Corriere della Sera - La Lettura
Pittura anni Ottanta Niente sangue e molta provincia
L’allestimento a cura di Luca Massimo Barbero alle milanesi celebra lo spirito di un periodo «rapace e felice» che seppe mettersi alle spalle il pensiero monocorde del decennio precedente e liberare nuove inaspettate energie
C’è un dipinto del 1978 che fa da simbolico incipit alla mostra. È di Sandro Chia e si intitola Il pittore: ritrae un uomo con pennello e tavolozza, intento a dipingere una grande tela come un soldato affronta la battaglia. Dipinge proiettando con forza il corpo, mentre calpesta, disonorandolo, una specie di mostro medievale verde, sotto i suoi piedi. «Sono come un domatore con le sue bestie e mi sento vicino agli eroi della mia infanzia: Michelangelo Tiziano Tintoretto. Penso che il pittore sia come Teseo. Inseguo una forma sulla tela come si caccia una bestia di cui conosco a malapena l’odore»: nelle parole auliche di Chia si allude al mostro come rappresentazione di un passato da rimuovere? Di un’arte, quella concettuale e minimalista, da combattere? Ed è forse solo la pittura, la sua vitale potenza e la sua sacralità, la casa dove si alimenta la verità? No. Perché la grande tradizione della pittura in quegli anni non aveva bisogno di battaglie. La pittura non era mai morta, anzi.
Lo si capisce attraversando le sale delle Gallerie d’Italia, tra le opere di Painting is Back. Anni Ottanta, la pittura in Italia, curata a Milano da Luca Massimo Barbero, che apre con questa ricca e intensa mostra la sua stagione di curatore associato delle Collezioni di Arte Moderna e Contemporanea di Intesa Sanpaolo. Una mostra dal titolo apparentemente contraddittorio, che parla di pittura italiana, ma in inglese; anche qui si riconosce la sottile ironia del curatore che con pungente provocazione fa una dichiarazione di pragmatismo: la presa d’atto di un fenomeno, quello del ritorno alla pittura, che ha certificato gli anni Ottanta come momento fondante di un nuovo riconoscimento internazionale dell’arte italiana.
Oggi, lo sappiamo, non è più così ma per questa ragione Painting is Back appare come una prima felice occasione per ripensare agli anni Ottanta troppo spesso liquidati dietro sbrigativi slogan: il riflusso, l’edonismo reaganiano (ricordate Quelli della notte?), la crisi della Dc e della falce e martello, l’avvento della televisione trash, l’affermazione del corpo del leader, il prevalere dell’economia sulla politica, soprattutto l’addio dell’impegno. Gli anni della post-politica. E nell’arte? La mostra, che ci piace pensare come prologo per una più completa riflessione sugli Ottanta, cerca di dare qualche risposta a quest’interrogativo. Molte, inevitabilmente, le assenze. Se parliamo oggi a un giovane degli anni Ottanta è come parlargli delle Guerre puniche. E non a caso la mostra è rivolta proprio a chi non conosce quegli anni.
Lo sottolinea anche il presidente emerito di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli: «Nel tempo difficile che ancora stiamo vivendo, la mostra è dedicata proprio a una stagione dell’arte italiana che trasmette un segnale di fiducia nel futuro». E in questa proiezione di fiducia, ha fatto davvero bene Luca Massimo Barbero a costruire non un tradizionale catalogo ma un vero libro in cui lo spirito del tempo emerge a più voci attraverso i contribuiti di Cristina Beltrami (le Biennali e le pitture di quegli anni), di Chiara Mari (il ritorno all’immagine), di Michele Buonuomo (la centralità di Napoli come ponte con gli Stati Uniti), di Luca Scarlini (le tendenze nel teatro e nelle arti), dello Studio Azzurro (i linguaggi multimediali) e, a chiudere, un bel testo di Maria Luisa Frisa dedicato alla moda, fondamentale chiave di lettura per inquadrare quegli anni «effimeri e perpetui». Infine, da segnalare un elemento spesso trascurato: la grafica del volume, essenziale ed elegante, a cura di un grande graphic designer come Leonardo Sonnoli.
La mostra non lascia in alcun modo trasparire la scia di sangue che all’inizio degli anni Ottanta rappresentava la coda degli anni di piombo del decennio precedente: i barbari assassinii di Vittorio Bachelet e Walter Tobagi, Guido Galli e Girolamo Minervini, del generale dei carabinieri Enrico Galvaligi. E non c’è traccia del fatale 2 agosto 1980 con la bomba alla stazione di Bologna, che simboleggia la stagione dello stragismo golpista di cui anche la P2 ha fatto parte. A parte tutto questo, la Weltanschauung degli anni Ottanta potrebbe essere condensata nei titoli di alcuni libri: Il nome della rosa (Eco), Altri libertini (Tondelli), L’insostenibile leggerezza dell’essere (Kundera), Innamoramento e amore (Alberoni), L’impero dell’effimero (Lipovetsky), L’estetica del brutto (Rosenkranz), L’ideologia del traditore (Bonito Oliva).
Insomma: benvenuti negli anni Ottanta. Ma se parliamo di arte, gli anni Ottanta sono innanzitutto Transavanguardia e infatti troviamo i potenti dipinti di Paladi