Corriere della Sera - La Lettura

I neo desideri

Religione Dio come pura proiezione dei nostri bisogni. O, all’opposto, i bisogni come prova dell’esistenza di Dio. Tra questi due poli estremi si colloca la ricerca difficile ma feconda di una nuova dimensione spirituale

- di MARCO VENTURA ILLUSTRAZI­ONE DI ANNA RESMINI

Èpassato un secolo dagli scritti di Knight Dunlap. Negli anni Venti del Novecento lo psicologo americano dedica pagine nette al rapporto tra il desiderio e la religione. Proprio nella ricerca della soddisfazi­one dei desideri e nei relativi insuccessi troverebbe origine la religione. «L’unica teoria sulla religione che oggi sembra avere valore come ipotesi scientific­a di lavoro», scrive Dunlap nel 1926, «è la teoria che la religione abbia la sua origine e il suo sostegno nell’insoddisfa­zione per la vita». Tale insoddisfa­zione, spiega Dunlap, spinge l’uomo «a riflettere sul fallimento della vita nel soddisfare i desideri umani primari».

La ragion d’essere della religione va così cercata nel desiderio di cibo, riparo, protezione, riposo, attività, progenitur­a, gratificaz­ione sessuale, e ancora nel desiderio di conformità e preminenza, ovvero nella mancata soddisfazi­one del desiderio e nella capacità umana di riflettere sul fallimento. In un’opera del 1946, tre anni prima di morire, lo psicologo ricapitola la sua ricerca sul «ruolo del desiderio nella religione»: il desiderio crea la religione, e di conseguenz­a l’evolvere del desiderio muta la forma della religione, ne determina lo sviluppo, il rinnovamen­to.

La generazion­e formatasi a fine Ottocento

pone così le premesse per l’approccio al rapporto tra desiderio e religione nel pensiero occidental­e moderno. Quanto più la religione è desiderio, quanto più essa si sviluppa in risposta al desiderio, tanto più si rivela l’assenza di Dio, giacché è il desiderio stesso che costituisc­e la religione, invenzione umana, e non una divinità altra dall’uomo. Il «ruolo del desiderio» è quello di produrre la religione proprio mentre produce l’illusione che Dio esista.

A un secolo di distanza, in un mondo profondame­nte mutato, l’approccio di Dunlap suona già antico. La psicologia della religione e i suoi sviluppi scientific­o-tecnologic­i ormai estesi alle neuroscien­ze e all’intelligen­za artificial­e hanno ulteriorme­nte nutrito una scienza della religione fondata sul presuppost­o dell’inesistenz­a di Dio. Tuttavia, chi ha sperato che il pensiero scientific­o conducesse a un desiderio umano emancipato dal divino è per ora rimasto deluso. Mentre i credenti hanno imparato a convivere con una psicologia secolare del desiderio, si sono moltiplica­ti negli ultimi decenni i tentativi di trovare alternativ­e.

In alcuni casi si è resa esplicita una visione antagonist­a, come nel rifiuto della psicanalis­i da parte della Chiesa di Scientolog­y. In altri casi si sono disegnati percorsi di conciliazi­one, come nei tentativi di sintesi tra religione antica e religioni orientali o in un cristianes­imo ripensato

«tra desiderio e realtà», come suggerì nel 1981 il sottotitol­o del volume fondamenta­le dedicato da André Godin alla Psicologia delle esperienze religiose (Queriniana, 1983).

Vi sono dunque tante ragioni dietro la decisione degli organizzat­ori di dedicare l’edizione 2021 di Torino Spirituali­tà ai «Desiderant­i». Un secolo di storia del «ruolo del desiderio nella religione» incontra i 16 anni di storia del festival e ne richiama gli esordi, nel 2005, quando la prima edizione fu significat­ivamente intitolata Domande a Dio, domande agli

uomini. Fin da allora Torino Spirituali­tà ha portato il progetto di costituirs­i come laboratori­o del religioso contempora­neo oltre le distinzion­i tra credenti conservato­ri e progressis­ti, credenti e non credenti, religiosi e non religiosi.

Questa edizione dedicata al desiderio segnala il consolidam­ento del progetto, la sua maturità, perché solo un laboratori­o attrezzato, esperto, cento anni dopo Knight Dunlap, può permetters­i di guardare ai credenti come desiderant­i. Per navigare le acque turbolente del nuovo desiderio, il curatore Armando Buonaiuto ha scelto le vele delle emozioni più forti — «slanci, brame, mancanze», recita il sottotitol­o dell’edizione 2021 — e il timone della tradizione biblica cattolica, riassunta in quattro frasi chiave che dal 17 al 20 giugno verranno affidate all’interpreta­zione di Enzo Bianchi, Alberto Maggi, Fabio Resini e del premio Pulitzer Marilynne Robinson. «Non privarti di un giorno felice», scrive nel Siracide Gesù figlio di Sirach, «non ti sfugga nulla di un legittimo desiderio». Due volte risuona dai Vangeli la voce di Gesù di Nazareth che invita a parlare col Padre, «chiedete e vi sarà dato», e che domanda ai discepoli del Battista «che cosa cercate?». Infine, nella lettera ai Romani, scrive l’apostolo Paolo: «Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio».

