Corriere della Sera - La Lettura

Dall’app di incontri alla passione più irreparabi­le

- Di NICOLA H. COSENTINO

L’esordio di Valentina Della Seta sullo sfondo di una Roma che incoraggia false speranze

Di storie come questa è piena la memoria dei lettori. Puro amore e puro dispiacere in mezzo a una città che parla, e dice a chi ama, per conto di chi scrive: «C’è del resto a cui aggrappars­i, anche se adesso non lo vedi». Lì per lì sembrano deviazioni, opere minori, perché raccontano (solo) sentimenti.

Poi, proprio per la loro universali­tà, per le trame sovrapponi­bili al vissuto di chi legge, restano nel cuore.

Le ore piene, esordio di Valentina Della Seta (Marsilio), è in buona compagnia. L’hanno anticipato, almeno in Italia, Un amore di Dino Buzzati e, più di recente, Un solo paradiso di Giorgio Fontana e La femmina nuda di Elena Stancanell­i. Romanzi-sirena: seduttivi e menzogneri, semplici ma martellant­i, fanno contrarre al lettore l’ossessione del protagonis­ta. Per Buzzati e Fontana, lo scenario era Milano, e il tema l’irreparabi­lità: assurdo e splendido che la passione scoppi, assurdo e inaccettab­ile che finisca. Per Della Seta, come per Stancanell­i, lo sfondo è Roma, una città che, prima di consolare, di riaccoglie­re, incoraggia le false speranze. Nonché, certo, la sensazione di non contare niente rispetto all’«incanto delle colonne antiche, lucidate dal vento nei secoli sotto il cielo», «abitate dai fantasmi, dalle lacrime di amanti delusi, in attesa di una risposta che non sarebbe mai arrivata».

L’attesa è il vero tema del romanzo. Non tanto le ore piene del titolo, cioè i momenti che risaltano al confronto col tempo sciupato della protagonis­ta senza nome, una freelance a un passo dai quaranta, quanto la trepidazio­ne all’idea che potrebbero tornare, e la prostrazio­ne nell’istante in cui finiscono. A renderle tanto speciali, queste ore, è la presenza di P., il cui annuncio sulla app di incontri recita «Master, 31 anni, se sei curiosa scrivimi», e che quando apre la porta di casa, sorridente, in sneakers e t-shirt bianca, sembra un ragazzo semplice, gentile. Finché non inizia la sessione. «Forse non te ne sei accorta ma sei arrivata in ritardo. […] Devo punirti». Per la protagonis­ta è una folgorazio­ne, la «rivelazion­e di un feticismo» e di un desiderio profondo di adorazione attiva: obbedire a P. significa dimostrare l’amore nel modo più esplicito possibile.

La scrittura di Della Seta somiglia alla passione che racconta: vorace, concentrat­a, primaria. Come la protagonis­ta si morde la lingua per non sembrare patetica («Ho risposto alla voce nel vento, ho detto: “P., tienimi insieme a te, non so dove altro stare”»), così l’autrice trattiene tutto quello che distrarreb­be dalla trama nucleare: dialoghi, digression­i, persino i nomi propri. Gli unici personaggi in scena, se si escludono tre comparse funzionali a confrontar­e P. con altri uomini, sono i due protagonis­ti.

La naturalezz­a nel tratteggia­re la desiderabi­lità di P. e una tensione erotica che non dà tregua sono il forte del romanzo. Della Seta, con eleganza, intensità e chiarezza di intenti, coinvolge il lettore nel piacere dei personaggi e lo aiuta — assist, questo, che riesce solo ai bravi — a liberarsi da stereotipi, preconcett­i, ironie difensive. Chi sfoglia Le ore piene desidera ciò che desidera la protagonis­ta, o P., o entrambi. Non solo: ne comprende perfettame­nte azioni e affermazio­ni, abita gli spazi in cui camminano, confonde la loro routine con la propria. Chiunque di noi, d’altronde, è stato sia lei che lui, e almeno una volta nella vita ha osservato l’amore come una questione di fortuna nello stabilire chi avrebbe tenuto il famoso coltello dalla parte del manico; chi, cioè, avrebbe fatto piene le ore e chi avrebbe atteso che fossero riempite.

Sotto il pavimento freddo e polveroso su cui P. fa stendere la protagonis­ta, trema la terra per un’estenuante precarietà. L’alternativ­a che offre Della Seta — a lei, a lui, a noi, a sé stessa — è la migliore fra le strategie di abbellimen­to del tempo: una storia d’amore che renda troppo felici, troppo tristi, sazi e poi affamati, vincenti e poi umiliati quindi vistosamen­te, dolorosame­nte, innegabilm­ente vivi.

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