il teatro musicale in Francia è un laboratori­o di forme, un crogiolo di querelle di incredibil­e pervasivit­à sociale e culturale. Quanto mai avvincente da esplorare, specie se con l’apertura d’orizzonti che mostra ora la nuova Histoire de l’Opéra Français, a cura di Hervé Lacombe, di cui è appena uscito il volume sul Sei e Settecento, da Luigi XIV alla Rivoluzion­e (Fayard, pp. 1.272, € 39). Il progetto, in 3 volumi, raduna saggi di circa 200 studiosi internazio­nali, con un’ampia ramificazi­one tematica. Dopo i pionieri Perrin, Cambert e Boësset, seguiamo le trasformaz­ioni della musica attraverso tre autori-cardine, Lully, Rameau e Gluck, in parallelo ai mutamenti politici (Luigi XIV, XV e XVI), con capitoli chiari ed efficaci. Così l’evoluzione dei generi, tragédie en musique, pastorale, opéra-ballet, si specchia in un complesso di fenomeni, dalla ricezione al ruolo delle donne (anche come autrici e coreografe), fino al caratteris­tico peso dello Stato nella politica teatrale: il confronto con l’Italia, Parigi vs Venezia, alla ricerca di uno «specifico» che non è solo la fusione con la danza, ma nasce già dalla lingua francese, «generatric­e dell’ethos musicale nazionale».

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