Corriere della Sera - La Lettura
La famiglia-presepe ti fa crescere (e tutto cambia)
La storia sorridente e ottimista di Paola Soriga in una Cagliari anni Ottanta
Una nascita segnata dal tratto dell’eccezionalità, durante una nevicata a Cagliari («in una città in cui non nevica mai»), avverte fin dalla prima pagina i parenti in attesa, e i lettori, che la piccola appena arrivata, Remigia Porcu, non sarà una bambina come le altre. Ovvero, che la generazione di Remigia sarà quella della svolta epocale, del cambio di passo che travolgerà, senza spargimento di sangue, un mondo provinciale fino ad allora quieto e senza età.
È una storia di formazione sorridente e, per una volta, allegra, il romanzo Maicolgècson (Mondadori) di Paola Soriga, nuova prova di un’autrice che già aveva raccontato il candore dello sguardo dei ragazzini sulla guerra nell’esordio drammatico Dove finisce Roma (Einaudi Stile libero). Il nuovo romanzo conferma la predilezione della scrittrice per l’età dell’innocenza, la giovinezza, che questa volta si estende a tutta un’epoca e a tutta un’area, la provincia sarda all’alba degli anni Ottanta. La piccola Remigia, subito soprannominata dagli zii «Maicolgècson», per la chioma nera e riccia come quella di Michael Jackson, descrive con grazia assoluta l’ambiente di famiglia nel paese a pochi chilometri da Cagliari, la casa con il grande cortile in cui gioca con i cuginetti, e nel quale si succedono, stagione dopo stagione, i pranzi di famiglia e le feste del patrono. Quel mondo è e resta l’elemento di base della storia, come il «muschio del presepe» che i genitori raccolgono nei giorni della Vigilia per decorare la capanna del Bambin Gesù: ognuno fa il presepe a modo suo ma il muschio lo raccolgono tutti.
Fin da subito, su questo sfondo rassicurante, la bambina inizia a far sentire la propria voce, ribelle: in senso stretto, visto che ha una bella voce e i suoi sogni sono popolati dai miti pop di allora (spassose le apparizioni oniriche di Eros Ramazzotti, che incarna una sorta di filosofia dei bordi di periferia cui la bambina si rifà come a un ipse dixit); ma anche in senso lato, visto che ogni scarto dalla normalità va conquistato. Né potrebbe essere diversamente, per una bambina di appena sette anni che vuol frequentare la scuola di canto del paese e poi quella di danza, prima classica e poi moderna: sono piccole conquiste, immense però per Remigia, epocali, e scandite dalle evoluzioni del nome e dei nomignoli (la bambina diventa Maicolgécson, Remi o Mike a mano a mano che si precisa la sua personalità); ma che continuano, beninteso, a incunearsi nella rassicurante vita di famiglia.
In modo sottile, infatti, Paola Soriga fa intravvedere a poco a poco un altro scenario in trasformazione: anche il paese, quasi seguendo il canto di Remigia, va cambiando, anzi nel romanzo è testimoniata una mutazione ben più ampia, che riguarda il villaggio ma anche la famiglia e l’Italia, ed è guidata dalla televisione e dalla sua trasformazione in mass media. Molte scene del romanzo mostrano il passaggio lieve, senza traumi, tra il mondo degli adulti con le sue usanze (spesso descritte in dialetto sardo: ad esempio, «a Pasqua si incingiava», cioè ci si vestiva bene per la festa), e il mondo dei ragazzini che cantano in cortile le canzoni di Laura Pausini. Il mondo sta cambiando e i vecchi in fondo capiscono i giovani: in un luogo in cui si lasciava casa per cercare lavoro in Svizzera, non stupisce troppo l’aspirazione continentale di Remigia, che sarà selezionata per partecipare a Piccoli fan, trasmissione condotta da Sandra Milo, ne uscirà umiliata e senza perdersi d’animo riproverà fino a trionfare nel Bravo bravissimo di Mike Bongiorno.
Tra i punti forti del libro, si devono citare i molti personaggi collaterali, che Soriga fa emergere con poche pennellate dal muschio confortevole del contesto sociale: l’infinita carrellata di zii e cugini con i loro caratteri bizzarri; la cuginetta Eleonora, anni cinque, mini grillo parlante che sbigottisce con i suoi interventi eruditi; l’immancabile compagna di scuola odiosa e l’altrettanto immancabile primo amore bello e farfallone. E su tutti la nonna sapiente che non dice mai di «no», dice «non credo»: riassumendo in un soffio la stessa fermezza delicata ma inamovibile della nipote Remigia.