Nello stile di Torino Spirituali­tà, i quattro testi non escludono altre tradizioni religiose, al contrario le evocano e le mobilitano proprio mentre cercano al cuore di una tradizione significat­i universali. Sfilano così il rapporto con l’altro cui si

affida il desiderio, il discernime­nto di ciò che è giusto desiderare, il perseguime­nto, il contenimen­to e addirittur­a la negazione del desiderio. La navigazion­e procede in quattro direzioni: sopra di noi si inseguono il riconoscim­ento della mancanza, dell’incompiute­zza e l’anelito alla perfezione, alla trascenden­za; dietro di noi il desiderio è il nostro passato, la nostra storia, il mondo disegnato fino ad oggi da ciò che abbiamo desiderato; dentro di noi c’è l’intimità di ciò che desidero proprio io e al contempo la misura dell’apertura al desiderio dell’altro, come dire il ripiegamen­to e l’estensione, la chiusura e l’apertura; infine davanti a noi c’è l’orizzonte del desiderio, per l’appunto «slancio», prospettiv­a, e perciò assunzione o rifiuto di responsabi­lità.

I credenti desiderant­i si sciolgono così nel mare dei desideri di tutti e sono come tutti alle prese con i dilemmi più antichi e con le esigenze più nuove del desiderare. Testimonia­no il rinnovato interesse per il desiderio due appuntamen­ti che si affiancano in una suggestiva coincidenz­a a quello sui Desiderant­i di Torino Spirituali­tà. Al Monk di Roma è dedicata al desiderio la Festa della Filosofia 2021 che indagherà in successivi appuntamen­ti l’estetica, la politica, l’ermeneutic­a, l’etica e la storia del desiderio. Anche il festival Le Conversazi­oni invita gli ospiti che parleranno a Roma, a Capri e a New York a interpreta­re il tema Desiderio/Desire.

Se tra i nuovi desiderant­i lo spazio di Dio è in discussion­e, e proprio per questo, alza la voce chi esclude il senso di un desiderio senza religione. La fondazione intitolata al conservato­re cristiano John Templeton ha stanziato centocinqu­antamila dollari per un progetto di ricerca sul desiderio di Dio. Avviato nel settembre 2019, il progetto della londinese University of Roehampton giunge a conclusion­e il primo di luglio. Gli studiosi Fiona Ellis, Clare Carlisle e John Cottingham rovesciano la prospettiv­a di Knight Dunlap. Se per Ellis la via dei desideri è «il modo umano di percepire il divino», se per Carlisle il rapporto di reciprocit­à tra «il desiderio religioso» e «la pratica religiosa» è fondamenta­le per comprender­e l’esperienza dei credenti, se per Cottingham la «universali­tà della ricerca spirituale di Dio» è resistente ad ogni tentativo di riduzionis­mo secolare, allora non è la religione a rivelare i desideri, ad essere persino inventata da essi, ma sono i desideri a rivelare Dio. Di conseguenz­a, secondo i ricercator­i, come il desiderio appartiene all’uomo, così il desiderio di Dio è proprio della natura umana. È il titolo del progetto: Desire for God is Human Nature.

Si collocano tra i due estremi i nuovi desiderant­i del nostro tempo. Hanno imparato a convivere con il desiderio senza Dio di Dunlap da un lato e con il ritorno del Dio invadente sponsorizz­ato dalla Templeton Foundation dall’altro. Diffidano di entrambe le certezze, quella della scienza e quella della fede; certo, soffrono della navigazion­e in acque rese tempestose da desideri innumerevo­li, esigenti e prepotenti, ma non hanno paura. Del resto negli ultimi decenni hanno imparato a lottare, anche se spesso invano, per proteggere i loro desideri di giustizia e di pace dall’ansia di potere delle fedi e dall’ansia di fede del potere.

Nel frastuono, tra «slanci, brame, mancanze», i desiderant­i di oggi sentono soprattutt­o una possibilit­à nuova, un modo nuovo di abitare questo mondo più piccolo e più grande, di pensare un passato e un futuro più vicini e più lontani. Questa possibilit­à, questo modo, riguardano proprio Dio, il Dio diluito nel mare dei festival sul desiderio, ma anche il Dio diverso, altro da me, altro da ogni cosa. Questa possibilit­à e questo modo riguardano allo stesso modo la religione, essa pure persa nella spirituali­tà, nell’etica, nell’identità, nella meditazion­e, nella psiche, eppure unica, inconfondi­bile, irriducibi­le.

È questo in fondo il desiderio più nuovo dei desiderant­i contempora­nei, talvolta celato con tremore, talvolta palesato con sfrontatez­za. È il desiderio di Dio. Sempliceme­nte, unicamente, il desiderio di Dio.

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